di Dino Saffi
Il centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia è un'occasione per ricordare quanti sulla sponda orientale adriatica seguirono con passione l'evolversi delle vicende storiche dell'epoca. E non mancarono quanti, con l'Italia nel cuore, ne presero parte attivamente. Consistente fu la partecipazione degli istriani e dei dalmati alla Prima Guerra d'Indipendenza, con l'adesione di centinaia di volontari a difesa della Repubblica di Venezia e della Repubblica Romana e nelle file dell'esercito piemontese.
Nel governo veneziano molti dalmati e istriani
A Venezia, oltre a Nicolò Tommaseo, con Daniele Manin alla guida della Repubblica, molti membri del governo erano dalmati e istriani: il ministro della Marina e della Guerra Antonio Paulucci, Matteo Ballovich, Sovrintendente alla Marina, Leone Graziani, Vincenzo Solitro, Matteo Petronio. Si formò un'intera Legione Dalmato-Istriana.
A Roma collabora con i Triumviri il liberale raguseo Federico Seismit-Doda (autore de "la Romana", l'inno dei difensori di Roma), che più tardi sarà ministro nel governo Crispi. E nella difesa della città si distinsero numerosi volontari dalmati e istriani.
Parecchi i volontari nell'esercito piemontese
Non va dimenticato, inoltre, il contributo alla lotta per l'unità d'Italia nel periodo 1859-1861. Anche in questo arco di tempo si verificò un ingente afflusso di volontari istriani, dalmati e fiumani nell'esercito piemontese e nelle formazioni garibaldine, molti dei quali non rientreranno più in patria per sottrarsi alle prevedibili persecuzioni.
E poi, accanto a quanti si batterono nella penisola appenninica, non possiamo scordare gli uomini di cultura, che pur animati da sentimenti di italianità, dopo la rinascita nazionale degli altri popoli con cui convivevano, assunsero posizioni di apertura e di dialogo, come dimostrano le opere e gli atteggiamenti concreti degli scrittori triestini, istriani e dalmati italiani e la loro attenzione alle culture e alle discipline linguistiche dei popoli vicini. I più importanti germanisti, slavisti e studiosi di lingua ungherese
erano proprio giuliani, dalmati e fiumani.
Il Risorgimento della lingua
Riportiamo di seguito brevi cenni biografici su alcune delle personalità di maggior spicco della cultura e della politica dalmate che si distinsero pure per la loro italianità:
Pier Alessandro Paravia (1797-1857) nasce a Zara e dopo gli studi al Liceo Convitto Marco Foscarini di Venezia si laurea in legge a Padova, secondo la consolidata tradizione dei giovani intellettuali dalmati. A Venezia inizia i suoi studi filologici sulle lingue italiana e latina, con le prime traduzioni e pubblicazioni, finché viene chiamato nel 1830 alla cattedra di eloquenza italiana all'Università di Torino.
Qui svolge la sua opera di ricercatore, di storico e di educatore per venticinque anni, decisivi nella formazione delle classi dirigenti piemontesi e italiane che faranno il Risorgimento. Ardente patriota, pur nella modestia e nell'equilibrio del carattere, è un sostenitore della purezza della lingua come fondamento dell'unità nazionale italiana, che egli vede chiarissima con i suoi occhi di dalmata, dalle Alpi alla Sicilia. "Nel Risorgimento della lingua -egli afferma – sta il Risorgimento della Nazione". Convinto del profondo legame tra la cultura cristiana e lo spirito nazionale, i suoi primi saggi affrontano i temi "Sulle relazioni del Cristianesimo con la letteratura" e "Del sentimento patriottico". In corrispondenza e amicizia con le personalità più rilevanti del suo tempo, come Rosmini e Tommaseo, è autore di opere rimaste fondamentali, come il "Canzoniere nazionale" stampato nel 1849, le "Memorie veneziane di letteratura e storia" del 1851 o le "Lezioni di storia subalpina" del 1854, nelle quali esorta la gioventù piemontese all'amore e alla conoscenza della lingua italiana, affinché il Piemonte potesse adempiere al compito storico di unificare la nazione. Prima di morire a Torino nel 1857 vuole fare dono alla città natale della sua biblioteca, ottenendo la collaborazione dei più illustri letterati italiani che da ogni regione inviano a Zara migliaia di volumi pregiati, che il Comune ospitò nella elegante Loggia cittadina, fondata nel 1300 e ricostruita da Giangiro-lamo Sammicheli nel 1565.
