Invitati a “Riflettere sulla storia”, Corinna Gerbaz Giuliano, Ezio Giuricin e Giovanni Stelli, in un dibattito coordinato dallo storico di Trieste, Raoul Pupo, hanno portato a Perugia l’appassionata analisi sulla percezione della storiografia a cavallo di confine, sul “fare storia” in una condizione di minoranza, il rapporto con le maggioranze (slovena, croata ma anche italiana). Argomenti che hanno investito specialisti del settore nell’ultimo quarto di secolo in modo anche molto intenso nei Paesi dell’Alto Adriatico. Ma parlarne a Perugia, nella sala Salvatore Fiume messa a disposizione della Regione Umbria, assume un diverso significato. Per gran parte del numeroso pubblico presente, incuriosito da una tematica percepita marginalmente o per niente negli ultimi decenni, si è trattato probabilmente del primo approccio con argomenti così specifici, eppure di fondamentale importanza per capire le ragioni dell’esodo dalle terre adriatiche ma anche focalizzare la giusta dimensione della presenza di una minoranza italiana – con annessi e connessi – sul territorio di Croazia e Slovenia oggi.
La tematica è stata affrontata attraverso l’attività svolta in questo campo da prestigiose realtà quali il Centro di Ricerche storiche di Rovigno, l’Edit di Fiume grazie anche all’esperienza della rivista letteraria La Battana, la Società di Studi Fiumani di Roma con i suoi interventi coraggiosi e lungimiranti. Raoul Pupo ha proposto un ventaglio di domande-argomenti che hanno permesso di approfondire le varie posizioni in particolare sulla difficoltà di fare storia, oggi, per la minoranza; il rapporto con la storia e la storiografia croata e slovena ma anche il rapporto con quella italiana di cui la storia della minoranza fa parte ma spesso l’Italia non lo sa; il confronto tra approcci e produzioni anche vista la disparità numerica dei soggetti che a diversi livelli si occupano della questione e della disparità tra le forse, le risorse ed i strumenti.
Un primo giro di riflessioni per presentare, con cifre sulla mole di volumi e pagine stampate, gli anni di esistenza degli enti e testate oggetto del dibattito. Per palesare l’impegno del CRS a ribadire gli aspetti di una storia che la maggioranza voleva “piegare” ad una propria interpretazione di parte, Ezio Giuricin, oltre a raccontare il lungo cammino del CRS e del volume di materiale prodotto, si è soffermato anche sugli sconvolgimenti politici che, con l’esodo e la parziale cancellazione dell’identità storica dell’area istro-quarnerino-dalmata, hanno prodotto un profondo stravolgimento della percezione stessa del passato.
Uno dei “Vulnus” maggiori – ha detto – è stata la divisione e l’insanabile frattura di questo patrimonio fra le diverse storiografie nazionali, o meglio fra gli stati portatori dei nuovi processi di nazionalizzazione di massa. D’altra parte, prima nell’ex Jugoslavia ora in Croazia e Slovenia, da oltre mezzo secolo, si è voluto “nazionalizzare” e stravolgere il patrimonio storico, culturale, artistico e civile, di per sé composito e plurale, di queste regioni. Tematica che si continua ancora, con tenacia, ad esplorare, studiando e proponendo analisi e conlusioni.
Ma, nella storia della minoranza, prima che un’indagine storiografica completa, voluta ed organizzata dal CRS con il coinvolgimento di storici illuminati, potesse produrre opinione, è stata la letteratura – ha ribadito Corinna Gerbaz Giuliano, caporedattore della Battana – a veicolare un diverso messaggio sulle vicende dell’Adriatico orientale – esodo, una maggioranza che nei luoghi d’insediamento storico diventa minoranza, lo sradicamento, la difficoltà di ribadire con chiarezza la propria appartenenza, la scelta difficile delle scuole da frequentare, e così via – che diventano soggetto di prosa e poesia, impegno di una vita di tanti autori, spesso senza alcuna speranza di vedere pubblicate le proprie opere. La Battana ha veicolato cultura, ha ospitato le voci degli scrittori e divulgato il loro pensiero artistico, ha fatto incontrare le penne più importanti di un vasto territorio, già di respiro europeo, molto prima che si potesse immaginare la caduta del muro di Berlino.
Poi, ad un certo punto, il disgelo. La possibilità per la Società di Studi fiumani di realizzare – non senza resistenze e sacche di protesta – un’opera congiunta con studiosi croati sulle Vittime a Fiume nel 1945, il tutto reso possibile dall’apertura degli archivi ma anche dalla buona volontà di uomini finalmente svincolati da un nazionalismo che tante brutture aveva creato nell’ex Jugoslavia.
Il dibattito si fa serrato, le domande alle quali rispondere sarebbero, e sono, tante. Anche per sgombrare il campo dai luoghi comuni ancora presenti nella percezione che la nazione ha della questione dell’Adriatico orientale: la presenza degli Italiani come conseguenza dell’invasione dell’Istria, Fiume e la Dalmazia negli anni della guerra o, per altri, il ruolo italianizzante del ventennio fascista, la confusione in campo toponomastico, e così si potrebbe continuare.
Da qui la necessità di continuare a ribadire con forza – così Giuricin – l’identità di una popolazione che fonda diritti e doveri sulla propria autoctonia, spesso disattesa, spesso non compresa, troppo spesso svuotata dei suoi significati alti per ignoranza, volontà di prevaricazione o, semplicemente, perché è più facile credere a modelli preconfezionati che impegnarsi in riflessioni più complesse che necessitano studio e informazione costante.
Solo il reciproco riconoscimento – questa la tesi che da tempo si fa strada – da parte degli Stati, dell’identità plurale e multiculturale di questo territorio – un territorio in cui le opere d’arte, le vestigia e i monumenti non debbano più essere solo degli uni o degli altri – potrà liberare tutti dalla schiavitù di un’appartenenza esclusiva. Per la minoranza significherebbe la riconquista di un’identità negata o condannata al silenzio.
Ma questa è anche la sfida di chi si occupa di ricerca, comunicazione e divulgazione e la conclusione non può che essere quella di continuare a dibattere, a chiarire a proporre chiavi di lettura con gli strumenti della scrittura e della parola e con la creazione di una rete di collaborazione che la conoscenza non può che favorire.
Rosanna Turcinovich Giuricin su www.arcipelagoadriatico.it