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06giu/09.55 – Dignano: l’abbraccio tra Esuli e Rimasti

da La Voce del Popolo del 3 giugno 2011

 

Quando, nel 1997, a Peschiera del Garda vennero ad incontrarsi, per così dire a metà strada, gli esuli di Dignano e i dignanesi rimasti a vivere nella città natale, la Famiglia dignanese e la Comunità degli Italiani di Dignano, le due associazioni di riferimento, gettarono le basi per una “storica riconciliazione” di quello che si è definito più volte un tessuto demografico dolorosamente lacerato dagli eventi della storia e della politica post bellica di casa nostra. E c’è da dire che i dignanesi sono stati i primi tra i connazionali esuli e rimasti ad intrecciare questo tipo di rapporti tra le genti italiane delle due sponde dell’Adriatico, forieri di una ritrovata fraternità quando ancora le istituzioni e l’alta politica dialogavano a stento, perché troppo “impegnate” a snobbarsi a vicenda, quando non anche a guardarsi in cagnesco. Da allora ad oggi ne è passata di acqua sotto i ponti, ma i dignanesi di qua e di là dal confine continuano a coltivare gli stretti legami di amicizia reciproca nel segno di quel “Raduno” che tutti gli anni rievoca emozioni e ricordi comuni ad entrambi.
Il primo appuntamento di quest’edizione del Raduno, in corso dal 2 al 5 giugno, è stata una tavola rotonda presso Palazzo Bradamante dedicata appunto a Dignano, al suo passato, al presente e al suo futuro. Dopo i saluti del presidente della CI, Livio Belci, ad inaugurarne i lavori è stato il sindaco, Klaudio Vitasović, che ha affrontato l’argomento dall’ottica del passato recente, del presente e del futuro immediato della località.

Tanto poté l’autonomia

Località “trascurata su tutti i fronti fino al 1993”, quando venne istituito il comune autonomo da Pola: un evento decisivo, questo, a detta del sindaco, che fece da spartiacque nella storia recente di Dignano spianando la strada ad uno sviluppo economico, sociale, infrastrutturale, urbanistico e culturale di grande slancio e vigore. In poco meno di un ventennio – ha ribadito il primo cittadino – sono state rifatte la rete idrica e fognaria, l’illuminazione stradale, alcune vie e facciate, ma anche restaurati a fondo i palazzi storici Bettica, Bradamante e il Municipio. Le campagne abbandonate di un tempo sono ora coltivate a regola d’arte. I vecchi oliveti stanno rinascendo e altri ne spuntano grazie ad incentivi statali e locali, ma soprattutto grazie ad un connubio felice tra le esperienze degli avi e l’innovazione tecnologica degli eredi, connubio che ha fatto di Dignano la capitale indiscussa dell’olivicoltura croata. Agricoltura e industria procedono a braccetto, invece, in quel di Gallesano: la sua zona imprenditoriale ha calamitato in dieci anni ben 2 milioni di euro di investimenti per offrire impiego a più di 500 persone. E ora si spera di ripetere l’esperienza anche alla futura zona industriale di Tison.

 

L’Adriatico ora unisce

 

Dignano sta cambiando in meglio anche a parere di Maurizio Tremul della Giunta esecutiva dell’Unione italiana, che si è complimentato con la municipalità, ma anche con gli attivisti e i soci della Comunità degli Italiani per il “loro generoso apporto al risveglio del luogo”. Si tratta di una delle comunità più attive, meglio organizzate e più significative della nostra minoranza – ha dichiarato Tremul. Quanto alla ricomposizione di quel “tessuto sociale lacerato”, per la quale Dignano fece da apripista in maniera esemplare, oggi si può affermare che costituisce un elemento distintivo dei processi di integrazione europea, di cui è ormai protagonista a pieno titolo anche la Croazia. L’Adriatico – ha osservato infine Tremul – è diventato finalmente un mare che unisce i popoli riconoscendo a tutti il pieno diritto alla conservazione delle lingue, delle identità e delle culture, senza correre il rischio di andare a cozzare come un tempo contro contrapposizioni inutili.

 

Storia, arte e credenze

 

Nel proseguimento il presidente della Famiglia dignanese, Luigi Donorà, si è soffermato a trattare il tema della cultura dignanese dall’ottica della musica nelle sue forme autoctone (discanto), sacra (canti patriarchini), colta (Smareglia) e popolare; Anita Forlani, ricercatrice presso il Settore culturale della CI, ha tracciato un’interessante storia del borgo dai castellieri e dalla romanizzazione all’alto Medioevo e all’esperienza dell’esodo; Sandro Manzin, della Giunta esecutiva della CI, ha tratteggiato invece il profilo di uno scrittore che si considera dignanese e che a Dignano ha dedicato buona parte della sua narrativa, Mario Schiavato; Giuliana Donorà, redattrice del “Notiziario dignanese” (il trimestrale degli esuli di Dignano), ha proposto un breve viaggio nel tempo rievocando le contrade, le osterie, la centralina elettrica, la famiglia Marchesi, la stazione ferroviaria e varie altre immagini di vita quotidiana di un tempo. Infine, Maria Grazia Belci della Famiglia dignanese ha illustrato quelle che sono le credenze popolari, i miti e i personaggi fantastici più “spaventosi” dell’immaginario popolare di Dignano e dintorni.

 

Daria Deghenghi

 

(courtesy MLH)

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