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Ancora troppe ombre sulle Foibe (Messaggero Veneto 16 mar)

“Nel nome di Norma”, volume di Luciano Garibaldi e Rossana Mondoni edito per Solfanelli, ha conclu­so il ciclo di presentazioni al teatro Verdi iniziato a febbraio e organiz­zato dall’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. Al cen­tro del dibattito, al quale ha parteci­pato l’autrice, presentata dal presi­dente del sodalizio, Rodolfo Ziberna, la tragica storia di uno dei più noti simboli delle vicende giuliano-dalmate: Norma Cossetto, studen­tessa universitaria istriana che ven­ne a lungo e barbaramente sevizia­ta, uccisa e gettata in una foiba tra il 4 e il 5 ottobre del 1943.

La sua morte sarà purtroppo solo l’inizio di un tragico susseguirsi di violenze, perpetuate alla fine della seconda guerra mondiale, che ri­guardarono un numero ancora di­battuto di vittime, (si parla di circa 5 mila) prevalentemente italiane o comunque invise al regime comuni­sta jugoslavo. Nel volume vengono soprattutto fatti parlare i testimoni, con l’intento -spiega la ricercatrice Mondoni – di far prevalere «i fatti storici che hanno colpito un lembo d’Italia che iniziò il proprio calva­rio alla fine della seconda guerra mondiale, quando le grandi poten­ze liberatrici erano intente a spar­tirsi l’Europa seguendo le ciniche regole della ragion di Stato, calpe­stando i diritti dei popoli».

Nel volume viene affrontato un nodo cruciale dell’intera vicenda istriana di quell’epoca: «Le foibe non furono una diretta conseguen­za del fascismo». A raccontarlo, le interviste a Licia Cossetto, sorella della vittima, ma anche i cenni e i documenti riferiti all’occupazione di Trieste, alle condizioni politiche di Fiume e Zara, come all’odierno Giorno del ricordo e ad altri aspetti che offrono un inquadramento sto­rico da un punto di vista particola­re.

Rossana Mondoni è, infatti, figlia di un deportato antifascista e come testimone “diretta” di una Shoa sve­lata, della quale tutti sono ormai consapevoli, parla del mistero che ancora avvolge questa sorta di ico­na giuliano-dalmata-italiana. «Una storia ancora non adeguatamente rappresentata – ha ricordato Ziberna – visto che l’80% degli italiani non ha idea di cosa sia esattamente una foiba e ancora meno conosce non solo la fine della ragazza, allora 23enne, ma nemmeno che fu tortu­rata, più che dai titini, da comunisti italiani che avevano dei conti da re­golare con i Cossetto e il Fascismo in quelle terre».

Il rimando alla precedente ditta­tura italiana ritorna, ma quello che qui si cerca è l’ammissione che Nor­ma fu un tassello simbolico, nella sua gravità, di una pulizia etnica ac­certata, avvenuta col consenso e l’avallo quasi tacito delle superpo­tenze e degli alleati.

Emanuela Masseria

(courtesy MLH)

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