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Albona: il profumo di storia che investe i sensi (Voce del Popolo 26 feb)

di Roberto Palisca 

Si percepisce già sostando nell'ampio piazzale in cui si trova l'antica Loggia

cinquecentesca, il cui muricciolo e inciso di misteriosi tavolieri
Albona, un borgo in cui il profumo di storia investe i sensi

Profuma di storia, la bella Albona. Ed è un profumo forte e intenso, che investe i sensi ancor prima di aver attraversato l'antica porta Florio o Sanfior, dal 1587 accesso principale alla città, che in una magnifica cornice rinascimentale, sovrastata dallo stemma di Albona e da uno splendido esemplare di Leone marciano, invita a entrare nel suggestivo centro storico, fatto di calli e piazze lastricate e di splendidi palazzi barocchi. Si percepisce già sostando nell'ampio piazzale in cui si trova l'antica Loggia cinquecentesca, il cui muricciolo e inciso di tavolieri, alcuni ancora oggi in buone condizioni, altri consunti dal passare dei secoli.

Forse la più nota e verosimilmente antica descrizione di questa figura geometrica, formata normalmente da tre quadrati concentrici raccordati da quattro segmenti perpendicolari, è fornita da Platone, in riferimento alla forma che aveva la mitica Atlantide, attorno al centro della quale si trovavano cinque cinte, tre di acqua e due di terra che si intercalavano le une alle altre, collegate da bracci di mare che univano il centro alla periferia e viceversa. Nel caso di Albona costituivano forse un gioco di pedine popolare, conosciuto anche con il nome di filetto, dall’origine cronologica e geografica ancora ignota. Misteri medievali.

Il profumo si fa ancora più intenso, quando, sollevato lo sguardo,sulle mura dell'antico loggione, si nota il lapidario, con gli stemmi più rappresentativi delle numerose famiglie gentilizie che un tempo popolavano la città. I Francovich, i Battiala e i Lazzarini, i Manzini, gli Scampicchio. Stirpi alle quali si devono i più sontuosi e bei palazzi del l'antico nucleo urbano. Sul vecchio bastione che si trova accanto all'ingresso, un cannone di bronzo dei tempi austriaci testimonia le guerre di un passato ormai lontano.

Situata su un colle alto 320 metri, ad appena quattro chilometri di distanza dal mare, già nel Medioevo Albona dovette sostenere l’urto delle invasioni. Per tutto il 1500 e fino al 1617 la costa orientale dell’Istria era soggetta a scorrerie da parte dei pirati che infestano l'Alto Adriatico e che con le loro navi, assalivano e depredavano le località della costa. Uno di quegli attacchi avvenne la notte tra il 19 e il 20 gennaio del 1599, a San Sebastiano, ad opera degli Uscocchi. Nella spedizione erano impegnate sessanta navi e circa 800 uomini. Approdati a Portolongo, favoriti dall'oscurità, salirono dal mare verso il colle e attaccarono Albona. Era già sera quando le vedette della cittadina videro salire dalla parte del mare delle fiaccole e diedero l'allarme. La città era cinta da mura provviste di cinque torrioni e chiusa da solide porte ma non aveva molti soldati. Ad affrontare il nemico furono trecento uomini guidati dal nobile Giambattista Negri, dal parroco Don Priamo Luciani e dal capodistriano De Rino, comandante della milizia municipale.

Dopo diversi assalti gli Uscocchi riuscirono ad abbattere la prima porta che portava al recinto fuori le mura, e a depredare le chiese e le case del borgo esterno, abbandonate dagli abitanti terrorizzati. All'interno della città a quel punto, gli albonesi pensarono di fare un gran baccano, per simulare la presenza di molta gente che si preparava ad uscire e a manovrare attrezzi da guerra. Gli albonesi si fecero audaci: da una porta uscirono le milizie, dall'altra i cittadini bene armati. E quando gli Uscocchi si accorsero di trovarsi tra due fuochi si diedero a una precipitosa fuga. La città fu salva. Per lo scampato pericolo, da allora gli albonesi scelsero San Sebastiano quale loro protettore, facendo voto di celebrare per sempre una Santa Messa di ringraziamento e di suffragio per i loro morti. Una tradizione che è ancora viva.

