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90 anni fa il ”Natale di sangue” e la fine di un’epoca (Voce del Popolo 08 dic)

FIUME – A novant’anni dal “Natale di sangue”, il Museo di Storia e Marineria del Litorale croato rievoca la dimensione diplomatica, politica e militare di quell’evento che determinò la fine dell’Impresa di Fiume, portata avanti da Gabriele D’Annunzio tra il settembre del 1919 e il dicembre del 1920. E lo fa organizzando l’interessante mostra “D’Annunzio – Natale 1920”, che sarà inaugurata il 21 dicembre, alle ore 19. Per l’occasione abbiamo visitato la mostra ancora in fase preparativa. A farci da cicerone nell’allestimento dell’esposizione, che vanta pure la collaborazione con il “Vittoriale degli Italiani” di Gardone Riviera, è Tea Mayhew, curatrice e storica in seno all’istituzione ma anche autrice della mostra.

Come nasce l’idea per quest’esposizione?

“L’idea dell’allestimento è germogliata dalla voglia di organizzare ogni anno una mostra tematica per presentare una parte della ricca storia fiumana. Sono avvenimenti poco noti e per niente analizzati dalla storiografia croata. Nel 2009 abbiamo allestito ‘L’Anno rivoluzionario 1848 a Fiume’, mentre quest’anno abbiamo deciso di elaborare l’intrigante periodo legato al soggiorno di Gabriele D’Annunzio a Fiume. Tale scelta è dovuta anche al nostro fondo che raccoglie diversi cimeli, documenti e altri oggetti ricollegabili al Vate. Sono materiali che nel precedente regime erano volutamente trascurati. Siamo ancor sempre nel processo di restaurazione dal precedente sistema governativo che promulgava l’occultamento verso tutto ciò che evocava il nazionalismo italiano. In altre parole bisognava dimostrare che Fiume volesse sempre appartenere alla Jugoslavia e alla Croazia. Ciò implicava inevitabilmente un approccio poco oggettivo, storiografico e museologico. Ora finalmente vogliamo presentare, senza alcuna implicazione politica, questa parte della nostra storia comune. Nel solo inizio del progetto la mostra aveva il titolo ‘Natale di sangue’, che è anche il termine storico del periodo. Tuttavia dato che l’allestimento sarà inaugurato nel periodo natalizio, il 21 dicembre – proprio quando iniziarono gli scontri a Fiume tra il Regno d’Italia e la Reggenza Italiana del Carnaro portata avanti da D’Annunzio – abbiamo preferito un nome più blando, ossia ‘D’Annunzio – Natale 1920’”.

Gli antefatti

“I sedici mesi del Poeta soldato a Fiume hanno dei retroscena molto complicati, ma che meritano di essere descritti per capire l’intero quadro storico. Con la conclusione del primo conflitto mondiale, dalle trattative di pace, l’Italia ottenne le terre irredente di Trento e Trieste, ma incontrò una situazione di stallo per quanto riguardava la Dalmazia e Fiume, non promessa all’Italia col patto di Londra. Già nell’ottobre 1918 a Fiume si era costituito un Consiglio nazionale italiano che, in base all’Autodeterminazione dei popoli voluta del presidente statunitense Woodrow Wilson, propugnava l’annessione all’Italia. L’idea di Wilson era di riorganizzare in base al principio della ‘nazionalità’ gli equilibri del continente europeo. Ciò non fu attuato per la città di Fiume, per la quale furono avanzate invece altre proposte, come quella presentata dagli Stati Uniti d’America di diventare uno Stato Libero quale porto utile per tutta l’Europa balcanica. Il Consiglio nazionale italiano di Fiume rifiutò tutte queste possibilità restando dietro alla ferrea pretesa di essere inclusi all’Italia. Occorre qui dire che la città, nonostante la sua componente italiana, non ha fatto mai parte di alcuna realtà territoriale italiana, a differenza dell’Istria e della Dalmazia che per tantissimi secoli erano luoghi della Serenissima. Anche il breve periodo nel corso del XVI secolo sotto la Repubblica Veneta è stato caratterizzato da una forte ostilità per la quale c’è sempre stata una costante rivalità tra Fiume e Venezia. Ciò nonostante i fiumani, grazie all’Autodeterminazione dei popoli, desideravano l’annessione al Regno d’Italia perché si consideravano di tale nazionalità. Le rivendicazioni dell’Italia per Fiume furono additate come ‘imperialiste’ dagli statunitensi e dagli altri alleati. Questa negazione al territorio fu anche il pretesto di D’Annunzio per occuparla militarmente chiedendo l’annessione all’Italia. La cosa provoco inevitabilmente una crisi diplomatica per l’Italia ancora al tavolo degli accordi per la Conferenza di pace di Parigi del 1919.

