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Udovicich: l’uomo raro del Novara (Avvenire 26 lug)

Massimiliano Castellani

 

Lo svettante “Nini”, negli anni ’60-70 è stato una figurina Panini rara  quanto Pizzaballa:  «Sarà dura battere il mio record: “520” gare con la maglia del Novara»

 

Per celebrare lo storico ritorno in Serie A del Novara, dopo 55 an­ni d’attesa, potevamo partire rispolverando il mito indelebile di Sil­vio Piola, al quale è intitolato lo sta­dio con il primo campo in erba sin­tetica nella massima serie (ora c’è an­che quello di Cesena). Oppure potevamo rivedere il film del­la promozione dei ragazzi di «quel gran signore dell’Attilio Tesser», come dice Maria Rosa, la mamma di Silene la giovane chef di Novarello: il cen­tro sportivo all’avanguardia e stile british creato dai patron De Salvo. L’uomo con cui invece vogliamo ri­percorrere la storia ultrasecolare del Novara Calcio (nato lo stesso anno dell’Inter, 1908), ritornato tra le gran­di del calcio, è il «gigante dello svet­tare lucente» Giovanni Udovicich detto “Nini”. La bandiera, la pelata più famosa delle figurine Panini de­gli anni ’60 e 70, una rarità per i col­lezionisti, pari a quella di Pizzaballa. «Con Pizzaballa abbiamo fatto il mi­litare insieme…», attacca Udovicich, nato a Fiume nel 1940 e arrivato a Novara all’età di sei anni, con la sua fa­miglia, insieme ai quasi duemila pro­fughi sfollati dall’Istria. «Di là non ci volevano e quando, dopo tanti anni, sono tornato a Fiume, mi urlavano ancora “italiano fascista”… Di qua, appena arrivati ci misero nella ca­serma Perrone e fuori dai cancelli sentivo genitori che quando i figli fa­cevano storie li minacciavano: “Smettila o ti mando a mangiare lì dentro dai profughi”». Sottili, ma do­lorose discriminazioni, durate fino a quando gli ex profughi istriani di­ventarono novaresi a tutti gli effetti, andando ad abitare le case del Vil­laggio Dalmazia. «È lì che sono cre­sciuto e il calcio era la mia grande passione, dalla mattina alla sera. U-

