Mentre grandi passi si vanno compiendo nelle relazioni tra l’Italia, la Slovenia e la Croazia, i cui massimi rappresentanti hanno tenuto un profilo rispettoso nei confronti delle celebrazioni italiane del Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo giuliano-dalmata, nel presentare a Gorizia nei giorni scorsi il libro di Jose Pirjevec sull’argomento sono riemerse le critiche al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, formulate sulla base dell’antica versione di parte della propaganda comunista iugoslava che giustificava i massacri di italiani in Istria e nel Carso.
A Gorizia si ricordano in questi giorni le manifestazioni del 1946 con le quali la popolazione ebbe il coraggio di scendere in piazza per affermare l’appartenenza della città all’Italia e la volontà della stragrande maggioranza dei cittadini di volerne continuare a far parte.
Furono manifestazioni di grande passione civile, come quelle di Trieste e di Pola, cui presero parte tutti i partiti democratici italiani, le associazioni cattoliche, operai e studenti, sotto gli occhi delle truppe anglo-americane che presidiavano le tre città e con le autorità iugoslave che già spadroneggiavano con intimidazioni e prelevamenti di cittadini da parte dell’OZNA, la loro polizia segreta.
Alla passione civile, che rinnovava la tradizione dell’italianità giuliana ai tempi dell’Austria, si univa quindi la sfida alla tracotanza dei titini, che avevano deliberato l’annessione alla Iugoslavia di tutta la Venezia Giulia fino a oltre l’Isonzo, senza aspettare il trattato di pace.
A pochi mesi dagli infoibamenti le tre città che potevano almeno esprimere, quasi liberamente, la loro volontà parlavano anche a nome dei centinaia di migliaia di italiani dell’Istria e di Zara costretti al silenzio e addirittura a partecipare alle manifestazioni coatte anti-italiane, sotto la minaccia delle bastonate e della foiba (“Ti vol andar in foiba?” era la frase più corrente), con i cartelli che insultavano De Gasperi e i ministri degli esteri italiani come “fascisti” e “reazionari”.
Le tesi di Pirjavec riportano pedissequamente a quel clima, con le sue accuse ai partiti democratici italiani identiche a quelle che RADIO PIRIA ripeteva ossessivamente ogni giorno con gli altoparlanti sui camion che percorrevano le vie di Parenzo, di Rovigno, di Pirano, da mane a sere, con la gente rinserrata nelle case a scuri chiusi per il terrore. La gente istriana la chiamava “Radio Piria” (Radio Imbuto) a indicare che la propaganda titina voleva ingozzare le coscienze come si ingozzano i tacchini.
A queste logiche vogliono tornare i neo-titini sloveni? Così poco europei si sentono da alimentare odi nazionalistici che la quasi totalità degli italiani, degli sloveni, dei croati si sono lasciati alle spalle?
Lucio Toth, Presidente Nazionale ANVGD