Alla 65.a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, nell’ambito della retrospettiva «Questi fantasmi: Cinema italiano ritrovato (1946-1975)» curata da Tatti Sanguineti e Sergio Toffetti, sarà proiettata anche la copia restaurata del film «La città dolente» (1949) di Mario Bonnard, scritto insieme a Anton Giulio Majano, Aldo De Benedetti e Federico Fellini, appena restaurato dall’Istituto Luce in collaborazione con la Cineteca Nazionale e La Cineteca del Friuli.
«È un progetto che stiamo portando avanti da alcuni anni con Sergio Grmek Germani, un restauro che sollecitiamo da tempo e che si è potuto finalmente realizzare, anche grazie a questa rassegna e all’iniziativa “100 film da salvare”, partita sempre da Venezia due anni fa», spiega il direttore della Cineteca Livio Jacob.
Quello di Bonnard è un film importante, che affronta il difficile tema dell’esodo degli italiani dall’Istria dopo che il trattato di Parigi ha decretato il passaggio di quella terra alla Jugoslavia. La Cineteca è pure impegnata nella raccolta delle testimonianze sulla realizzazione di questo film e a presentarlo, dopo l’anteprima veneziana, su tutto il territorio interessato al tema. Un compito che rientra nel più generale impegno dell’istituzione gemonese alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio cinematografico regionale.
Mario Bonnard, nato a Roma il 21 giugno 1889 e morto il 22 marzo 1965, è stato un regista italiano. Sin dai tempi del muto è stato attivo in veste di attore, partecipando a numerosi film in ruoli brillanti e languidi e dando vita a un personaggio ricorrente, un tipo di dandy all’italiana che ispirerà a Ettore Petrolini la macchietta del latin-lover Gastone. Nel 1917 ha esordito alla regia con «L’altro io».
Prima dell’avvento del sonoro ha lavorato a lungo in Germania dove ha diretto diverse pellicole interpretate da Luis Trenker. Ritornato in Italia nel 1932, gira numerosi film «leggeri» interpretati dai maggiori divi del tempo: Assia Noris, Elsa Merlini, Amedeo Nazzari, Luisa Ferida, Enrico Viarisio, il più celebre dei quali è «Il feroce Saladino» (1937).
Negli anni della guerra Bonnard gira due opere non prive di fresca grazia: «Avanti c’è posto…» (1942), su soggetto di Aldo Fabrizi e Cesare Zavattini, e «Campo de’ Fiori» (1943) con Fabrizi e Anna Magnani. Vasta è anche la sua produzione cinematografica nel dopoguerra.
fonte Il Piccolo