Entrati in città da Porta Sanfior, si arriva al Palazzo detto del Capitano, una sontuosa costruzione del 1555 che un tempo oltre ad essere residenza del governo aveva anche funzione di prigione. Di fronte, sul posto in cui in passato c'era l'antico deposito di cereali, oggi si trova il teatro che è attigio alla sede della locale Comunità degli Italiani. Da questa piazza imboccando i diversi vicoli che sono tutti un saliscendi, si arriva ai più bei palazzi urbani patrizi, fra cui alcuni hanno ancora una funzione pubblica. Il piu sontuoso sono senza ombra di dubbio Palazzo Scampicchio, una costruzione in stile gotico rinascimentale del XV secolo e i palazzi barocchi delle famiglie Franković-Vlačić, Manzini e Negri. Poco più in là il palazzo della famiglia Battiala-Lazzarini, oggi sede del Museo civico, costruito nel XVIII secolo sovrasta il piazzale sul quale si affacciano pure la chiesetta di Santo Stefano con i suoi bellissimi affreschi del XIII e XIV secolo, e la parrocchiale a tre navate della Natività della Beata Vergine, con le reliquie di San Giusto (la Via Crucis è ancora in Italiano), costruita nel 1336 sulle fondamenta di una chiesetta dell''XI secolo.

 Sulla facciata con rosone del 1336, forse nel 1604 è stato posto un leone di San Marco con scolpita in bocca una pallina, simbolo del riconoscimento del potere di Venezia ad Albona. Alla fine del XVI secolo, in periodo barocco, sulla facciata di questa chiesa venne murato pure uno tra i più begli esempi di scultura profana del Seicento in Istria: il busto del senatore Antonio Bollani, che si distinse nelle battaglie contro i Turchi. Un ponticello che attraversa la stretta calle sulla destra della parrocchiale, collega all'altezza del primo piano la chiesa a Palazzo Scampicchio.

Salendo l'ampia calle principale con un po' di fiatone si raggiunge il colle del Belvedere, nei pressi del quale s'erge il campanile di Albona, alto 33 metri, eretto sulle rovine dell'antichissima chiesa di San Giusto (era del VI secolo), distrutta nel 611 e della quale oggi resta intatto soltanto un unico muro. Il campanile di Albona è stato ricostruito nel 1623 dopo esser stato colpito da un fulmine. Da qui si si gode uno splenido panorama sul mare e sui boschi circostanti

Nella seconda metà del XIX secolo Albona divenne centro industriale di rilevante importanza grazie allo sfruttamento del le miniere di carbone. L'agricoltura andò decadendo per la facile occupazione che i contadini trovavano nei giacimenti ma preferendo altre prospettive di vita molti albonesi preferirono emigrare. Molti altri lasciarono Albona nel periodo dell'esodo. Oggi si calcola che soltanto a New York vivano più albonesi di quanti ne siano rimasti nel paese d'origine.

Le miniere di carbone

In tutto l’ Albonese, la fine del XX secolo e stata contraddistinta dall’estinzione di un processo produttivo in passato estremamente significativo per l’Istria. La chiusura delle miniere di carbone che in questa zona della penisola venivano sfruttate gia nel XVII e soprattutto nel XVIII e XIX secolo. Tempi in cui il cosiddetto “oro nero” rappresentava una fonte d’energia straordinaria, che spronava lo sviluppo dell’industria e del traffico. Tempi in cui 40 minatori o poco piu, con attrezzature e tecnologie di quell’epoca, erano in grado di estrarre ogni anno fino a 500 tonnellate di carbone. In seguito, dopo alti e bassi, momenti di gloria e momenti di crisi e di profonda recessione, sotto l’amministrazione austriaca ma soprattutto sotto quella italiana, si registro un vertiginoso aumento della produttivita fino a che, negli anni ‘40 del XX secolo, le miniere albonesi arrivarono a dare impiego a oltre diecimila minatori, per raggiungere e addirittura superare il milione di tonnellate di carbone annue che venivano estratte. Oggi nelle miniere dismesse le associazioni giovanili locali propongono la creazione di una citta sotterranea. Sarebbe un’originale attrattiva e un modo per sfruttare l’architettura industriale a scopi turistici.

Il Museo di palazzo  Battiala-Lazzarini

Nel cuore della cittavecchia di Albona, nel bel palazzo barocco Battiala-Lazzarini, dall’inizio del XVIII secolo ha sede il Museo civico. Oltre a delle interessanti collezioni, una archeologica e l’altra etnografica, in questo Museo si puo visitare una mostra sulla ricca e lunga storia delle attivita minerarie dell’Albonese e attira molto interesse tra i visitatori, soprattutto piu piccoli, la ricostruzione di una miniera di carbone fedelissima alle tantissime gallerie minerarie che attraversano ancora oggi il sottosuolo di tutto il circondario  (Arsia, Lamparna, Ripenda).

