Foibe ed esodo. La tragedia degli italiani in Istria, a Fiume e a Zara durante e alla fine della Seconda guerra mondiale. Cosa si insegna nelle scuole superiori bresciane? «La vicenda – leggiamo in 'Storia dal 1900 ad oggi' a cura di A. Giardina, G. Sabbatucci e V. Vidotto – va inquadrata soprattutto all'interno del disegno di riunificazione nazionale, e insieme di rivoluzione socialista, perseguito da Tito. L'epurazione avrebbe avuto, dunque, un carattere politico più che etnico, mirando a eliminare, fra gli italiani, ma non solo fra essi, gli elementi ostili alla nuova Jugoslavia comunista».
La riflessione è a sua volta tratta dal volume del 2003 «La violenza sul confine orientale: le Foibe», degli storici Raoul Pupo e Roberto Spazzali. Due fra i massimi studiosi di questa materia.
Il testo è adottato, fra gli altri, dal liceo classico «Arnaldo» e dall'istituto di istruzione superiore «Gambara». In una efficace sintesi di quattro fitte pagine, affronta i nodi di fondo: cosa si intende per «foibe» (simbolicamente «tutti» i luoghi in cui i titini eliminarono, con brutale e non casuale approssimazione, «fascisti» e «nemici del popolo») e «infoibati»; le due fasi delle violenze, dopo l'8 settembre '43 e nella primavera-estate del 1945; chi ne fu protagonista e chi vittima; le motivazioni ideologiche, politiche e territoriali; le origini del conflitto italo-slavo, acuitosi dopo la Grande Guerra. La strutturazione è convincente e le basi scientifiche solide.
Altro testo: «I fili della memoria. Uomini e donne dal 1900 ad oggi» di Anna Bravo, Anna Foa e Lucetta Scaraffia, in adozione al Gambara. Si illustra il Trattato di pace del 10 febbraio 1947, e in particolare le sorti del confine orientale. Una «tragedia nazionale», è scritto, in zone dove «il fascismo aveva schiacciato per vent'anni le minoranze slovene e croate e dove era vicino il ricordo dei crimini del nostro esercito nella Jugoslavia occupata». Ne seguì, fra settembre e ottobre, una «prima ondata di persecuzioni contro gli italiani» ad opera dei partigiani di Tito, «riesplosa con l'occupazione del maggio 1945». «Dalle 5.000 alle 10.000 persone» vennero uccise (anche «antifascisti o non schierati in alcun partito»). Conclude l'analisi una sommaria, ma limpida, ricostruzione dell'odissea vissuta dai profughi, compreso il boicottaggio dei ferrovieri comunisti alla stazione di Bologna nel febbraio '47.
Un altro bel libro, «I giorni e le idee», adottato dal liceo scientifico «Calini», arricchisce la ricostruzione storica relativa a foibe ed esodo con il racconto dell' invasione della Jugoslavia voluta da Hitler e Mussolini, della feroce collaborazione dei fascisti «ustascia» croati, e dei loro massacri di serbi, ebrei e zingari. Un focus riguarda le rappresaglie anti-partigiane e le deportazioni di civili sloveni e croati ad opera dell'esercito italiano. Ma non mancano schede dettagliate sulle foibe di Vines e Basovizza, dove i titini eliminarono molti italiani, e sul calvario degli esuli.
Qui ci fermiamo, perché non basterebbero quattro pagine di giornale per mettere a confronto i manuali scolastici, ed evidenziarne pregi e difetti.
Un dato però pare acquisito: la lunga «stagione del silenzio», dell'«oblìo della memoria», è finalmente terminata, e va archiviata come figlia della sua epoca. Epoca di contrapposizione del mondo in due blocchi, con la Jugoslavia comunista (ma autonoma da Mosca) in funzione di «utile» cuscinetto per l'Occidente. Epoca di contrasti ideologici. Di muri fisici. Sostituiti nel tempo da quelli «mentali».
Ed è qui che va ricordato il lavoro di tanti insegnanti seri e preparati, che basano il loro lavoro su criteri rigorosamente storiografici, mettendo a confronto fonti e documenti. La ricerca, e ciò conforta, non fa sconti a nessuno.
Valerio Di Donato
(courtesy MLH)