na domenica d’inverno, un amico più grande che aveva la Moto Guzzi mi portò a vedere il Grande Torino gio­care contro la Triestina. Quando ar­rivai al Filadelfia ero stecchito dal ge­lo… Mi sciolsi in un lampo alle giocate del fiumano Loik e soprattutto a quel­le del gran campione, Valentino Maz­zola. Quel giorno sognai: un giorno vorrei fare il calciatore di professio­ne. E la possibilità di coltivare il mio sogno me la diede quel sant’uomo di don Aldo Mercoli (vicedirettore del Seminario) che andava raccogliendo tutti i giovani degli oratori per farli partecipare al suo “Torneo dei Ra­gazzi”» . In mezzo a una bagarre di ol­tre cinquanta squadre, il Novara vide svettare tra tutti, quel ragazzone che a quindici anni già superava il metro e ottanta d’altezza. Tre anni dopo, il debutto in Serie B contro il Bari. «Ma come centravanti e non da stopper», interviene la signora Maria Rosa, mo­glie e almanacco vivente a supporto del suo Nini con il quale «nel 2017» festeggerà le nozze d’oro. «Ah il 17, che brutto numero. Non mi è mai piaciuto. Mai entrato in campo o u-scito di casa senza farmi il segno del­la croce, ma sono sempre stato anche un po’ superstizioso, avevo i miei ri­ti scaramantici. Così quando dicono che ho fatto 517 presenze con il No­vara, io preferisco eliminare il 17 e di­re che sono 520». Tutte gare disputa­te con la stessa maglia e quel nume­ro “5” stampato sulla schiena e nel­l’anima, dal lontano 18 maggio 1958 (giorno di Catania-Novara). «Adesso quel numero di maglia lo porta Ludi, ma io per caratteristiche mi sento più affine a Lisuzzo». I due ragazzi che formano la coppia centrale difensiva del Novara, pronta per il debutto in A. Quella categoria che per lui è ri­masta sempre un miraggio. «Ad ogni inizio stagione quando a-vevo già firmato, venivo puntual­mente a sapere che mi avevano cer­cato l’Atalanta, il Genoa, il Bologna, la Roma e la Lazio. Ma intanto rimanevo lì. Però oggi penso che sia stato giusto così, questa città è la mia vita. Qui sono nati i miei figli Diego e Lu­ca e i miei nipotini Nicolas e Edoar­do. Però, che peccato, non avere mai avuto quell’ opportunità… – smanaccia Udovicich-. Forse Tesser penserà che sono un pazzo, ma vorrei tanto chiedergli di farmi giocare un minu­to soltanto. Giusto per dire: ho fatto una presenza in in A». Lo dice riden­do il Nini, ma anche con un velo di nostalgia dietro quegli occhi azzurri come la maglia del suo amato Nova­ra, specie quando ripensa alla pro­mozione in A sfumata nel ’76, per quel “pasticciaccio di Catanzaro”. Poi un menisco rotto gli fece appendere le scarpe al chiodo e prendere al vo­lo un impiego alla Banca Popolare di Novara, dove i tifosi andavano a tro­varlo per ricordare le sue gesta di pic­colo eroe esemplare del calcio. «A San Siro, in coppa Italia contro il Milan: dovevo marcare Bigon, ma a un certo punto sulla fascia mi inven­tai un disimpegno di tacco e per cin­que minuti tutto lo stadio mi ha ap­plaudito. .. Mi vengono ancora i bri­vidi se ci ripenso. Ma finiva quasi sempre così, ovunque giocavo. Con­tro il Genoa i giornali scrissero che avevo “ridicolizzato Pruzzo” e quella settimana mi spedirono decine di let­tere per farmi i complimenti. Anastasi all’andata a Varese mi fece pe­nare, poiperò al ritorno gli avevo pre­so le misure e non vide neppure l’om­bra del pallone». Amatissimo da tut­ta Novara e omaggiato anche dai tifo -si avversari che qualche volta però non gli risparmiavano gli immanca­bili sfottò. «”Testa pelata”, “Nonno ri­tirati”, mi gridavano i più accaniti – di­ce ridendo – … Una volta a Taranto scendo dal pullman per entrare ne­gli spogliatoi e uno mi fa: “Ma lei non è Udovicich, quello che giocava con il Novara una quindicina di anni fa? Lo fulmino con lo sguardo e gli fac­cio, guarda stupidone che io gioco anche oggi». Sorride anche Maria Rosa, con cui Nini si diverte a recitare in stile Sandra e Raimondo. «Espulsio­ni? Un paio in tutto» dice Udovicich, subito corretto dalla “statistica” Ma­ria Rosa: «Ma dai Nini, molte di più…». Qualunque sia il numero esatto dei cartellini rossi e delle pre­senze effettive, è ancora lui la ban­diera e il pezzo raro del Novara. L’ex ragazzo di Fiume che per i tifosi ha un posto d’onore, quanto Piola. «La pri­ma cosa che Piola mi disse quando cominciai a giocare fu: “Non esaltar­ti mai troppo quando le cose vanno bene, così come non ti devi abbatte­re se ti girerà tutto contro”. È questo anche il messaggio che vorrei man­dare ai miei cari ragazzi del Novara

che stanno andando incontro alla storia». Nini si alza e tenero, abbrac­ciato a Maria Rosa, così ci saluta. Mentre se ne va, riecheggia per le stanze di Novarello quel verso così vero del poeta Fernando Acitelli, de­dicato allo svettante Udovicich: «Mi alzavo. Era di Fiume! Oh, che gusto mi dava saperlo eroe e non divo».

 

 

Giovanni Udovicich

La bandiera novarese scoperto da don Mercoli – E’ stato don Aldo Mercoli a far scoprire al Novara il talento di origine istriana, Giovanni Udovicich. Nato a Fiume nel 1940, nella sua carriera ha avuto solo una maglia, quella del Novara, diventandone la “bandiera” dalla stagione 1955-56, anno in cui con la squadra “Ragazzi” vinse il campionato Csi. Ha debuttato in B nel ’58 e alternando campionati cadetti e in C ha chiuso nel 1976. Incerto il computo delle presenze, 516 o 517 ma il “Nini” è convinto che siano «520 e 6 i gol segnati con la maglia del mio amato Novara».

 

(courtesy MLH)

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