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”A Fiume non ci sono italiani” (Voce del Popolo 08 giu)

La rivista letteraria “Književna Rijeka”, pubblicata dalla sezione fiumana della Società degli scrittori croati, presenta il secondo fascicolo del 2011 come numero doppio 2-3/ estate – autunno, sotto una veste tipografica nuova e con un nuovo redattore capo, Igor Žic. Il quale, ben noto per le sue posizioni politiche e nazionalistiche, continua a manifestare una evidente avversione per gli italiani di queste terre.

Al punto che, in uno dei tre testi da lui firmati in questo fascicolo, afferma categoricamente che a Fiume gli italiani non ci sono mai stati! Lo dice recensendo un libro dell’esule fiumano Giovanni Stelli, docente di didattica della filosofia all’Università della Basilicata, che a Roma dirige insieme ad Amleto Ballarini la Società di Studi Fiumani e, sempre con Ballarini, è stato tra i dirigenti del “Libero Comune di Fiume in esilio”.

Il libro di Stelli è “La memoria che vive”, sommario: Fiume, interviste e testimonianze, editore l’Archivio Museo Storico di Fiume, Roma 2009. Ma prima di affrontare l’argomento, Žic gira intorno all’osso per cianciare d’altro. Per cominciare tira in ballo una “Fiume di Mussolini”, intendendo dire che solo nell’era fascista la città fu italiana (statualmente, certo), indicando come “élite spirituale della Fiume italiana fra le due guerre” gli uomini che fondarono e diressero, tra il 1923 e il 1940 la rivista “Fiume”: Arturo Chiopris, Attilio Depoli, Guido Depoli, Silvino Gigante, Belario Lengevel, Don Luigi Maria Torcoletti, Edoardo Susmel e Riccardo Gigante. Per sua disgrazia – e nostra fortuna – tra questi uomini di penna non c’è nessuno con cognome in “ich”, altrimenti avreste sentito lo strepitare del croatissimo Žic.

Nel 1952 quella rivista riprese le pubblicazioni a Roma, dove tuttora esce, a cura degli esuli fiumani Depoli, Prodam, Radetti e Burich. E qui inciampiamo nel secondo segno di perfidia di Žic: egli, subito dopo il Depoli, mette tra parentesi degli altri tre, i cognomi “originali croati”: Prodan, Radetić e Burić. Dimenticando di spiegare che – ammessa la croaticità dei cognomi dei loro antenati – resta il fatto che fin dai tempi dell’Austria e poi dell’Ungheria, quei cognomi e tanti altri avevano subito adattamenti ortografici. Ma Žic, evidentemente, li considera croati italianizzati, dimenticando che anche migliaia di cognomi croati d’oggi derivano dal tedesco, dal ceco, dallo slovacco, dall’ungherese, dall’italiano…

Questa sua posizione si manifesta anche in seguito, per esempio quando indica i redattori della nuova serie della rivista, che tornò ad uscire a Padova dal 1981 al 1989 con Oscar Böhm, Carlo Cattalini (Katalinić), Mario Dassovich (Dasović), Camillo de Carlo, Luigi Peteani e Paolo Santarcangeli (nome vero Pal Schwaitzer). Le parentesi sono sempre dello Žic…

Nel 1991 la rivista “Fiume” tornò a Roma, avendo per redattore capo e direttore Amleto Ballarini e nuovi redattori. Non potendo croatizzare il cognome del Ballarini, lo Žic si limita a rivelare che costui “discende per via materna da una famiglia di pescatori croati, i Kocijan di Omišalj”, Castelmuschio sull’isola di Veglia, e che “in qualità di ufficiale dei servizi di spionaggio dell’esercito italiano, ha avuto accesso a diversi documenti, per cui ha potuto pubblicare diversi libri sulla storia di Fiume”.

Aggiungendo che il Ballarini, coautore del volume “Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni 1939-1947” uscito nel 2002 a Roma e quest’anno duramente criticato dallo storico croato Vinko Šepić-Čiškin, autore del volume “Nacionalnost ili državljanstvo” (Nazionalità o cittadinanza), ha avuto “come fedele collaboratore Giovanni Stelli, di otto anni più giovane di lui, nato a Fiume nel 1941”. Mi limito ad osservare che lo stile ziciano di questa “recensione” ha proprio il sapore di un libercolo di spionaggio.

Infatti, continuando a “recensire” il libro di Stelli, torna a parlare della… Società di Studi Fiumani che, a suo dire, “recluta i suoi associati da inscindibili collegamenti etno-culturali, croato-italiani, fiumani”, mettendo nuovamente tra parentesi la variante croata di certi cognomi: Bacci (Bačić), Barbalich (Barbalić), Blasi (Blažić), Cattalini (Katalinić), Liubicich (Ljubičić), Pamich (Pamić), Serdoz (Srdoč), Sichich (Šikić), Becchi (Bekić), Crisman (Krizman), Grubessi (Grubešić), Lenaz (Lenac), Massagrande (Golemović), Ossoinack (Osojnak), Sablich (Sablić), Skull (Škulj), Tomsich (Tomšić)…

Questi puntini sospensivi coprono altri ben più numerosi cognomi fiumani di origine certamente non croata. Ma evidenziandoli Žic manderebbe all’aria la propria tesi della croaticità esclusiva di Fiume. Ammesso che croaticità o italianità ci vengano dai cognomi in una regione da sempre multilingue, multietnica e multiculturale.

All’elenco dei cognomi Igor Žic fa seguire una “filosofica” considerazione con cui spiega a se stesso il perché i Fiumani sono… Fiumani di lingua e cultura italiana: “Chi vive sul confine può scegliere o la duplice appartenenza o la duplice non-appartenenza. Sebbene siano tutti senza eccezione (“svi od reda”) etnicamente Croati, hanno scelto la duplice non-appartenenza e in tal modo si sono cacciati da soli nell’esilio (pateticamente parlando di olocausto), cioè fra gli esuli.

Cercando di essere Fiumani al di sopra dei Croati e degli Italiani, hanno finito per sparpagliarsi da un capo all’altro dell’Italia, delusi da ambedue le patrie!” Secondo la “filosofia” di Žic, gli esuli fiumani sarebbero i “cattivi figli della Croazia” che si sono lasciati “sedurre dalla bellezza della lingua, della pittura e della musica italiana”. Questa ultima frase mi trova consenziente. Letteratura, pittura e musica italiana ancora oggi affascinano il mondo, non soltanto i fiumani.

   (1 e continua)

 

(courtesy MLH)

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