di Mario Giordano
Che cosa sono i gulag? Un «errore di valutazione». E le foibe? Mai esistite. Chi era Lenin? Un sincero democratico. Le Br? Fascisti inconsapevoli. E comunque bisogna capirli: volevano la giustizia sociale. Mica come Berlusconi che è «un delinquente che porta l’Italia nel caos». Einaudi e De Gasperi? Due traditori della Repubblica. Le forze della sinistra? La sola garanzia del rispetto della Costituzione. E Stalin «appariva rassicurante nella sua immensa autorità, un’autorità dura ma giusta». Sicuro: dura ma giusta. Scusate ci siamo sbagliati: non erano purghe. Al massimo una dolce euchessina.
Basta sfogliare i manuali su cui studiano abitualmente i nostri ragazzi per capire come la scuola a volte rischi di diventareun vero e proprio corso di indottrinamento. Su un testo di psicologia in uso nei licei, per esempio, sta scritto esplicitamente che drogarsi fa bene: la marijuana «dà un senso di benessere » e «non ha controindicazioni ». Ma più che il fumo degli spinelli è quello dell’ideologia ad avere invaso le cattedre: in una scuola media di Torino, per esempio,c’era un professore che fino a qualche tempo fa, all’inizio delle lezioni, al posto dell’appello faceva proclamare ai suoi studenti: «Avanti popolo ». Poi, invece delle poesie di Leopardi, faceva scrivere alla lavagna e imparare a memoria «Bella ciao». Perfetto, no? Se mettiamo l’Internazionale al posto di Manzoni e sostituiamo Foscolo con «Fischia il vento infuria la bufera » il programma è completo. Chi studia bene può andare in gita scolastica. A Cuba, naturalmente.
Del resto che conquistare l’egemonia nella scuola sia stato sempre un obiettivo della sinistra italiana, da Gramsci in giù, non è una novità. E come ciò sia avvenuto è evidente: attraverso i sindacati, che hanno avuto il compito di organizzare militarmente gli insegnanti. E che hanno imposto loro un sinistro baratto: bassi stipendi e progressivo impoverimento economico e professionale in cambio di aumento smisurato dei posti, scarsi carichi di lavoro e nessun controllo né valutazione. Risultato? Oggi gli insegnanti italiani sono i più numerosi del mondo, in rapporto agli alunni, ma i meno pagati. E la scuola? È andata a pezzi. Per rendersene conto, se non si crede alle statistiche Ocse, basta andare davanti a qualsiasi istituto superiore. Si scopriranno frotte di ragazzi convinti che la genetica è la scienza che studia gli organi genitali, il franchismo è il periodo in cui regnò il dittatore Pippo Franco, Philadelphia è la capitale del formaggio Kraft e la rivolta dei Boxer ha a che fare con qualche sommovimento delle mutande. L’unica via per uscire da questo tunnel d’ignoranza in cui ci siamo cacciati è quella che sta percorrendo, egregiamente, il ministro Gelmini: riformare la scuola e l’università cercando di incidere sulle incrostazioni polverose del sessantottismo per riportare un po’ di disciplina e di meritocrazia, pagando di più gli insegnanti che meritano e rompendo l’egualitarismo di stampo maoista che sembrava un totem in sala professori. Ora: che il cambiamento dia fastidio lo si può anche capire. Ma cercare di bloccarlo tornando a scatenare furiosamente la polemica scuola pubblicascuola privata, prendendo a pretesto una frase del premier, come fa la sinistra a corto di argomenti, è una solenne bestialità, degna per l’appunto degli stupidari scolastici, quelli che riportano frasi mitiche come «Vasco de Gama?Circoncise l’Africa. E Carpe Diem? Oggi pesce».
Fra l’altro dovrebbero saperlo anche i sassi e i Franceschini, ormai, che la «scuola privata» non esiste. La scuola, in effetti, è sempre un servizio pubblico, chiunque sia ad amministrarla, Stato o ente privato. Qual è il punto, dunque? Semplice: garantire a tutti la libertà di scegliere. Dare, cioè, alle famiglie la possibilità di decidere quale formazione impartire ai figli, un argomento troppo delicato e troppo importante per essere lasciato al caso o alle fumerie d’oppio ideologico. Vuoi che tuo figlio tutte le mattine intoni «Avanti popolo»? Prego, vai alla scuola media di Torino. Vuoi che tuo figlio reciti l’Ave Maria? C’è la scuola cattolica. Preferisci un’ode ad Hare Krishna? Vai alla scuola degli arancioni. Una volta che le scuole rispettano gli standard stabiliti dal ministero, l’unico problema è mettere le famiglie in condizioni di optare per l’educazione che ritengono più opportuna. E chi ha paura di dare quest’opportunità, evidentemente, o non ama le famiglie oppure non ama la libertà.
E dunque preferisce mantenere il monopolio dell’indottrinamento per continuare a inculcare all’infinito le solite menzogne: i gulag non esistono, le Br erano fasciste, Stalin era «giusto» e il compagno Cossutta è l’unico campione democratico italiano. È successo anche questo, recentemente, in una scuola elementare: Cossutta, l’uomo dell’Urss, campione democratico. E ditemi voi, allora, se la domanda non è legittima: passi che un maestro elementare confonda il Pcus, Breznev e la democrazia. Ma io devo essere proprio costretto ad affidare a lui i miei figli?