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29 set – Esiti del Raduno dei Dalmati a Bellaria

« …E allora ci accorgiamo che gli avvenimenti che hanno animato e sconvolto la vita di tre generazioni di dalmati non sono un esito ritardato del Risorgimento (la Redenzione del 1918 e l’impresa dannunziana di Fiume) e neanche un capitolo negletto della II seconda guerra mondiale e della Resistenza, o della Guerra Fredda tra democrazie occidentali e blocco comunista.

Sono un capitolo tra i tanti di un processo iniziato verso la fine del Settecento e non ancora concluso: la scoperta dell’idea di nazione e le conseguenti guerre d’indipendenza dei popoli per raggiungere la dignità di stati sovrani… » – afferma Lucio Toth nel suo intervento.

L’intento è di continuare a scavare nella storia non solo per dare un senso a ciò che è successo nel passato ma anche per caricare di nuovi significati il pesente.

Il messaggio, ancora una volta arriva chiaro e forte dal raduno dei Dalmati, il 55.esimo, che ha avuto luogo a Bellaria nello scorso fine settimana. La sala del Centro congressi gremita di pubblico. Sono arrivati da tutta Italia e dall’estero, qualcuno con figli e nipoti. La platea è eterogenea, tanti i giovani che sono qui non soltanto per seguire passivamnete gli incontri ma anche per partecipare attivamente ed intervenire. Arriva anche il saluto dell’Assessore alla Cultura del Comune ospite, Maria Franciosi.

Ricorda i racconti del nonno pescatore che durante un temporale riparò sull’altra sponda dell’Adriatico trovando la solidarietà della popolazione. « E che lingua parlavano » – chiedeva la nipote allora bambina. « La lingua veneta »  rispondeva il nonno.

Il Raduno, iniziato con l’incontro dedicato all’editoria di sabato mattina, condotto con garbo ed eleganza da Chiara Motka, già preannunciava la ricchezza del confronto. Cinquantanove i titoli pubblicati nel corso dell’anno – ovvero dall’ultimo Raduno – qualcuno edito da circoli e comitati, spesso affidati ad editori importanti che assicurano una più ampia distribuzione. Gli argomenti sono nella maggior parte dei casi di carattere storico, seguono quelli dedicati all’arte, all’architettura, alla memorialistica. Solo alcuni degli autori citati hanno preso la parola per illustrare il proprio lavoro : Monzali-Caccamo, Rizzi, Tomaz, Crema a saldare il pubblico alle poltroncine per l’interesse suscitato dalle loro presentazioni che spalancano la visione di un mondo sospeso tra il fascino della storia e l’incertezza sulla strada da intraprendere per il futuro.

Se ne è parlato poi – con il medesimo coinvolgimento ed attenzione dei partecipanti – nel dibattito svoltosi nel pomeriggio, mediato da Renzo de’Vidovich, intitolato «Il futuo della cultura dalmata sulle due sponde dell’Adriatico» con gli interventi di quattro giornalisti : Silvio Forza, direttore dell’Edit, Sergio Rotondo de « Il giornale », Dario Fertilio del « Corriere della Sera » e Rosanna Turcinovich Giuricin del CDM di Trieste per più di tre ore di confronto.

Si parte dalla percezione che hanno le popolazioni dell’Adriatico orientale sulla storia romana e veneziana, per passare attraverso il rapporto con il concetto d’Europa, con la classe politica italiana ed un dibattito sugli strumenti necessari ad una permanenza pregnante della cultura degli Italiani in Dalmazia. Vivaci gli interventi che hanno offerto una miriade di spunti di riflessione e la prospettiva sia di chi vive questa realtà in prima persona sia di chi assiste quale osservatore attento anche se non coinvolto direttamente. « Abiamo aperto il vaso di Pandora » dirà alla fine de’Vidovich focalizzando magistralmente la sensazione dei più che si sono trovati, forse per la prima volta, a considerare anche le ragioni degli altri in un “mare” complicato. Stemperati i rancori indotti dalla logica politica dei rapporti tra realtà diverse nel dopoguerra, realizzata l’urgenza di lasciare un’eredità altrimenti destinata a sparire con le generazioni protagoniste dell’esodo, è tempo di trovare delle soluzioni comuni in un progetto che coinvolga chi vive altrove nel mondo e chi continua a risiedere nelle città dell’Adriatico orientale. Fare in modo che la cultura italiana della Dalmazia diventi patrimonio comune condiviso attraverso la conoscenza e la presa di coscienza in quello spirito europeo che oggi s’impone ai cittadini del Vecchio continente.

Articolate le argomentazioni, diverse le esperienze ma speculari di chi rinnova ogni giorno l’impegno per il mantenimento di un’identità ricca, spesso « non comune ma eccezionale » fa intendere Ottavio Missoni intervenendo dalla platea. Tutto ciò rimanendo ben ancorati alla realtà, come hanno voluto ribadire Guido Brazzoduro e Renzo Codarin. Il presidente della Federazione ha voluto porre l’accento sui rapporti con il governo spesso comprommessi dalla mancanza di unità all’interno delle associazioni degli esuli che si rivela purtroppo un ostacolo al raggiungimento di accordi concreti, tanto da indurre a pensare che sia pilotata da chi non vuole che i nodi riguardanti i diritti degli esuli vengano finalmente sciolti.

La serata di sabato si è conclusa con la conferenza di Chiara Bertoglio, pianista e musicologa, sul « Va pensiero » nella percezione del mondo degli esuli e dal « Ballo delle ciacole » occasione per stare insieme, ragionare e discutere.

Dopo la messa di domenica officiata da padre Sergio Kattunarich, l’assemblea condotta dal sindaco Franco Luxardo con due momenti fondamentali. La consegna del premio Tommaseo al giornalista di origini dalmate, dell’isola di Brazza, Dario Fertilio e l’atteso intervento di Lucio Toth.

Il Raduno si chiude con un annuncio: il prossimo incontro avrà luogo a Trieste nel settembre del 2009 e sarà “eccezionale” – è la promessa degli organizzatori.

Rosanna Turcinovich Giuricin su www.arcipelagoadriatico.it

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