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14 dic – Negri scrittore inventa Cosulich, il commissario profugo istriano

di ALESSANDRO MEZZENA LONA su Il Piccolo del 14 dicembre 2010

Investigatori, nel mare grande della narrativa, ne trovi di tutti i colori. Europei e americani, cinesi e africani. Mancava solo un piedipiatti profugo dall’Istria. Bene, adesso sul palcoscenico del giallo è comparso anche quello. Il commissario Cosulich scorrazza tra Roma, Montalcino e le Langhe piemontesi. L’ha creato Giovanni Negri, a lungo attivo sul fronte politico, giovanissimo segretario del Partito Radicale negli anni Ottanta, fondatore dell’Osservatorio laico.

Da tempo, Giovanni Negri ha messo in naftalina il suo impegno. «La politica ha abbandonato l’Italia, non sono io che l’ho lasciata. Con una battuta posso dire che al terzo polo preferisco il terzo palo. Il resto è no comment». Morto suo padre, si è trovato a fronteggiare un mondo che non conosceva proprio: quello delle vigne, della produzione di vini. Titubante all’inizio, grazie anche all’appoggio e ai consigli dell’amico enologo Roberto Cipresso ha preso piano piano confidenza con Barolo, Chardonnay e Pinot Nero. Che produce nell’azienda Serradenari, di proprietà della sua famiglia da oltre un secolo, in quella splendida balconata nelle Langhe piemontesi dove i filari di viti convivono con una tartufaia di circa sette ettari.

Il commissario Cosulich è nato proprio lì, tra i tartufi e il vino. «Dopo aver scritto, con successo, alcuni libri come ”Il romanzo del vino”, ”Vinosofia” e ”Vineide”, tutti e tre in collaborazione con Roberto Cipresso – racconta Giovanni Negri -, mi mancava il romanzo vero. Anzi, proprio un giallo». Pur inventando di sana pianta una storia, Negri non poteva abbandonare del tutto il mondo del vino. È nato così ”Il sangue di Montalcino”, pubblicato da Einaudi nella collana Stile Libero Big (pagg. 283, euro 18,50).

Questa è solo la prima avventura del commissario Cosulich. «E sì – rivela Negri – sembra che all’Einaudi questa idea sia piaciuta. Quindi il nostro poliziotto di origine istriana non si fermerà alla prima indagine. Ho già iniziato a scrivere il secondo episodio della serie».

Ma perché, si chiederanno i lettori, proprio un investigatore che ha le sue radici in Istria? E da dove arriva l’idea, a un torinese doc che non ha legami di parentela con la gente delle ”vecchie province”, di portare al centro del suo primo romanzo un personaggio arrivato da un mondo per lui così lontano? «Devo essere sincero – spiega – all’inizio ero indeciso tra due tipi diversi. Un commissario l’avevo chiamato Geymonat e provenica dal mondo dei piemontesi valdesi. Poi, però, ho provato a inventare un italiano più di frontiera. Uno con una storia complicata alle spalle. Ed è saltato fuori Cosulich, il figlio dell’Istria».

Il commissario Cosulich, fanatico delle inesistenti scarpe Sklapas (quelle «dalle eleganti cuciture e dall’ntramontabile scritta Budapest, Wien, Trst – Scarpe di Lusso»), si trova a investigare su un delitto. L’enologo pluripremiato Roberto Candido viene trovato stecchito dentro l’abbazia di Montalcino. Qualcuno lo ha strozzato con un laccio, cogliendolo probabilmente alle spalle. Il problema è che Cosulich non solo non sa nulla della vittima, ma ignora tutto di quello che ruota attorno al business del vino. Prima di iniziare l’indagine, insomma, deve cercare di orientarsi. E non è facile, visto che esistono diverse scuole, una in guerra con l’altra: quella francese, quella americana, senza dimenticare i produttori, i winemaker italiani.

Un fatto è certo: Candido dava fastidio a più d’uno. Stava mettendo a punto un suo personalissimo progetto, che lo ossessionava. Quello di riuscire a trovare la Prima Uva, la madre di tutti i vini, forse nell’antica Mesopotamia. «Quando ho pensato a come chiamare il mio commissario, mi sono ricordato di un tale piuttosto conosciuto nel mondo del vino che si chiama proprio Cosulich – racconta Negri -. Ricordavo bene il critico cinematografico, Callisto Cosulich, e anche la famiglia di armatori. Ma non mi sono ispirato a loro».

Cosulich non ha un come di battesimo. «Il suo nome è Commissario – precisa Negri-. Del resto, nessuno si chiede qual è il nome di Maigret. Ecco, devo dire che quando pensavo a un romanzo giallo, avevo ben chiaro in testa un concetto: la mia storia non sarebbe stata piena di morti ammazzati, di descrizioni sconvolgenti, di particolari truculenti. No, a me piacciono le trame alla Georges Simenon, alla Agatha Christie. Insomma, modelli lontani da quelli che vanno di moda oggi».

Come il suo commissario, neanche Giovanni Negri era molto attratto dal mondo del vino prima di occuparsi di Serradenari. «Anzi, pensavo che fosse tutto molto noioso. Allora mi affascinavano soprattutto la politica, il giornalismo. E, ovviamente, sapevo di essere una delusione per mio padre. Fino al 2001 mi ero rifiutato di interessarmi alle vigne, di entrare nel mondo di Serradenari. Adesso ho cambiato idea».

Tutti i personaggi che sfilano sotto gli occhi di Cosulich rimandano a persone vere. Partendo dalla vittima, Roberto Candido, per cui Negri ha preso in prestito alcune caratteristiche del suo amico Roberto Cipresso, proseguendo con Stefano Milioni, Lara Balboni, Fausto Diamanti e via discorrendo. »Tutti reinventati, nel libro, per essere funzionali alla storia». E Cosulich? «È un uomo che viene dalla frontiera. Che si porta dentro la nostalgia per un passato neanche troppo lontano in cui l’Impero austro-ungarico faceva convivere in pace molti popoli d’Europa. Insomma, è un tipico prodotto della Mitteleuropa».

 

 

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