«Benvenuti e, per i più, bentornati in quelle che sono state la nostra Pola e la nostra Istria e che tali sono rimaste e sempre rimarranno nei nostri cuori; l’averle abbandonate nel 1947 è stato per noi tutti un atto d’amore nei confronti della nostra Italia, l’esserci ritornati oggi vuole soprattutto essere un atto, di pari valore, d’amore per la nostra Terra». Sono queste le parole, indici dello spirito con cui è stato concepito, organizzato e vissuto il 55° Raduno Nazionale degli Esuli da Pola, primo nella Città d’origine, con cui il Sindaco Argeo Benco ed il sottoscritto hanno accolto i circa 200 convenuti al loro arrivo nei rispettivi alberghi. È stato il primo atto di un raduno che a posteriori, in linea con quanto auspicato nel precedente numero del nostro giornale, è stato di indubbio successo. I motivi per sostenerlo, con convinzione ed orgoglio per quanto fatto, sono più d’uno.
Come già in precedenza evidenziato, il numero dei partecipanti è stato ampiamente superiore al doppio delle passate edizioni e sarebbe stato ancor maggiore se, come comunicato da diversi associati, motivi d’età, salute e lontananza non avessero impedito a tanti di intervenire. Per molti si è trattato di una prima adesione in senso assoluto ad un nostro raduno; altri, non meno numerosi, hanno colto l’occasione di questo “ritorno in gruppo” per vincere la ritrosia che sinora li aveva trattenuti dal rimettere piede a Pola individualmente; altri ancora, non polesani, hanno voluto presenziare in rappresentanza delle rispettive associazioni di appartenenza. Si è trattato di un’inusuale quanto tangibile solidarietà espressa, anche con l’invio di messaggi di saluto, apprezzamento ed augurio, da ANVGD, Associazione delle Comunità Istriane e Liberi Comuni di Fiume e Zara che, oltre ad averci riconosciuto il merito di aver aperto “ufficialmente” una strada, lascia ben sperare per future iniziative da intraprendere in comune. Al riguardo spiace rilevare l’assenza, questa sì scontata stanti le precedenti prese di posizione, dell’Unione degli Istriani; un domani chissà, poiché la sua contrarietà ad intessere rapporti con i “rimasti” non è, come dato ad intendere, poi così monolitica dal momento che talune sue “famiglie”, almeno due, hanno già percorso e si apprestano a ripercorrere la nostra stessa strada. Non c’è da stupirsi; il dissenso interno affligge anche la nostra Associazione ma, in democrazia, chi fa testo è la maggioranza ed è doveroso prenderne atto.
Motivo di soddisfazione è stata, altresì, la pronta e piena collaborazione, nonché ospitalità, dataci dalla Comunità degli Italiani di Pola, dai suoi massimi rappresentanti, Fabrizio Radin e Claudia Milotti, nonché la cordiale accoglienza fattaci da numerosi connazionali aderenti alla stessa che hanno voluto condividere con noi non solo i momenti conviviali ma anche quelli celebrativi, contribuendo, in particolare, ad affollare il Duomo in occasione della S. Messa domenicale, concelebrata dall’ex Vescovo di Trieste Mons. Ravignani, anch’egli esule da Pola, e da Mons. Staver, da sempre a noi vicino. Le parole che ci sono state rivolte non sono apparse di sola circostanza, bensì spontanee, sincere ed indice di una comune volontà di intraprendere assieme un percorso di superamento delle preesistenti divisioni. Particolarmente calorosa ed affettuosa, con banda, cori e dolcetti fatti in casa, è stata l’accoglienza riservataci dalla Comunità di Valle, quasi certamente la più italofona dell’intera Istria, che ci ha sorpresi e commossi. Di poco inferiore, anche per mancanza di tempo, quella riservataci dalla Comunità di Dignano il cui Presidente, nell’indirizzo di saluto rivoltoci, ha evidenziato come nei rapporti con i loro concittadini esuli si sia ormai deciso di abolire i termini “esuli” e “rimasti” appellandosi tutti, in omaggio alla comune origine “bumbara”, semplicemente “dignanesi”.