La Biblioteca Paravia fu la fonte dell'italianità dalmatica fino alle devastazioni di Zara nella Seconda guerra mondiale.
Oggi ha cambiato nome, ma il suo archivio, pur danneggiato dai bombardamenti alleati e da atti vandalici nell'ottobre 1944, rimane una testimonianza incancellabile della cultura latina e veneta della Dalmazia.
Niccolò Tommaseo (18021874) nasce a Sebenico. Compie gli studi a Padova. La sua opera di linguista e di lessicografo ("Il Vocabolario della lingua italiana"e "Il Vocabolario dei sinonimi") costituisce a tutt'oggi un pilastro della lingua italiana moderna ed esercita quindi un'influenza determinante sull'unificazione culturale e politica del Paese. In contatto con le personalità di rilievo del suo tempo, nonostante il carattere schivo e angoloso, si pone al centro del dibattito culturale e politico, come dimostrano i suoi carteggi con gli esponenti più qua-liticati della cultura filosofica e letteraria del Risorgimento. Negli anni di esilio all'estero, per sfuggire alle persecuzioni austriache a causa delle sue idee e della sua azione politica, viene a contatto con le correnti più avanzate del pensiero contemporaneo europeo, elaborando una visione unitaria e realistica della nazione italiana e del nuovo Stato nazionale che si va formando. Protagonista della rivoluzione veneziana del 1848-1849, si trova a capo, con Daniele Manin, della rinnovata Repubblica Veneta di impronta liberale. Fervente cattolico con una vena tradizionalista, non teme di mettersi in contrasto con la Chiesa per la sua opposizione al potere temporale dei Papi e la sua libertà di pensiero. Spirito ecumenico verso le chiese ortodosse e sensibile alle aspirazioni di libertà di tutti i popoli studia e diffonde in Europa la poesia popolare neogreca, serbo-croata e corsa. Promotore della laicità dello Stato nel pensiero e nell'azione politica, afferma l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, con particolare attenzione alle comunità israelitiche, che vuole libere da ogni condizionamento giuridico e pregiudizio razziale. La sua poesia e la sua narrativa ("Scintille/Iskrice" , "Fede e bellezza", "Il Duca di Atene" e gli altri romanzi storici tesi a ricuperare le grandi passioni politiche degli italiani nel Medio Evo e nel Rinascimento), pur non raggiungendo una compiutezza estetica, innovano profondamente la lirica e il romanzo italiani, inserendoli nelle correnti più vive della letteratura europea, con anticipazioni psicologiche e una forza mistica che avvicinano alcuni suoi passi più felici ai grandi autori francesi e russi dell'Ottocento. Le sue intuizioni troveranno eco nella poesia, nel teatro e nella narrativa italiana del primo Novecento. Muore nel 1874 a Firenze, la città che amava come il centro più fecondo dell'arte, della lingua e della civiltà italiane.
