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04 gen – 20mila candeline per ”La Voce del Popolo”

da "La Voce del Popolo", quotidiano italiano di Fiume, del 3 gennaio 2011

Questa che avete appena acquistato è una copia del giornale destinata a diventare storica: è il ventimillesimo numero della “Voce”, che si stampa ininterrottamente a Fiume dal 1944 con una testata ripresa dal quotidiano degli autonomisti fiumani fondato nel 1889, soppresso nel 1914 e ricomparso dopo la prima guerra mondiale.

Se fosse possibile risalire a tutti i numeri pubblicati in 122 anni, allora la serie si farebbe ancora più imponente.

Ma già ventimila numeri sono un’enormità per un quotidiano che – come rileva lo studioso ed ex direttore del “Novi List”, Stanislav Škrbec – “va collocato nel posto che gli spetta e cioè tra le colonne portanti del giornalismo e della stampa croati…” perché allo stesso tempo “è il più vecchio quotidiano ‘vivente’ in Croazia”.

Non è mia intenzione riproporre la storia del giornale, una storia del resto non facile perché comoda e tranquilla non è stata la vicenda di queste terre di cui il quotidiano ha seguito l’evoluzione. Potrebbe essere forse l’occasione per riflettere su alcune scelte operate ieri e su domande, istanze e indicazioni che investano il futuro. È di certo, invece, il momento in cui nessuno di noi può sottrarsi ai sentimenti, ai ricordi commossi di generazioni di colleghi, che con passione, volontà di esistere e rispetto di sé stessi, ci hanno preceduti in questo ruolo, mai sicuro e sempre ingrato, dandoci nelle cicliche incertezze della storia di queste terre, composte lezioni di operosità e di intelligenza. Il pensiero di chi scrive vola immediatamente, senza far torti a nessuno, al grande rigore scientifico e all’onestà intellettuale di Alessandro Damiani che so oggi lontano, per scelta e per motivi di salute, dagli avvenimenti che investono la Comunità nazionale italiana, ma che durante la lunga ed entusiasmante parentesi in cui ha lavorato all’EDIT ebbe a scrivere pagine e pagine sulla presenza e sulla sopravvivenza del nostro gruppo etnico che semplicemente vanno imparate a memoria. Nel momento in cui oggi raggiungiamo “quota ventimila” mi sembra opportuno e doveroso riportare, almeno in una rapida sintesi di estratti, alcune sue pertinenti e opportune considerazioni.

Scrive Alessandro Damiani: “La nostra stampa, ma soprattutto il giornale, fu sottoposta ai condizionamenti del regime monopartitico. Il che agli inizi non spiacque per la convinta e dichiarata uniformità ideologica nel segno del socialismo, risolutore di ogni contrapposizione di classe e di nazionalità. Utopia, o peggio, menzogna? Ci volle del tempo per scoprirlo, ma nell’immediato dopoguerra l’ideale socialista era un sogno vissuto su scala europea, per non dire planetaria. Noi, generazione allora giovane e prossoché ignara dell’involuzione, anzi degenerazione stalinista, fummo comunque tra i primi ad avvertire la discrepanza tra teoria e prassi negli atti e nei comportamenti che ci riguardavano come componente nazionale. Il processo di chiarimento fu lungo, difficile e contraddittorio in una vasta gamma di reazioni: sconcerto, dissenso, acquiescenza, conformismo, rifiuto netto o rinuncia. Ma prevalse una scelta di significato più valido e di unica efficacia operativa: nel disinganno generale sottrarre alla catastrofe la Comunità nazionale, che l’esodo aveva ridotto a esiguo gruppo etnico dopo secoli di preminenza o, per usare il termine appropriato, egemonia. Le probabilità di riuscita erano scarse, scandite dalle rilevazioni dei censimenti che fotografavano il progressivo declino della nostra presenza. Tuttavia nessuna istituzione venne meno al proprio impegno, e mi sarebbe difficile stabilire una gerarchia di valori partecipativi. Tutti, tranne le immancabili pecore nere, si prodigarono al meglio delle rispettive risorse. E i mezzi d’informazione, i più esposti e i più controllati, furono per istinto di conservazione e buon apprendistato alla scuola di Machiavelli i battistrada in un percorso accidentato ma nobilitante…”.

“… Perciò ora io non sto invocando giustificazioni, ma rivendico la validità di un impegno storico perseguito in condizioni proibitive e concluso positivamente…”.

Queste del Damiani sono pillole di verità disarmanti che possono fare anche male, ma che aiutano, almeno in parte, a comprendere le complesse fasi di quel percorso storico-politico in cui il giornale, con tutte le sue contraddizioni e gli abbagli è riuscito a ritagliarsi spazi di libertà soprattutto nel settore del patrimonio di lingua e di cultura. Il giornale, espressione dell’unica Comunità autoctona italiana fuori dall’Italia, ha voluto e saputo essere al centro di questa superba rinascita. Allo stesso tempo, conclusasi nel peggiore dei modi la vicenda del socialismo reale, Damiani mette in guardia la CNI anche dal latente pericolo del ripetersi di vicende di deplorevole memoria che, da una parte, regolarmente ci indeboliscono e, dall’altra, accrescono l’arroganza persistente degli italofobi e degli amici ambigui.

Giunti oggi a questo importante traguardo, visti il perdurante clima festivo e la pura coincidenza dell’uscita dalle stampe del ventimillesimo numero della “Voce” con il primo giorno lavorativo del 2011, la Redazione sente la necessità e il dovere morale di ringraziare tutti i nostri straordinari lettori, sempre vicini al giornale, nel bene e nel male, con amicizia e calore umano; una vicinanza e un orgoglioso attaccamento che ci ha permesso di operare e di esistere fino ai giorni nostri. Dicevo, siamo ancora in clima festivo e perciò concludo senza partecipazioni affettive né passionalità, ma con un augurio. Viva tutti noi e arrivederci al trentamillesimo numero della “Voce”.

Errol Superina

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