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Italiani nel mondo, convegno a Capodistria (Il Piccolo 15 dic)

La Comunità degli Italiani “Santorio Santorio” ha ospitato, martedì, la serata “Italiani nel mondo – l’emigrazione tra storia e musica”, organizzata con il patrocinio del Consolato Generale d’Italia a Capodistria nell’ambito del progetto MEI nel mondo (Museo Nazionale Emigrazione Italiana). La Comunità Italiana in Istria è autoctona, ma in un certo modo è toccata dall’emigrazione in senso contrario, come ha rilevato Silvio Forza, direttore dell’EDIT di Fiume, citando le parole di Maurizio Tremul, presidente della Giunta Esecutiva dell’Unione Italiana, pronunciate alcuni anni fa all’incontro con una delegazione del governo italiano, “qui non siamo emigrati noi, ma è emigrata l’Italia”.

 

Oltrepassando gli stereotipi che inquadrano gli Italiani nel mondo come mafiosi, fannulloni, buffoni e amanti della pasta, Forza ha attribuito loro importanti peculiarità, “grande operosità e fantasia, nonché un enorme contribuito allo sviluppo del nuovo territorio in cui sono andati a insediarsi”. Ha tracciato poi un parallelo tra la nostra Comunità e quelle italiane createsi lontano dalla Madrepatria. “Tra le cose in comune vi sono la volontà basilare di mantenere la lingua e di continuare a pensare e sognare in italiano. Come noi abbiamo la nostra radio, la televisione e i nostri giornali, anche nel mondo dell’emigrazione si portano avanti attività simili, con in primis un fiorire di testate, proprio in funzione del mantenimento dell’identità”. Esistono naturalmente pure differenze fondamentali, così Forza, per le quali le comunità degli emigrati non godono dei contributi da parte degli Stati di nuova residenza. “Diverso anche l’impatto causato dalle partenze, sulle terre d’origine”, ha proseguito il direttore dell’EDIT.

 

“In Italia si sono avuti alcuni scossoni demografici nei luoghi abbandonati, invece qui, l’andarsene via dall’Istria, specialmente dopo la Seconda guerra mondiale, ha causato uno sconvolgimento etnico”. L’incontro è stato caratterizzato dalla musica, con l’intervento d’apertura di Dario Marušić, che ha proposto “Senti el martelo che bate le ore”, e quello successivo di Rudi Bučar accompagnato dallo stesso Marušić al violino, con il registro più ritmato e meno struggente di “Mamma mia dammi cento lire” e “Isolano” (per chi non lo conosce, pezzo in cui si trova, anche se scherzosamente, la tematica del sogno americano). Il pubblico ha potuto seguire il breve documentario, concesso dall’archivio del MEI, in cui il regista Carlo Lizzani parla delle testimonianze dell’emigrazione nel cinema italiano. In esso ricorda pellicole importanti, come quelle della seconda metà degli anni Quaranta, “Il cammino della speranza” di Pietro Germi, “Roma città aperta” di Roberto Rossellini, “Sciuscià” di Vittorio De Sica, oppure “Mafioso” di Alberto Lattuada e “La ragazza in vetrina” di Luciano Emmer degli anni Sessanta, dove viene inquadrata la figura dell’emigrante.

 

Non dimentica nemmeno quelli successivi, in cui la tematica principale è l’emigrante che porta a conflitti nella nuova terra, a causa dei profondi problemi d’inserimento e integrazione, di qui ad esempio “Pane e cioccolata” di Franco Brusati (1974) o il più recente (2006) “Nuovomondo” di Emanuele Crialese, dove ancora una volta l’accento è posto sul momento dell’accoglienza, difficile e sentito, quasi scontro frontale tra lo straniero che arriva e la popolazione locale. L’epilogo della serata ancora in musica con la versione ristretta del gruppo capodistriano “Calegaria”, ribattezzato scherzosamente “CalegaTrio”, che ha proposto “Io parto per l’America” e “‘Merica ‘Merica”. Prima di loro, ancora una volta Marušić con la sua chitarra acustica, ha intonato il testo molto triste di “1947” scritto da Sergio Endrigo, il cui ritornello “come vorrei essere un albero che sa dove nasce e dove morirà”, sintetizza l’essenza del cruccio, dato dalla volontà o dalla necessità, di emigrare – che già in apertura Silvio Forza aveva a sua volta descritto “restare è un po’ come andar via”, riferendosi ai dolori arrecati alle nostre terre dall’esodo.

 

“Il Piccolo” 15 dicembre 2011

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