Il Giubileo è il rito con cui la Chiesa celebra il perdono e, attraverso la remissione dei peccati, estingue torti e colpe. Secondo la tradizione, quello «ordinario» dovrebbe essere proclamato ogni cinquant`anni e fa effetto pensare che ce ne siano voluti di più (oltre 65) perché tra Italia e Croazia si pronunciassero comuni parole di rimorso su quanto di sanguinoso, di intollerante e di ingiusto ha opposto nel Novecento la gente di queste sponde all`estremo nord dell`Adriatico. E successo sabato sera all`arena di Pola, quando i presidenti dei due Paesi hanno detto, con laica semplicità, davanti a seimila persone: «Ci perdoniamo reciprocamente il male che ci siamo fatti».
Una dichiarazione con la quale Giorgio Napolitano e Ivo Josipovic hanno voluto testimoniare, «in nome dei nostri Stati e dei nostri popoli», la volontà di far prevalere «il tanto che ci unisce su quello che ci ha dolorosamente diviso in un tormentato periodo storico segnato da guerre tra Stati ed etnie». Un impegno che, per essere giudicato credibile, ha richiesto una premessa senza ambiguità. Cioè l`ammissione delle violenze compiute dal fascismo italiano, «che perseguitò le minoranze e si avventò con le armi contro i vicini croati». E, contestualmente, il riconoscimento della «folle vendetta delle autorità postbelliche della ex Jugoslavia», vale a dire la tragedia delle foibe cui è seguito l`esodo dei nostri istriano-dalmati. «La pagina è voltata, il passato non ci divide più»: così si sono salutati i capi di Stato, sapendo comunque che non è facile trasformare di colpo «una storia molto pesante in una convivenza di grande rispetto dentro l`Unione Europea», dove la Croazia sarà accolta dal prossimo 1° gennaio. Le due comunità sono rimaste troppo a lungo prigioniere di strumentalizzazioni e risentimenti, di un`opposta contabilità di vittime e di un contenzioso (come quello sui beni degli esuli) che il lavoro sovversivo della memoria a intermittenza riacutizzava. Ma se è vero che, come ha scritto Karl Kraus, «una verità sul male, se è detta male, irrobustisce il male», stavolta a Pola si sono almeno sentite parole dette bene.
Marzio Breda
(courtesy MLH)