Cari amici,
il Giorno del Ricordo, istituito per iniziativa dell’on. Menia, ha finalmente sollevato il velo del silenzio dalla tragedia delle Foibe e riconosciuto, senza ambiguità, il torto orribile che fu compiuto ai danni degli istriani, fiumani e dalmati costretti all'Esodo senza alcuna colpa se non quella di essere e di sentirsi italiani.
Questo loro sacrificio assume un significato ed un valore ancora più alto nell’anno in cui si celebra il 150° anniversario dell' unità d’Italia (17 marzo 2011).
Furono 350mila gli Italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia che dovettero abbandonare le loro terre, le loro case, il loro lavoro, i loro amici e i loro affetti per scampare all’inaudita ferocia della persecuzione. E non c’è consolazione possibile per riempire il vuoto che si spalanca nell’anima quando si è costretti ad abbandonare la propria casa e la propria terra.
Come voi sapete bene, molti di questi esuli, dopo essersi rifugiati in Italia, furono poi costretti, in gran numero (si parla di 100.000 persone), all’emigrazione in terre lontane. È per questo che gli esuli istriani, fiumani e dalmati sono stati definiti "due volte emigranti". Va anche sottolineato che per loro è sostanzialmente venuta meno – ai fini della conservazione e dell'alimentazione dell'identità culturale – il legame con la Comunità originaria di riferimento nella propria terra natale.
Ci sono voluti più di 60 anni per vincere “la congiura del silenzio”, ma il Giorno del Ricordo fa giustizia – finalmente – di tanti ritardi, di tante sofferenze, di tante incomprensioni e di tante colpevoli omissioni.
Per troppo tempo, infatti, l’orrendo capitolo delle Foibe è stato taciuto agli italiani ed oggi la lunga rimozione di quella tragedia appare in tutta la sua ingiustizia.
Le numerose iniziative che il 10 di febbraio si svolgeranno in tutta Italia e nei nostri Circoli sparsi per il Mondo hanno, pertanto, proprio la finalità di riaffermare la continuità della memoria, soprattutto per le nuove generazioni, attraverso la conoscenza di quegli eventi, ma anche di esplorare le contraddizioni, le responsabilità, i perchè di quanto è accaduto, di evocare il passato senza l’alibi dei silenzi e l’ipocrisia delle rimozioni.
E non c’è dubbio che gli eccidi del 1943 e del dopoguerra, compiuti contro migliaia di inermi e di innocenti al confine orientale dell’Italia, furono un crimine contro l’umanità.
Ma pur celebrando oggi il “Giorno del ricordo”, vogliamo guardare al futuro e non restare prigionieri del passato.
E il solenne concerto del maestro Muti a Trieste, in Piazza dell'Unità d'Italia, alla presenza dei tre Presidenti di Italia, Slovenia e Croazia, fortemente voluto dal Sindaco di Trieste, Roberto Di Piazza, ha sicuramente rappresentato un significativo passo in avanti in quella direzione.
A tal proposito voglio qui ricordare le parole pronunciate, in occasione dell’incontro con il Presidente sloveno Turk, dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ci è sempre vicino, in particolare nel Giorno del Ricordo, con la cerimonia al Quirinale.
Egli ha affermato che “Il concerto del 13 luglio a Trieste fu un momento storico e politico magico, che abbiamo concordemente e fortemente voluto assieme al presidente sloveno Turk ed al Presidente croato Josipovic. Abbiamo insieme rappresentato il rifiuto dei nostri tre paesi di restare ostaggio degli eventi assai dolorosi e laceranti del passato. Il nostro omaggio a Trieste ai due luoghi simbolo delle tragedie del secolo scorso ha assunto il valore di un rinnovato impegno al rispetto reciproco sul piano della memoria storica e insieme di una catarsi, di un superamento delle più pesanti eredità del Novecento, nel segno di una comune umanità aperta al futuro”.
Il Presidente sloveno Turk, dal canto suo, ha affermato che “L’anno appena finito è stato contrassegnato da alcuni avvenimenti di grande importanza per la relazioni fra i nostri paesi. Mi riferisco in primo luogo all’incontro del 13 luglio a Trieste. Sono convinto che il linguaggio simbolico di quell’incontro, che senza dubbio possiamo definire storico, possa essere tradotto in una quotidianità che parli di collaborazione, convivenza e reciprocità”.
Nell’occasione il Presidente Turk ha riconosciuto, apertamente, il dramma degli esuli giuliano-dalmati per la perdita della terra natale e il dovere delle due nazioni di dare il giusto spazio alla loro vicenda, come alle precedenti sofferenze delle popolazioni slovene e croate di fronte alle violenze e alle discriminazioni del regime fascista, sia tra le due guerre che negli anni 1941-43.
Certo, ci sono dei problemi ancora aperti, a cominciare dal controverso tema delle restituzioni dei beni confiscati dall'ex-regime di Tito, la soluzione va però perseguita senza forzature, senza polemiche, senza strumentalizzazioni politiche, ma con equilibrio e buon senso, come desidera la gente, che è stanca di contrasti e contrapposizioni, sempre più anacronistiche nell'Europa di oggi.
“La speranza è” – come ha dichiarato Renzo Codarin, Presidente della Federazione degli esuli – “che si cerchi di risolvere in modo civile e pacato i problemi che da troppo tempo obbligano le genti di queste terre ad occuparsi del passato e non del futuro, così come tutti vorremmo”.
Confidiamo nella capacità di superare, nello stesso “spirito di Trieste”, il tempo dello scontro e della rivalsa e di creare un nuovo clima di comprensione reciproca che riconosca la realtà plurale delle regioni istriana e isontina, dove si sono incontrate e integrate nei secoli culture diverse, tutte autoctone e degne di uguale tutela.
Ma, come ho avuto occasione di affermare nella cerimonia del 40° di costituzione della nostra Associazione, ciò sarà possibile, a mio avviso, solo se si arriverà finalmente al pieno, reciproco riconoscimento dei crimini commessi dal fascismo e dal comunismo durante ed al termine della seconda guerra mondiale, perché questo è il presupposto indispensabile per una vera riconciliazione.
Dario Locchi, presidente dell’Associazione Giuliani nel Mondo