LETTERE
«I vinti non dimenticano». È il titolo dell’ultimo libro di Giampaolo Pansa, che secondo l’autore arricchisce la ricostruzione della terribile stagione della guerra civile in Italia, completando con ciò il suo fortunato «Il sangue dei vinti» con altre storie e dimenticati orrori raccolti dall’autore «per sfida» verso tutti coloro che hanno paura della verità.
Riporto quanto scritto dal Piccolo e mi chiedo se è il caso di credere a una verità svelata da un ragazzino di 10 anni che riporta fatti vissuti non da lui ma da un cugino di 12 anni più anziano. Fa il nome dello storico Raoul Pupo, che ha definito un’epurazione preventiva l’eliminazione di potenziali oppositori del regime comunista di Tito. Purtroppo libri di autori italiani e stranieri sulle tragedie dell’ultimo conflitto mondiale vissute in questo territorio di confine sono usciti in quantità, ma nessuno ha saputo descrivere con imparzialità la verità intera confortata da testimonianze e documentazioni autentiche.
A titolo di esempio cito questo fatto: mio fratello dopo aver combattuto a fianco degli alleati dalla Calabria a Bologna, ai primi giorni di maggio 1945 ha ottenuto una licenza con altri 6 commilitoni, due dei quali si sono fermati a casa a Fogliano Redipuglia. In cinque a bordo della camionetta del comando militare hanno accompagnato a Selce di San Pietro del Carso uno di loro dirigendosi poi a Trieste, ma durante il tragitto si son visti fermare non si sa da chi e costretti a ritornare a casa del compagno a Selce da dove quest’ultimo è stato prelevato con tutti i viveri, il denaro e il vestiario e tutti cinque fatti sparire senza lasciare traccia alcuna, tanto che neanche il comando locale dei partigiani di allora era a conoscenza dell’episodio. Nessuno mai è riuscito a sapere qualcosa di preciso su questo fatto, né parenti né autorità. Sono stati scritti fiumi di parole senza mai cercare di approfondire la verità.
Dopo 65 anni sarebbe ora di terminarla con queste incomplete narrazioni. È evidente che qualcosa della storia di queste terre di confine non si è voluto che venisse scritta.
Marino Ursini Bissi