Massimiliano Castellani
Lo svettante “Nini”, negli anni ’60-70 è stato una figurina Panini rara quanto Pizzaballa: «Sarà dura battere il mio record: “520” gare con la maglia del Novara»
Per celebrare lo storico ritorno in Serie A del Novara, dopo 55 anni d’attesa, potevamo partire rispolverando il mito indelebile di Silvio Piola, al quale è intitolato lo stadio con il primo campo in erba sintetica nella massima serie (ora c’è anche quello di Cesena). Oppure potevamo rivedere il film della promozione dei ragazzi di «quel gran signore dell’Attilio Tesser», come dice Maria Rosa, la mamma di Silene la giovane chef di Novarello: il centro sportivo all’avanguardia e stile british creato dai patron De Salvo. L’uomo con cui invece vogliamo ripercorrere la storia ultrasecolare del Novara Calcio (nato lo stesso anno dell’Inter, 1908), ritornato tra le grandi del calcio, è il «gigante dello svettare lucente» Giovanni Udovicich detto “Nini”. La bandiera, la pelata più famosa delle figurine Panini degli anni ’60 e 70, una rarità per i collezionisti, pari a quella di Pizzaballa. «Con Pizzaballa abbiamo fatto il militare insieme…», attacca Udovicich, nato a Fiume nel 1940 e arrivato a Novara all’età di sei anni, con la sua famiglia, insieme ai quasi duemila profughi sfollati dall’Istria. «Di là non ci volevano e quando, dopo tanti anni, sono tornato a Fiume, mi urlavano ancora “italiano fascista”… Di qua, appena arrivati ci misero nella caserma Perrone e fuori dai cancelli sentivo genitori che quando i figli facevano storie li minacciavano: “Smettila o ti mando a mangiare lì dentro dai profughi”». Sottili, ma dolorose discriminazioni, durate fino a quando gli ex profughi istriani diventarono novaresi a tutti gli effetti, andando ad abitare le case del Villaggio Dalmazia. «È lì che sono cresciuto e il calcio era la mia grande passione, dalla mattina alla sera. U-
na domenica d’inverno, un amico più grande che aveva la Moto Guzzi mi portò a vedere il Grande Torino giocare contro la Triestina. Quando arrivai al Filadelfia ero stecchito dal gelo… Mi sciolsi in un lampo alle giocate del fiumano Loik e soprattutto a quelle del gran campione, Valentino Mazzola. Quel giorno sognai: un giorno vorrei fare il calciatore di professione. E la possibilità di coltivare il mio sogno me la diede quel sant’uomo di don Aldo Mercoli (vicedirettore del Seminario) che andava raccogliendo tutti i giovani degli oratori per farli partecipare al suo “Torneo dei Ragazzi”» . In mezzo a una bagarre di oltre cinquanta squadre, il Novara vide svettare tra tutti, quel ragazzone che a quindici anni già superava il metro e ottanta d’altezza. Tre anni dopo, il debutto in Serie B contro il Bari. «Ma come centravanti e non da stopper», interviene la signora Maria Rosa, moglie e almanacco vivente a supporto del suo Nini con il quale «nel 2017» festeggerà le nozze d’oro. «Ah il 17, che brutto numero. Non mi è mai piaciuto. Mai entrato in campo o u-scito di casa senza farmi il segno della croce, ma sono sempre stato anche un po’ superstizioso, avevo i miei riti scaramantici. Così quando dicono che ho fatto 517 presenze con il Novara, io preferisco eliminare il 17 e dire che sono 520». Tutte gare disputate con la stessa maglia e quel numero “5” stampato sulla schiena e nell’anima, dal lontano 18 maggio 1958 (giorno di Catania-Novara). «Adesso quel numero di maglia lo porta Ludi, ma io per caratteristiche mi sento più affine a Lisuzzo». I due ragazzi che formano la coppia centrale difensiva del Novara, pronta per il debutto in A. Quella categoria che per lui è rimasta sempre un miraggio. «Ad ogni inizio stagione