Successivamente con la firma del Trattato di Rapallo, 12 novembre 1920, fu raggiunto l’accordo con il quale l’Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni stabilirono consensualmente i confini dei due Regni e le rispettive sovranità, nel rispetto reciproco dei principi di nazionalità e di Autodeterminazione dei popoli. Nacque ufficialmente lo stato libero di Fiume. Lo stato doveva avere per territorio un cosiddetto ‘Corpus separatum’, ‘delimitato dai confini della città e del distretto di Fiume’, ed un ulteriore striscia di territorio che ne garantiva la continuità territoriale con il Regno d’Italia. Nonostante la firma del trattato, Gabriele D’Annunzio, che l’8 settembre aveva pubblicato la Carta del Carnaro e si era proclamato governatore, rifiutò categoricamente di lasciare la città. Il governo italiano optò per un ultimatum e impose ad un D’Annunzio sempre più isolato di abbandonare la città con le truppe entro il 24 dicembre; dopodiché, nel caso avesse resistito, si sarebbe mosso l’esercito italiano. Egli sottovalutò gli avvertimenti del governo. In realtà sia lui sia il popolo fiumano erano convinti che l’esercito italiano non avrebbe mai sferrato un attacco fratricida contro di loro. Tale posizione fu mantenuta anche dai suoi uomini, fino alla vigilia di Natale, alle sei di sera, quando il primo colpo di cannone sparato dalla corazzata Andrea Doria sventrò la residenza fiumana del poeta. Ai civili venne intimato di stare in casa in modo che ci fosse il minor numero di vittime. Le perdite furono una cinquantina di soldati tra le file dell’esercito del Regno d’Italia e in quelle dei Legionari. Erano tutti giovanissimi, l’età media era dai 16 ai 25 anni. Lo scrittore Giovanni Comisso, che partecipò all’Impresa, scrisse nel suo romanzo ‘Il porto dell’amore’, ‘ci ammazziamo tra italiani come nel ‘300’. D’Annunzio lasciò rammaricato Fiume il 18 gennaio, scegliendo di ritirarsi nella sua villa di Gardone Riviera, il Vittoriale. Va detto che anche il popolo fiumano, nella sua tradizionale posizione di ‘sette bandiere’, gli voltò le spalle perché non poteva assicurargli la prosperità economica e finanziaria che cercava”.

Un’impresa spettacolare

Come sarà articolata l’esposizione?

“La mostra metterà in evidenza la presenza di D’Annunzio a Fiume. Dato che egli realizzò l’impresa con grande senso teatrale, questa sarà allestita su un palcoscenico che riporterà i fatti emersi dopo la Prima guerra mondiale, la situazione internazionale e il destino di Fiume che viene deciso alla Conferenza di pace a Parigi. Seguirà la presentazione del protagonista, il Vate con le sue caratteristiche e pensiero. Dopodiché sarà la volta della Santa entrata, cui seguirà lo spettacolo con la vita a Fiume nei 16 mesi. Da come era organizzata la quotidianità fino al desiderio del Poeta soldato di creare una ‘Lega dei Popoli oppressi’ alla quale doveva partecipare pure il popolo croato. L’esposizione si concentrerà poi sugli eventi del Natale di Sangue del 1920, sugli scontri in strada con le forze ufficiali dell’esercito italiano, il bombardamento effettuato dalla corazzata ‘Andrea Doria’. L’intenzione è anche di fornire un’immagine che comprenda i movimenti del decadentismo, futurismo e fascismo che hanno preceduto la Seconda guerra mondiale. I visitatori avranno l’opportunità di ammirare una serie di fotografie e materiale documentario proveniente dalla collezione del Museo, così come pellicole dell’epoca e altri vari oggetti di cui D’Annunzio si serviva nei mesi trascorsi all’ex Palazzo del Governo”.

Come accolsero i fiumani l’arrivo di D’Annunzio?

“Con una grandissima festa. Anche se era un imprese segreta, tutti erano a conoscenza del suo arrivo e non vedevano l’ora che entrasse in città. Un particolare affresco della situazione con tutto l’isterismo generale è stato descritto da Viktor Car Emin, nella sua ‘Danuncijada’. Opera di cui ci serviamo nella mostra”.

È vero che a Fiume durante questo periodo si tenne il primo Gay Pride della storia?

“Non ci sono documenti che certifichino parate del genere. Comunque è vero che la pratica del libero amore era molto diffusa. La stessa manifestazione della omosessualità era praticata nelle file dei legionari, politici e collaboratori più vicini a D’Annunzio. Il Vate si riportava a ciò come a uno stile di vita identico a quello nelle Polis dell’antica Grecia”.

Tutt’oggi circola la leggenda urbana che D’Annunzio lasciò la città scortato da 18 camion pieni di mobili pregiati e gioielli. È vero?

“Anche qui non esiste alcun dato che confermi questa leggenda. È vero però che al Vittoriale è presente l’Archivio fiumano composto da tantissimi materiali e altri preziosi oggetti che egli prese a Fiume. Qualsiasi studioso che desideri occuparsi seriamente di questo periodo storico deve consultare iquest’archivio. Ecco perché la nostra istituzione ha chiesto la sua collaborazione per l’allestimento della mostra, cosa che il Vittoriale degli Italiani ha approvato inviandoci dei materiali. Lo stesso presidente della fondazione del Vittoriale, Giordano Bruno Guerri, farà visita alla mostra”.

Gianfranco Miksa

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