Dalla rubrica LETTERE su Il Piccolo dell'8 gennaio 2011
Nell’intervista del Piccolo (29/12), riguardo al sindaco di Piran (alias Pirano d’Istria), lei carissimo prof. Pahor afferma che l’Italia sta di nuovo italianizzando l’Istria, o almeno tenta di farlo. Spero che lei sia da Dio ascoltato come un saggio e antico profeta biblico. Così in quella terra martoriata ritornerà ciò che per millenni è stata la vera e civile identità culturale latina e veneta e italiana. Illustre professore, sempre disponibile e dolce nei confronti di coloro che tanti anni fa furono cacciati dalla terra natia, non ha ancora compreso che in Istria e Dalmazia la presenza italiana è stata, è, e sempre sarà. E sa perché? Perché le «pietre» parleranno sempre a meno che un sisma o un’eruzione, tipo quella che distrusse Pompei, non cancelli ogni cosa. Quella pietra bianca con cui sono state costruite le nostre avite e usurpate case, i leoni marciani, le logge, i torrioni veneti, le mura possenti di Albona e Montana, l’arena di Pola, e l’elenco potrebbe continuare. Non parliamo delle opere pittoriche conservate nelle chiese da Victor Carpaccio, Alvise Vivarini, Giovanni Bellini, Andrea Brustolon, chi più ne ha, più ne metta.
Non trova, gentile professore, che questi cognomi non assomiglino proprio a quelli degli abitanti della «sua» Slovenia, visto che lei non ama la mia patria, terra di Dante, Leonardo, Michelangelo, Verdi, Puccini, Marconi, Fermi, ecc. ecc. Mi creda, a una certa età, come la sua, e anch’io gli sto correndo dietro, bisogna diventare un po’ più buoni e comprensivi, ricordando un proverbio che la mia mamma mi ripeteva quand’ero bambina: «prima de parlar tasi».
Gigliola Salvagno Vecchione