quando a-vevo già firmato, venivo puntualmente a sapere che mi avevano cercato l’Atalanta, il Genoa, il Bologna, la Roma e la Lazio. Ma intanto rimanevo lì. Però oggi penso che sia stato giusto così, questa città è la mia vita. Qui sono nati i miei figli Diego e Luca e i miei nipotini Nicolas e Edoardo. Però, che peccato, non avere mai avuto quell’ opportunità… – smanaccia Udovicich-. Forse Tesser penserà che sono un pazzo, ma vorrei tanto chiedergli di farmi giocare un minuto soltanto. Giusto per dire: ho fatto una presenza in in A». Lo dice ridendo il Nini, ma anche con un velo di nostalgia dietro quegli occhi azzurri come la maglia del suo amato Novara, specie quando ripensa alla promozione in A sfumata nel ’76, per quel “pasticciaccio di Catanzaro”. Poi un menisco rotto gli fece appendere le scarpe al chiodo e prendere al volo un impiego alla Banca Popolare di Novara, dove i tifosi andavano a trovarlo per ricordare le sue gesta di piccolo eroe esemplare del calcio. «A San Siro, in coppa Italia contro il Milan: dovevo marcare Bigon, ma a un certo punto sulla fascia mi inventai un disimpegno di tacco e per cinque minuti tutto lo stadio mi ha applaudito. .. Mi vengono ancora i brividi se ci ripenso. Ma finiva quasi sempre così, ovunque giocavo. Contro il Genoa i giornali scrissero che avevo “ridicolizzato Pruzzo” e quella settimana mi spedirono decine di lettere per farmi i complimenti. Anastasi all’andata a Varese mi fece penare, poiperò al ritorno gli avevo preso le misure e non vide neppure l’ombra del pallone». Amatissimo da tutta Novara e omaggiato anche dai tifo -si avversari che qualche volta però non gli risparmiavano gli immancabili sfottò. «”Testa pelata”, “Nonno ritirati”, mi gridavano i più accaniti – dice ridendo – … Una volta a Taranto scendo dal pullman per entrare negli spogliatoi e uno mi fa: “Ma lei non è Udovicich, quello che giocava con il Novara una quindicina di anni fa? Lo fulmino con lo sguardo e gli faccio, guarda stupidone che io gioco anche oggi». Sorride anche Maria Rosa, con cui Nini si diverte a recitare in stile Sandra e Raimondo. «Espulsioni? Un paio in tutto» dice Udovicich, subito corretto dalla “statistica” Maria Rosa: «Ma dai Nini, molte di più…». Qualunque sia il numero esatto dei cartellini rossi e delle presenze effettive, è ancora lui la bandiera e il pezzo raro del Novara. L’ex ragazzo di Fiume che per i tifosi ha un posto d’onore, quanto Piola. «La prima cosa che Piola mi disse quando cominciai a giocare fu: “Non esaltarti mai troppo quando le cose vanno bene, così come non ti devi abbattere se ti girerà tutto contro”. È questo anche il messaggio che vorrei mandare ai miei cari ragazzi del Novara
che stanno andando incontro alla storia». Nini si alza e tenero, abbracciato a Maria Rosa, così ci saluta. Mentre se ne va, riecheggia per le stanze di Novarello quel verso così vero del poeta Fernando Acitelli, dedicato allo svettante Udovicich: «Mi alzavo. Era di Fiume! Oh, che gusto mi dava saperlo eroe e non divo».
Giovanni Udovicich
La bandiera novarese scoperto da don Mercoli – E’ stato don Aldo Mercoli a far scoprire al Novara il talento di origine istriana, Giovanni Udovicich. Nato a Fiume nel 1940, nella sua carriera ha avuto solo una maglia, quella del Novara, diventandone la “bandiera” dalla stagione 1955-56, anno in cui con la squadra “Ragazzi” vinse il campionato Csi. Ha debuttato in B nel ’58 e alternando campionati cadetti e in C ha chiuso nel 1976. Incerto il computo delle presenze, 516 o 517 ma il “Nini” è convinto che siano «520 e 6 i gol segnati con la maglia del mio amato Novara».
(courtesy MLH)