Sebbene nel 2002 un alto funzionario del Ministero degli Affari Esteri croato avesse preteso dal responsabile di un’amministrazione che nelle analisi diplomatiche non si usasse il termine esuli (esiliati), perché ciò avrebbe implicato che essi erano stati espulsi dal territorio dell’odierna Croazia, dall’Uffico del Presidente della Repubblica Croata, alla vigilia dell’incontro dei due Presidenti a Pola, è stato inviato a tutte le redazioni (dei giornali: n.d.t.) un comunicato del seguente tenore : “ I Presidenti Napolitano e Josipovic s’incontreranno coi rappresentanti degli esuli “. Nel comunicato di Josipovic non figurava, accanto al concetto esuli, alcuna traduzione né spiegazione che lo chiarisse, il che significa che egli ritiene trattarsi di termine universalmente noto e diventato familiare in pubblico.
Già nove anni fa, il predetto diplomatico esigeva che, al posto del termine esule, si impiegasse eventualmente quello di profugo. Possibile anche il termine optante, aveva suggerito, e si sarebbe potuto prendere in considerazione pure la formulazione di “ Italiano che ha lasciato la RFSJ”. E, dunque, tutto è ammesso all’infuori di quell’ “odioso” concetto di esuli, ricorrendo al quale avremmo riconosciuto che essi sono stati perseguitati. Il diplomatico di elevato rango giustificò la richiesta col fatto che i documenti del Ministero degli Affari Esteri, in cui si argomentava di esuli, erano destinati ad alte cariche dello Stato, quali l’Ufficio del Presidente della Repubblica ed il Gabinetto del Premier Croato.
Con siffatti “interventi” igienico-terminologici, il Ministero degli Affari Esteri riusciva non molto tempo fa a proteggere il “Pantovcak” ( residenza del Presidente : n.d.t.) dagli esuli ed oggi , da quella medesima sede, senza aggravio e complesso alcuno, giunge comunicazione ai giornalisti nella quale “esuli” configura parola normalissima che, non solo non possiede una connotazione dal valore ideologico, ma che non necessita di una benché elementare traduzione.
Per di più, tutti i media hanno interpretato la dichiarazione comune dei due presidenti a Pola come un poderoso passo avanti, che ha orientato la Croazia e l’Italia a parlare lo stesso linguaggio sul passato. E’ occorso sostanzialmente un decennio perché gli esuli, in Croazia, si trasformassero alfine da concetto vietato in vittime riconosciute di un totalitarismo.
Senol Selimovic
(courtesy MLH)