80 anni fa i titini fucilarono i fratelli Luxardo

Nel novembre 1944 Zara fu la prima città italiana a sperimentare cosa significava venire “liberati” dall’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia del Maresciallo Josip Broz “Tito”. La prima ondata di stragi delle foibe successiva all’armistizio dell’8 settembre 1943 aveva colpito soprattutto l’Istria, ma vittime erano state riscontrate anche nell’entroterra di Trieste e di Gorizia ed in Dalmazia fucilazioni e fosse comuni avevano interessato Spalato e Sebenico.

Il calvario di Zara iniziò poco dopo, allorchè cominciarono i 54 pesantissimi bombardamenti aerei anglo-americani sollecitati da Tito, il quale aveva fornito false informazioni in merito alle forze tedesche e della Repubblica Sociale Italiana lì dislocate, laddove il suo vero obiettivo era colpire il simbolo del radicamento italiano in Dalmazia. L’anno prossimo un francobollo ricorderà questo martirio, che rese Zara la città italiana con la più alta percentuali di morti nei bombardamenti: su 22.000 abitanti circa, 2.000 morirono sotto le macerie, praticamente il 10% degli zaratini. A centinaia sfidarono le insidie dei bombardamenti e raggiunsero in nave la prospicente Ancona oppure risalirono la costa fino a Trieste, dando il via all’Esodo  giuliano-dalmata col conflitto ancora in corso.

Le vittorie dell’esercito partigiano comunista jugoslavo consentirono l’occupazione del capoluogo dalmata nel novembre del 1944: davanti a quel cumulo di macerie il poeta nazionalista croato Vladimir Nazor dichiarò che Zara era morta, sarebbe nata Zadar. Zara devastata dai bombardamenti fu invece definita dallo scrittore dalmata Enzo Bettiza “la Dresda dell’Adriatico”. Le tragedie per la comunità italiana zaratina non erano ancora finite perchè entrò in azione l’OZNA , la polizia segreta titina, la quale, grazie anche a delatori e confidenti locali, ricercò e sequestro i “nemici del popolo” che avrebbero rappresentato l’opposizione all’annessione alla nascente Jugoslavia comunista della città (internazionalmente riconosciuta come appartenente all’Italia in base al Trattato di Rapallo del 1920). Almeno 200 zaratini furono fucilati e sepolti in fosse comuni oppure gettati in mare con una pietra legata al collo: “le nostre foibe sono il mare Adriatico” diceva un altro esule dalmata illustre, lo stilista Ottavio Missoni. Si riteneva che in queste “foibe azzurre” fossero finiti anche i fratelli Nicolò e Pietro Luxardo, appartenenti alla casata fondatrice della nota fabbrica di liquori e rappresentanti di spicco della classe dirigente patriottica cittadina.

Franco Luxardo

Un documento che è stato recentemente consegnato da un ricercatore croato a Franco Luxardo, erede della dinastia che ha proseguito l’attività in esilio nello stabilimento di Torreglia in provincia di Padova e importante rappresentante degli esuli adriatici, ha invece dimostrato che proprio 80 anni fa, il 6 dicembre 1944, l’OZNA decise di fucilare i due fratelli, ma nulla riferisce in merito alla sorte di Bianca Ronzoni, la moglie di Nicolò, nè riguardo la loro sepoltura.

Lorenzo Salimbeni 

 

Ulteriori dettagli su questi nuovi sviluppi nell’articolo di Silvia Bergamin pubblicato sul quotidiano triestino Il Piccolo:
https://www.ilnordest.it/societa/fratelli-nicolo-pietro-luxardo-fucilati-titini-verita-ozna-zara-austt80q 

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