La democrazia consente, come giusto, a chiunque di esprimere opinioni e pensieri, anche se perfettamente inutili e insensati: così come la libertà di stampa permette a chiunque di consumare carta che è straccia non per la sua composizione ma per quanto vi viene scritto. È il caso di un curioso foglio settimanale triestino, edito dal 2008 con l’intento di fustigare la politica locale, il cui fondatore assicura, in un’intervista on line, di non ricevere alcun finanziamento e di sostenere la pubblicazione con i suoi «modesti risparmi».
Sospeso, quel settimanale, tra nostalgie austriache, tendenze localistiche e tentazioni filo-jugoslaviste, avendo dunque idee molto chiare, e in un ribollire di invettive settimanali all inclusive lanciate a 360° il cui effetto finale è naturalmente zero, ospita sul numero del 2 ottobre una nota che partendo dal caso Fini arriva a Padre Flaminio Rocchi, per indicare un remoto esempio di cattiva informazione.
Secondo l’estensore di detta nota, nel 1991 il giornalista del “Corriere della Sera”, Gian Antonio Stella, avrebbe appreso dal frate francescano notizie false e artatamente ingigantite circa le deportazioni e gli eccidi operati nel 1945 dai partigiani di Tito nella città di Trieste. Padre Rocchi viene definito «diffusore spudorato delle peggiori invenzioni di propaganda nazionalista», che «lui stesso si vantava di rendere credibili approfittando della veste francescana» (!!!). «Balle colossali e dannose», le definisce l’autore della nota, secondo il quale il frate sarebbe stato anche un «ex incursore». Piuttosto che indignarci di queste righe, che non meriterebbero alcun commento per quanto fantasmagoriche e penose sono, registriamo la nuova versione dei famigerati «40 giorni» di occupazione jugoslava, che furono invece esaltanti e idilliaci, mica come li ha ricordati la cittadinanza e li ha ricostruiti la storiografia, e peccato che siano durati così poco perché altrimenti sì che Trieste ne avrebbe ricavato gran giovamento. Gli eccidi e le deportazioni, ma quando mai? Le presunte vittime venivano affabilmente invitate mica sull’orlo della foiba, ma nei migliori alberghi della riviera istriana, per soggiorni gratuiti e buffet a piacere! E il frate «ex incursore»? Chi ci aveva pensato, prima d’ora? E sì che sotto la tonaca portava gli anfibi, e senz’altro qualche bomba a mano alla cintura!
Speriamo veramente che per pubblicare tali amenità il settimanale si avvalga di risorse proprie, come assicurato. Comunque, e per il buon nome di Gian Antonio Stella, firma di punta del “CorSera”, ricordiamo i suoi molti e sempre apprezzati articoli sulla Venezia Giulia e Zara e la memoria dell’esodo degli italiani da quei territori, che gli sono valsi nel 2009 il Premio Giorno del Ricordo assegnatogli dall’ANVGD. Farsi pubblicità menzionando questo e quello, nella speranza di ricavare per sé un fatuo lume dall’ombra delle persone serie, che miseria.
Patrizia C. Hansen, addetto stampa ANVGD