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30 nov – Univ. Popolare di Trieste: formatori per le scuole istriane

«Il sogno che vorrei trasformare in realtà prima della fine del mio mandato da presidente dell’Università Popolare? In realtà ce ne sono due, e ci sto già lavorando: creare un sistema di ricreatori, proprio come quelli esistenti a Trieste, a disposizione delle comunità e delle scuole italiane in Istria, Quarnero e Dalmazia. E poi collegare, attraverso una rete telematica, tutte le biblioteche e le comunità, per ottimizzare la consultazione dell’enorme patrimonio storico e culturale che abbiamo a disposizione».

Mancano tre anni al termine del suo incarico e Silvio Delbello ha già le idee ben chiare su come mettere a frutto il tempo rimastogli alla guida dell’ente. Delbello, per lungo tempo anche presidente dell’Irci (l’Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata) è stato eletto al vertice dell’Università Popolare nel 2009 e manterrà la carica sino alla fine del 2013.

Presidente Delbello, gran parte dell’attività svolta dall’Università Popolare è rivolta alle comunità italiane residenti in Istria, Quarnero e Dalmazia: a quali progetti state lavorando?

Attualmente stiamo lavorando su tre progetti. Uno di questi consiste nella realizzazione del primo centro di aggregazione giovanile, a Buie, in uno stabile di proprietà dell’Unione italiana. Questo, nei nostri piani, dovrebbe diventare una sorta di punto di riferimento per tutti i giovani delle comunità italiane. E, sempre nello stesso immobile, vorremmo organizzare anche i primi corsi di formazione per i futuri dirigenti delle comunità, che sono sempre più giovani. Entro la fine dell’anno dovrebbe essere pronto il progetto per la ristrutturazione dell’edificio, che potrebbe terminare nel giro di due anni al massimo.

E gli altri due progetti?

Riguardano la costruzione di due nuove sedi della comunità italiana in Istria, nelle località di Valle e Torre. In quest’ultimo caso costruiremo anche un asilo.

Come cambia il rapporto tra le comunità italiane e la popolazione slovena e croata?

Fortunatamente il rapporto rimane molto buono. In Slovenia e Croazia l’appeal dell’Italia è sempre molto forte: il cibo, la moda, la musica, la cultura del nostro Paese continuano a fare presa anche sulle nuove generazioni. Ovviamente la situazione non è del tutto uguale ovunque.

In che senso?

In Istria e Quarnero i rapporti con le istituzioni locali e con la gente è sicuramente più fluido e immediato, rispetto a quanto accade in Dalmazia, dove ancora capita di scontrarsi con qualche resistenza.

Dove, ad esempio?

A Zara è da almeno tre anni che tentiamo di aprire un asilo italiano. Ma fino ad oggi non c’è stato verso. Diciamo che lì le comunicazioni e i rapporti con le istituzioni sono un po’ più complessi. In Dalmazia, in generale, c’è ancora qualche piccolo focolaio nazionalista. Ma si tratta di casi isolati. Nella stragrande maggioranza dei casi gli italiani in Dalmazia vivono benissimo.

Quante sono le comunità e le scuole italiane negli ex territori?

Le comunità sono 52. Le scuole 24, tra asili, elementari, medie e superiori. Vengono costruite con il 50 per cento di finanziamenti italiani e il restante 50 di Slovenia o Croazia.

Ma chi ci insegna?

Sia docenti sloveni e croati che italiani, ma la lingua di insegnamento è sempre l’italiano. Molti insegnanti lavorano anche nelle comunità, per offrire ad esempio corsi di musica e lingue straniere. Anche in questo caso molti sono locali, altri italiani.

(el.col. su Il Piccolo del 30 novembre 2010)

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