di Franco Babich su Il Piccolo del 13 aprile 2011
Oltre 10mila firme per fermare la «colonizzazione» italiana del Carso sloveno. A poche settimane dalla scadenza del termine ultimo entro il quale il governo di Lubiana può chiedere alla Commissione europea di poter attivare la clausola di tutela del mercato immobiliare e di limitare la vendita degli immobili agli stranieri (entro il 1.mo maggio), le Iniziative civiche per il Carso e per il Litorale sono tornate alla carica. Nel corso di un’assemblea pubblica a Sesana, hanno rinnovato il loro appello al governo affinchè tuteli il Carso. Altrimenti, hanno annunciato, invieranno una petizione a Bruxelles. Come detto, le firme a favore della limitazione della vendita di case agli stranieri superano quota 10mila. All’incontro è intervenuto ancora una volta lo scrittore triestino di nazionalità slovena Boris Pahor, che si è detto pronto a manifestare davanti al Parlamento di Lubiana. Sul Carso, a giudizio di Pahor, è in atto una «colonizzazione senza armi». Di questo passo, ha aggiunto l’anziano scrittore, tra quindici anni gli italiani chiederanno l’apertura di un asilo italiano a Postumia. Il principale oggetto degli strali dei partecipanti sono comunque le istituzioni slovene, che secondo loro non sono in grado di proteggere l’identità e il quadro demografico del Carso. Ad esempio a Corgnale (Lokev), nei pressi di Sesana, i cittadini italiani sono ufficialmente proprietari soltanto di 12 case, ma in effetti avrebbero acquistato ben 80 tra case e appartamenti. «La pressione degli stranieri che vogliono comprare casa – questa la tesi di fondo delle Iniziative civiche – ha di fatto stravolto il mercato e portato a un aumento sproporzionato dei prezzi, a danno delle giovani famiglie locali». Il gruppo di lavoro interministeriale costituito dall’esecutivo per studiare la situazione e proporre le possibili misure di intervento ha già concluso il suo lavoro. Il presidente del gruppo Rok Steblaj non si è sbilanciato all’assemblea di Sesana: all’esecutivo spetta prendere una decisione politica, non tecnica. «Nessuno dei Paesi dell’Unione europea – ha ricordato Steblaj – ha mai chiesto l’attivazione della clausola di tutela. Non abbiamo precedenti a cui riferirci».
(courtesy MLH)