Albonesi illustri

Giuseppina Martinuzzi

Insegnante e letterata, insegnante per vocazione, poetessa e scrittrice, autrice di testi pedagogici ma soprattutto fervente socialista e patriota italiana ai tempi dell’Austro-Ungheria, Giuseppina Martinuzzinacque ad Albona il 14 febbraio del 1844, da una famiglia originaria di Tricesimo, in provincia di Udine. Anche se le sue molteplici attivita la costrinsero a vivere lontana da Albona, segui sempre con amore le vicende della sua piccola patria, ricordandola spesso nei suoi scritti. Siamo alla fine del 1800, periodo in cui si registra l’immigrazione nel  campo socialista italiano di elementi d’estrazione borghese, di uomini di cultura piu disparati, inclusi poeti e scrittori come Giovanni Pascoli ed Ada Negri.    Giuseppina Martinuzzi é amica di Tomaso Luciani, Filippo Zamboni e Attilio Hortis.

La sua opera di maggiore carattere sociale la scrive nel 1907 e la intitola “Ingiustizia”. E' una raccolta di odi, elegie e sonetti dai quali emerge con foga e passione la fede dell’autrice nella causa del movimento operaio rivoluzionario. Per le sue idee viene censurata e ripetutamente ammonita dal regime austriaco. Ormai quasi ottantenne, ammalata e perseguitata, si ritiro nella sua Albona fra i suoi amati libri, dove visse fino al 25 novembre del 1925, confortata dall’affetto dei suoi cari e sostenuta da pochi amici. Sepolta al cimitero albonese in una tomba sormontata da un tronco di colonna in pietra istriana con una fiamma agitata dal vento, oggi  viene commemorata ogni anno dalla locale Comunita degli Italiani che porta con orgoglio il suo nome.

Mattia Flacio Illirico

Ad  Albona nacque anche il famoso teologo luterano dissidente Mattia Flacio Illirico Il suo nome croato era Vlačić, latinizzato in Flacius e l’appellativo Illyricus fu aggiunto piu tardi, per riferirsi alla sua terra natia. Suo padre era Andrea Vlacich (o Francovich), mentre sua madre Jacobea Luciani, era figlia di una ricca e potente famiglia di Albona. Rimase orfano ma grazie a suo zio, Baldo Lupetino, provinciale dei francescani e grande simpatizzante della Riforma luterana che lo dissuase dal diventare monaco e lo convinse a frequentare l’Universita, poté frequentare la scuola di San Marco a Venezia, dove tra il 1536 e il 1539 incontro' in Battista Egnatius, amico di Erasmo da Rotterdam, il suo maestro. Mattia  studio' in seguito a Basilea, poi a Baden-Wurttemberg, e a Tubinga (Tubingen) famosa citta'  universitaria e infine a Wittenberg,  localita il cui Ateneo gioco' un ruolo di primo piano nella nascita, nella definizione e nella diffusione della Riforma di Martin Lutero.

A Wittemberg egli ebbe una profonda crisi spirituale che risulto' nella sua conversione alla fede  evangelica, attraverso i suoi contatti con Martin Lutero. Si trasferi successivamente da Jena a Regensburg, ad Anversa e a Francoforte. Cacciato da questa citta' nel 1567, per la sua polemica sull’Interim, riparo'  a Strasburgo ma nel 1573 anche qui venne accusato di eresia ed espulso. Riparo' a Francoforte dove trovo' asilo da Katarina von Meerfelded e qui morí  l’11 marzo del 1575, all’eta di  55 anni.

Profumo di ciclamini

Immerso nella fi tta vegetazione mediterranea di un’area sotto tutela, rappresenta un’autentica perla delle bellezze naturali del circondario e merita di essere attraversato, anche perche é relativamente breve. Il percorso, indicato da un’apposita e ben evidenziata segnaletica, inizia dal centro storico (l’accesso al sentiero si trova immediatamente dietro la sede dell’Ufficio turistico locale, sul cui muro laterale e' riprodotto il percorso da seguire.

Cio che dona un fascino particolare al sentiero e' il costante intreccio con un suggestivo ruscello che scorre dalla piana albonese fino alla costa, creando lungo il percorso delle cascatelle e dei laghetti che si possono ammirare sostando su dei ponticelli di legno. I punti caratteristici e da ammirare sono una quindicina. Il tracciato e' particolarmente bello in primavera e all’inizio dell’autunno, quando i boschi che circondano il sentiero sono tempestati di ciclamini che impregnano l’aria del loro piacevole ed intenso profumo.

(courtesy MLH)

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