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Elena tra esodo e palacinche (Il Manifesto 27 apr)

di Linda Chiaramonte

Dopo la seconda guerra mondiale Elena è stata una fra i circa 31 mila esuli di Fiume, in totale più di 250mila da tutta l’Istria. In quegli anni, con la città passata alla Jugoslavia e il regime comunista di Tito, gli italia­ni furono costretti con la violenza ad andare via.

Fra loro anche lei, otto anni, che insieme a padre, madre, non­na e sorella, ne ha vissuti dodici in alcuni campi profughi del nostro paese, più di un centinaio su tutto il territorio. La sua storia è raccon­tata in Palacinche, libro uscito con Fandango (collana Documenti). Attraverso vecchie foto di fami­glia, scatti recenti e disegni si riper­corrono le tappe di Elena, mam­ma di Caterina Sansone, fotografa e autrice del progetto insieme al fumettista Alessandro Tota.

 
«Pro­fuga per molti anni nel suo stesso paese come i tanti immigrati italia­ni che, oltre alle difficili condizioni di vita e alla delicata integrazione, sono stati a lungo vittime del pre­giudizio dei loro stessi connazio­nali che li percepivano, nel peggio­re dei casi, come fascisti e, nel mi­gliore, come stranieri», è scritto nell’introduzione del volume.

Alcune foto e tavole sono state esposte per la prima volta in pub­blico a Bologna durante il festival Bilbolbul.

 
Palacinche è il nome di una frittella che Elena preparava alle figlie. «Ricordo nel centro di Fiume un chiosco che sfornava crépes fumanti con l’insegna Palacinke – dice Caterina Sansone -Quella parola ha riportato in su­perficie dolci ricordi d’infanzia. Vorrei partire da qui, da questo piatto tipico, mitteleuropeo, arri­vato, come tante altre ricette au­stroungariche, sulle tavole delle fa­miglie istriane. Da questo nome uguale in croato e in italiano (di­verso solo nella scrittura), da un piatto che insieme a canti e prover­bi, ha attraversato la frontiera, co­me parte del bagaglio culturale di un popolo in esilio. Meglio partire da un ricordo gioioso per attraver­sare la memoria dell’esodo».

Si tratta di un lavoro di narrazio­ne visiva che mescola tecniche di­verse. È un viaggio a ritroso che Tota e Sansone hanno intrapreso in quegli stessi luoghi grazie alle te­stimonianze raccolte dalla madre. Elena, nata a Fiume nel ’42, parti­ta con la famiglia nel ’50 con po­che cose in valigia e una macchi­na da cucire, e che in quella città non fece più ritorno. Un racconto che sembra uscire da un passato molto remoto, ma più vicino di quanto si creda, come dimostra il campo profughi di Capodimonte smantellato solo nel 1991. «Cono­scevo solo alcuni tasselli di una storia familiare che non sono mai riuscita a farmi narrare per intero – continua Caterina – di cui sapevo solo aneddoti sparsi. Ho sentito la necessità di riappropriarmene co­me memoria storica e testimo­nianza di una generazione».

 
Per questo nell’estate 2009, insieme ad Alessandro Tota, è partita per un viaggio fra l’Italia e la Croazia, «cercando gli stessi posti in cui quelle vecchie foto erano state scattate e immaginando come po­tesse essere la vita in una baracca in un bosco di Napoli o in un cam­po profughi a Termini Imerese», ha proseguito la fotografa. La pri­ma tappa è stata Firenze, dove Me­na arrivò nel 70 e dove vive tutto­ra, poi Napoli dove, dal ’51 al ’63, ha vissuto nel campo profughi nel Rea] Bosco di Capodimonte, in ba­racche di legno e lamiera, dopo aver trascorso alcuni mesi a Ba­gnoli nel campo Irò (International Refugee Organisation), attualmen­te base della Nato.

Un’altra tappa è stata Termini Imerese, vicino Palermo, cittadina in cui per nove mesi la famiglia di Elena ha abitato in un campo alle­stito in un edificio del centro. Qui, con la sua famiglia, ha ricevuto la qualifica di profuga. Poi ancora a Udine, nel centro di smistamento da cui sono transitate circa cento­mila persone, e rimasero circa una settimana prima di essere mandati in Sicilia. Trieste, dove tutti i profughi trascorrevano la prima notte in esilio e in cui vive attualmente Meri, sorella maggio­re di Elena. Infine Fiume, oggi Rijeka, Croazia, dove tutto ha avu­to inizio. Sansone e Tota, entram­bi trentenni, dal 2006 vivono e la­vorano a Parigi. Lei è assistente di fotografi internazionali, Tota è sta­to pubblicato in Francia nel 2009 e l’anno scorso il suo Yeti, lavoro pluripremiato, è stato edito da Coconino Press/Fandango libri.

(courtesy MLH)

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