La storia risale al 1946, ma riemerge soltanto adesso da alcune carte segretissime che il ricercatore Mario J Cereghino ha ritrovato negli Archivi nazionali statunitensi di College Park nel Maryland. Racconta di come l’attrice nata a Pola veniva ritratta dai servizi segreti americani, che si basavano su informazioni ricevute direttamente dai Carabinieri e dalla Questura di Roma, come una spia dei fascisti. Pagata dai nazisti, collaboratrice di loschi personaggi come Giuseppe Bernasconi, Antonio Agostini, del torturatore Pietro Koch. Non basta. Si diceva anche che fosse stata l’amante di Bruno Mussolini. E che dopo la morte del figlio del Duce, avvenuta a Pisa nel 1941 in un incidente aereo, per allontanare l’idea del suicidio si era messa a bere e a sniffare cocaina. Insomma, la “fidanzata degli italiani”, la diva di “Ma l’amor mio non muore…”, “Mille lire al mese”, “Ore 9 lezione di chimica”, la nuova Greta Garbo, usciva a pezzi da quelle note informative. Tanto che il 19 febbraio del 1946 gli agenti dell’intelligence americana raccomandavano con grande convinzione che all’attrice italiana fosse «negato il visto di entrata negli Usa».
Per essere ancora più convincenti aggiungevano ulteriori informazioni, raccolte da «documenti della Questura di Roma e del commissariato di Ps del quartiere Flaminio (Roma)», che ritenevano sicure. Quelle fonti («molteplici, le quali sono da considerare attendibili e, in apparenza, non motivate da pregiudizi e da rancori») parlavano di Alida Maria Laura Altenburger von Markenstein Feuenberg, questo il suo vero nome, come di un «Soggetto che aveva effettive convinzioni nazifasciste». Che si era venduta non solo per soldi, ma soprattutto «per la promozione della sua carriera cinematografica». C’era, poi, il capitolo delle frequentazioni di Alida Valli delle cosiddette bande nazifasciste. Ovvero, le squadre speciali di polizia, che agirono tra l’autunno del 1943 e l’aprile del 1945 agli ordini dell’intelligence tedesca e di quella della Repubblica sociale italiana. Con compiti di controspionaggio ai danni della Resistenza. A queste proposito, le note segrete dei servizi americani spiegano: «Secondo un organigramma compilato dalla “Squadra speciale di polizia” del ministero dell’Interno della Rsi, in possesso di questo Ufficio, una certa Alida Valli era una confidente di Giuseppe Bernasconi, il capo della squadra. Questo gruppo si dedicava allo spionaggio, al controspionaggio ai danni degli antifascisti e dei comunisti e operava anche contro gli Ebrei». Da Bernasconi, secondo le informazioni arrivate fino in America, Alida Valli «si dice che ricevesse 15.000 lire al mese come compenso per i servizi resi (l’interrogatorio di Bisogno Ernesto, condotto dal Combines Service Detailed Interrogation Centre – Csdic – indica che il Soggetto era in contatto con Bernasconi). Si dice, inoltre, che il Soggetto riscuotesse grosse somme di denaro dai tedeschi». Il Soggetto, ovviamente, era Alida Valli.
E per gli agenti americani non c’era dubbio che fosse un personaggio da tenere alla larga dal suolo degli States. Anche se, a dire il vero, una prima nota informativa gettava inquietanti ombre sull’attendibilità delle informazioni ricevute. Il documento, infatti, recita così: «Si è riscontrato, ad un certo punto, una qualche confusione in merito al caso. Il Soggetto, infatti, era stato erroneamente identificato con un’altra donna che le somigliava molto, a Bergamo, e che doveva essere paracadutata nell’Italia liberata (nel 1944-’45). Al contrario, all’epoca. il Soggetto si trovava a Roma in stato interessante. L’errore era stato accertato (nel periodo in cui il Cic aveva raccomandato di negare al Soggetto il visto di entrata negli Usa, l’informazione inesatta era già stata scartata)». E conclude: «Non siamo in possesso di informazioni secondo le quali il Soggetto avrebbe collaborato con l’Office of Strategic Services (Oss) sotto qualsiasi forma». Passano dieci mesi. David O. Selznick, il potentissimo produttore di “Via col vento”, “Notorius”, “Addio alle armi”, non si rassegna a perdere un’attrice come Alida Valli. Ha già in mente di farla recitare nel film “Il caso Paradine”, di cui è pure sceneggiatore. Anche se Alfred Hitchcock non è per niente convinto di affidare il ruolo della protagonista alla diva italiana. Prova ne sia che il mago del brivido confesserà a François Truffaut, che lo intervisterà a lungo molti anni dopo per il libro “Il cinema secondo Hitchcock”: «Sfortunatamente Selznick aveva ingaggiato Alida Valli, che credeva sarebbe diventata una seconda Ingrid Bergman, e anche Louis Jourdan; così sono stato costretto a utilizzarli. Tutto questo ha reso notevolmente insipida la storia».
A quel punto, si muove il console americano a Roma, J.F. Huddlestone, che chiede un supplemento d’indagine al capitano Philip J. Corso. Questa volta a raccogliere le informazioni sarà l’agente speciale George A. Zappalà. Quest’ultimo, grazie agli sforzi «scrupolosi e tenaci messi in capo dall’avvocato del Soggetto – il signor B. Meredith Lanhstaff, legale rappresentante degli interessi del produttore Selznick», si accorge che «tutte le fonti informative utilizzate in precedenza» andavano «nuovamente verificate, in maniera accurata». E assumendosi il compito di svolgere in prima persona l’indagine, smantella pezzo dopo pezzo il castello delle accuse. L’attrice, scrive nelle note segrete, non è mai stata iscritta al Partito fascista della Repubblica di Salò «L’unica tessera ottenuta dalla Valli era quella della Federazione dello Spettacolo». La storia del rapporto d’amore con Bruno Mussolini «era solo una delle tante voci che circolavano sul Soggetto». E le presunte collaborazioni con le bande nazifasciste? Frutto soltanto di «voci». Insomma, «dopo un’attenta valutazione dei fatti esposti, il Soggetto non è da considerare una minaccia alla sicurezza». Poteva, quindi, ottenere il visto per entrare negli Stati Uniti. E «onorare il contratto stipulato con il produttore cinematografico David O. Selznick».
Alessandro Mezzena Lona
“Il Piccolo” 5 gennaio 2012