Il Podestà Mirabile
Antonio Baiamonti (18221891) nasce a Spalato da famiglia patrizia. Dopo gli studi di medicina a Padova prende parte attiva ai moti liberali in Dalmazia, divenendo membro della Dieta Dalmata e successivamente del Parlamento di Vienna e leader del "Partito Autonomo" dell'intera regione. Più volte perseguitato dalle autorità austriache per le sue idee e la sua azione a difesa della presenza italiana nella sua città e in Dalmazia, assume piena coscienza della realtà plurinazionale della regione, guidando in tal senso il partito autonomista e acquisendo consensi anche tra la popolazione croata. Promuove l'emancipazione sociale delle classi più emarginate e l'introduzione dell'istruzione pubblica in lingua croata. Podestà di Spalato per circa venti anni, trasforma la sua città in un vivo centro di attività industriali e marittime, rinnovandone l'aspetto urbanistico e collegandola con le regioni interne dell'Impero austro-ungarico. Carattere saldo e inflessibile, resterà esempio per tutti gli spalatini e i dalmati di coerenza politica e di fedeltà alla causa italiana. Fu definito "Podestà Mirabile" da tutte le componenti etniche della città natale.
Battaglia politica
Roberto Ghiglianovich (18631930) nasce a Zara, figlio di un avvocato di successo e deputato autonomista alla Dieta Dalmata. Compie gli studi di diritto a Graz e a Vienna, dove entra in contatto con i circoli liberali degli studenti italiani e conosce Luigi Lapenna, alto magistrato e guida del partito autonomista dalmato (prima di essere allontanato dal governo austriaco per organizzare i Tribunali Internazionali del Cairo e di Alessandria d'Egitto). Tornato a Zara come magistrato imperiale, Ghiglianovich deve constatare che solo il Comune di Zara, guidato da Nicolò Trigari, è riuscito a rimanere sotto la guida dell'elemento nazionale italiano. Inizia la sua lotta, insieme a Ercolano Salvi di Spalato, Natale Krechich di Scardona, Giovanni Lubin di Traù, Stefano Smerchinich di Curzola e Luigi Ziliotto di Zara, per la difesa delle scuole italiane e dell'uso dell'italiano nelle pubbliche amministrazioni e la diffusione delle società sportive e culturali italiane in tutte le città della costa. La sua battaglia ideologica e politica, tuttavia, alla luce del pensiero di Tommaseo e dei padri dell'autono-mismo, è aperta alla collaborazione con le componenti maggioritarie croata e serba della popolazione dalmata, una parte della quale condivide l'idea di una peculiarità plurietnica della regione che merita di essere salvaguardata come suo patrimonio prezioso. Alla vigilia della Prima guerra mondiale ripara a Roma, dove morirà nel 1930, quale consigliere di Cassazione e Senatore del Regno.
Rispetto delle diversità etniche
Francesco Salata (1876-1944) nasce a Ossero, sull'isola di Cherso. Dopo gli studi liceali a Capodistria si iscrive alla Facoltà di Legge dell'Università di Vienna, ma deve interrompere gli studi per le precarie condizioni economiche. Trova impiego nel quotidiano "Il Piccolo" di Trieste, della cui redazione fa parte per dieci anni, contribuendo in modo decisivo al prestigio del giornale come principale strumento mediatico nella difesa dell'italianità di Trieste e delle terre adriatiche soggette all'Impero austroungarico. Nel 1909 viene eletto deputato alla Dieta Provinciale dell'Istria, rivelando capacità organizzative nel riordino degli enti locali. Nella primavera del 1915 deve riparare a Roma. Iniziata la guerra, viene assegnato al Segretariato Generale per gli Affari Civili presso il Comando Supremo militare, assumendo la responsabilità dei rapporti tra le Forze Armate e la popolazione delle aree investite dalle operazioni belliche. Nominato Prefetto fa parte nel 1918 della delegazione italiana per il Trattato di pace e viene posto a capo dell'Ufficio Centrale per le Nuove Province. Per la sua esperienza amministrativa e la conoscenza delle tradizioni di autonomia e di rispetto delle diversità linguistiche ed etniche delle province annesse viene spesso in conflitto con il centralismo della formazione dei quadri ministeriali e la inattesa diffidenza dell'amministrazione statale verso le popolazioni locali. Nel 1922 per l'acuirsi dei contrasti con i metodi del governo lascia l'incarico e si dedica agli studi storici e ai doveri di Senatore del Regno e di Consigliere di Stato. Muore a Roma nel 1944.
(courtesy MLH)