La Storia è un buco nero. Che inghiotte tutto e lo risputa in forma di storie. In forma di romanzi. Tanto che, a volte, basta prendere un personaggio e proiettarlo in un periodo particolarmente ingarbugliato del nostro passato, per ottenere un impasto narrativo efficace.
Se il romanzo, poi, prende a prestito quel secolo tragico che è stato il Novecento per ricamarci sopra un intreccio, allora la miscela si fa ancora più esplosiva. Basta immergersi nella lettura di «Libera. Una storia istriana», prima prova narrativa della trentaquattrenne Gabriella Chmet, che è nata a Capodistria ma vive a Trieste, per rendersene conto. Il libro è pubblicato da Mgs Press.
Libera è una donna. Ma è anche il vero essere di una terra sfortunata, l’Istria, che nel corso della sua storia, e soprattutto nel passato più recente, ha dovuto subire invasioni, soprusi, violenze. Senza mai piegare la testa. E Gabriella Chmet, raccontando la vita della bellissima, ribelle giovane che dà il titolo al romanzo, ripercorre le vicende della sua terra. Da quando finì in frantumi l’impero austro-ungarico all’arrivo di una seconda guerra mondiale, che si portò dietro uno strascico infinito di atrocità.
Non è fatta per rispettare le regole, Libera Punis. Fin da quando è ragazzina, ancora un fiore acerbo, si diverte a sfidare gli adulti. E quando poi, crescendo, si trasforma in una splendida fanciulla, capace di attirare l’attenzione anche degli uomini apparentemente più distratti, più indifferenti, le cose si complicano. Perchè. si sa, pochi sono disposti ad accettare, a perdonare una donna che sfida le convenzioni. Che non vuole chinare il capo. Che non accetta di essere, sempre e comunque, solo un bersaglio di maldicenze.
E poi, Libera ha la sfortuna di ammalarsi di tubercolosi. E, anche in questo caso, invece di farsi sposare dal fidanzato che la adora, magari nascondendo il suo problema, preferisce dire la verità. Lasciandolo libero. Per lei, il destino ha destinato ben altri soprassalti del cuore, ben altri richiami della passione. Quando in paese arriva don Ferdinand Schenk, la giovane Punis prova subito uno strano turbamento. Sarà prprio il prete a insegnarle le vie dell’amore. A cogliere la sua verginità.
Lo scandalo le piomba addosso come un uragano. E solo allora Libera riesce a capire quanto le donne l’abbiano sempre detestata per la sua sicurezza, quanto gli uomini l’abbiano desiderata e temuta per la sua indifferenza. L’amore per don Ferdinand, unito al peggiorare della tubercolosi, diventano per la splendida ragazza una doppia condanna. Proprio mentre sulla sua Istria passano, con forza devastante, prima il fascismo e poi la «cura» dei partigiani guidati da Tito. Una cura che prevede violenze, processi sommari, infoibamenti. E che sfocerà nell’immenso esodo degli italiani.
«Ho sempre avuto la sensazione – scrive Gabriella Chmet – che il destino dell’Istria e della sua gente abbia seguito questo principio: sottomessi a molti conquistatori, ma incapaci di condividerne fino in fondo alcuna linea di pensiero. In Istria molti imperi e regni si sono succeduti, molte nazioni hanno imposto la propria autorità, ma mutare il carattere di un popolo con diverse anime, legato alla terra da forze primitive come quello istriano, risultò impresa impossibile a tutti. Era più semplice definirci ”ottusi”, che insistere».
Laura Strano