Motivo invece d’orgoglio è stato per noi l’esserci presentati a Pola non da semplici turisti né, tanto meno, con le “orecchie basse” bensì per quello che effettivamente siamo: esuli ed italiani. Per questo, nei momenti di maggiore ufficialità e d’incontro con i connazionali locali, sia in privato che in pubblico, abbiamo sempre esposto – sicuramente una “primizia” in Croazia – il Labaro della nostra Associazione; l’abbiamo fatto in comunità, in albergo, in chiesa, in cimitero e sulla pubblica piazza; lo stesso dicasi per l’esposizione del Tricolore in occasione dello scoprimento della targa in memoria dei naufraghi del cacciatorpediniere “Rossarol” nel Sacrario ai Caduti Italiani del Cimitero della Marina, alla presenza del Console generale d’Italia a Fiume, Cianfarani, del Console onorario a Pola, Sošić, dell’On. Furio Radin, di altre Autorità locali e del Vescovo Ravignani che l’ha benedetta. A conclusione della cerimonia abbiamo fatto anche risuonare le note della “Preghiera del Marinaio” musicata e cantata: certamente un qualcosa che, in memoria di quei poveri morti da noi recuperati da un oblio protrattosi per più di mezzo secolo, non si verificava più dal lontano 16 novembre 1942.
Com’era doveroso, allorché ci si trova in casa d’altri, tutto questo ed altro – come l’attribuzione della benemerenza “Istria Terra amata” allo scrittore Stefano Zecchi per la pubblicazione del libro Quando ci batteva forte il cuore proprio in quella Pola da cui prende avvio il suo romanzo che tanto ha contribuito alla diffusione della conoscenza del nostro vissuto – l’abbiamo fatto con discrezione, senza alcuna protervia e nel rispetto, per quanto possibile, delle regole locali. Questo comportamento, unitamente alle dichiarate finalità non politiche ed avulse da qualsivoglia revanscismo del nostro raduno, hanno fatto sì che gli ampi spazi dedicatici dai media locali, sia prima che durante e dopo il raduno, sia in lingua italiana che croata, abbiano espresso nei nostri confronti giudizi sostanzialmente positivi e che non ci siano stati né incidenti né contestazioni di sorta. Di rilievo in questo contesto sono state le dichiarazioni di numerosi politici croati, di studiosi ed interpreti del nostro esodo e, persino, delle associazioni dei combattenti antifascisti, tutti concordi nel darci il “benvenuti” anche se taluni hanno però precisato che “dell’esodo bisogna ancora parlare”, con ciò avanzando talune loro tesi a noi ben note e dalle quali di massima, pur contenendo talune verità, decisamente divergiamo. È, tuttavia, importante che ne abbiano parlato, dimostrando una non scontata disponibilità al dialogo che, se e quando occorrerà ed i tempi sembrano ormai maturi, non potrà che essere d’aiuto per una reciproca comprensione ed il rispetto delle rispettive memorie.
Di tutto quanto precede ampia trattazione si trova in altre pagine del giornale in cui è riportata la cronaca del nostro 55° Raduno nazionale.
Prima di concludere un’ultima considerazione. È per una fortuita coincidenza, assolutamente non ricercata, che proprio negli stessi giorni del nostro raduno di 66 anni fa – era, appunto, il giugno del 1945 – le truppe alleate entravano in Pola accendendo in noi la speranza, purtroppo ben presto tradottasi in cocente delusione, che almeno la nostra amata Città potesse rimanere italiana.
Oggi siamo ritornati a Pola con la speranza che la dolorosa pagina del nostro esilio possa, senza per questo dimenticare, essere finalmente girata e che tutti “esuli” e “rimasti”, italiani e slavi, si voglia e si possa costruire insieme un più armonioso futuro nel nuovo contesto europeo a partire dall’organizzazione, prossimamente, di un raduno quantomeno “istriano”, con il coinvolgimento di nostri più numerosi soggetti associativi e di più numerose espressioni delle Comunità italiane locali.
Non sarà facile, come non lo sarà l’individuazione di chi vorrà cogliere il “testimone” di questa nostra iniziativa, da molti definita “storica”. Auspico per tutti che almeno questa nuova speranza non vada delusa.
Silvio Mazzaroli
(courtesy MLH)