Il messaggio firmato Franco Luxardo è secco: Sulle Ali del Leone – in barca a vela sulle rotte della Serenissima. Presentazione 10 novembre, ore 16,3.Visionario, Udine, con la partecipazione del chitarrista Francesco Boldini. Segnala così l’uscita di un altro libro sulla Dalmazia. E non c’è bisogno di altre parole, la soddisfazione è autentica, nel 2006/2007 sono usciti una quarantina di titoli a conferma che l’argomento è lungi dall’essere stato esaurito e che continua a stimolare l’estro e la fantasia di chi scrive. Esploriamo il volume partendo dall’autore.
Maurizio Crema, nato a Verona, vive a Venezia. Giornalista professionista de Il Gazzettino, collabora con D Donna Repubblica, Diario e la rivista East. Ha all'attivo reportage dai Balcani, India, Cina, Sud America. Con Ediciclo ha già pubblicato “Viaggio ai confini dell’Occidente. In moto sulle strade dell’Albania” (2005).
Ed ora esce con un nuovo volume che racconta un viaggio in barca vela da Venezia a Corfù, “spinti dal vento, su una barca in legno d’antan, per rintracciare le orme della Serenissima. Un viaggio che riunisce avventura e storia, passione e poesia” – dice l’autore.
A bordo di una barca a vela un po’ scassata ma tenace, un gruppo di avventurieri e un giornalista, inseguono le orme della Serenissima lungo una rotta antica, percorsa un tempo dalle galee, da Venezia a Corfù passando per Croazia, Montenegro e Albania.
Cercano la storia, ma soprattutto loro stessi, antenne e testimoni, viaggiatori e curiosi. In balia del vento e della vita che scorre.
Il viaggio diventa un tuffo nella storia che descrivono sul sito www.sullealidelleone.it.
Mercanti ancor prima di Venezia
Allora, intorno al 500 dopo Cristo, la città serenissima era nemmeno un'idea. Ma già i marinai che percorrevano con piccole barche dal fondo piatto le acque lente e basse delle lagune dell'alto Adriatico – nome che arriva da un altro porto dominante ai tempi dei romani, Adria – avevano deciso che non sarebbe bastata la pesca a far diventare grandi quel grappolo di isole appena protette dal mare dalle lingue di terra dei lidi. Serviva una merce più preziosa per superare la sopravvivenza e costruire una qualche gloria.
Scelsero il sale, il sapore di tutti gli alimenti, la materia prima per conservarli. Costruirono le prime fabbriche, fecero concorrenza a Ravenna, risalirono i corsi del Po e dell'Adige per esportarlo nelle città e nei villaggi del "continente". Mercanti furono quindi fin dall'inizio i veneziani, e grandi viaggiatori lo diventarono ben presto per seguire quello spirito di curiosità e d'avventura che forse era nel loro Dna fin dall'inizio. Rivoalto, il futuro Rialto, e gli altri piccoli villaggi su palafitte che costellavano la laguna erano sotto la giurisdizione di Costantinopoli, la seconda Roma, l'erede diretta dell'impero che aveva dominato il mondo per mille anni ed era stato inghiottito dalle invasioni degli stranieri, e, soprattutto, dall'implosione di un Impero che non aveva più cittadini ma solo clientes, che non aveva più orgoglio ma solo istinto di sopravvivenza. Bisanzio, Costantinopoli, oggi Istanbul, stava in un altro incrocio magico e cruciale tra due mari – l'Egeo e il Nero – a due passi da un'altra città che ha fatto storia: Troia.
Costantinopoli fu il modello, l'ambizione, il destino che portò Venezia a conquistarla nel 1204, cinque secoli dopo la sua fondazione. Ma prima, all'inizio della sua storia, questo spicchio d'Italia sospeso sull'acqua era solo un'oscura provincia occidentale già mezza dimenticata, simulacro della regione romana Decima, la Venetia et Histria. La futura Dominante era ben poca cosa, le case erano "come uccelli acquatici, ora sul mare, ora sulla terra" con le barche "attaccate ai muri a guisa di animali" scriveva il segretario del re goto Teodorico Cassiodoro, il primo che scrisse fondando il mito di Venezia… Venezia iniziò quindi a modellare quei confini che per secoli furono anche suoi con mura, bastioni, chiese, palazzi. Gli stessi che costellano come perle la corona delle sue antiche rotte tra l'Adriatico e il Levante: Pirano, Parenzo, Pola, Lussino, Zara, Sebenico, Spalato, e più giù, nell'attuale Montenegro, Cattaro, Budua, Antivari, e poi fu Albania: Scutari, Durazzo, Valona, Butrinto. Infine Grecia, il Levante Veneto: Corfù, Cefalonia, Itaca, Patrasso, Modone, Corone, Creta, Cipro. Isole e coste che portano tracce e vestigia di quell'antica conoscenza e ancora nella memoria hanno riconoscenza per gli antichi rapporti, legami strettissimi con quella che era la loro porta verso l'Occidente.
Ecco, noi, con una stagionata barca di legno filante vogliamo riaprire quella porta e spalancare a questa gente e a questi paesi l'Europa che gli è stata negata per decenni. Viaggiando sulle ali del leone che ancora campeggia su quei porti e quelle fortezze.
Una barca storica, un viaggio antico…
Una barca storica, un viaggio antico che tocca nazioni nuove con un unico punto in comune il mare. Anzi, due: l’altro è Venezia. Ed è proprio sulle rotte della Serenissima che si allungavano dall’Istria fino a Corfù toccando Dalmazia, Montenegro e Albania che si è snodato il viaggio di 1300 miglia su un vecchio ketch, barca a vela a due alberi, del progetto Sulle Ali del Leone che ora diventa anche un libro.
«Venezia per me è sempre stata la porta tra Oriente e Occidente, il fulcro di tante rotte e altrettanti intrecci culturali, un miracolo d’equilibrio e concretezza – spiega l’ideatore del progetto Maurizio Crema – e credo che oggi stia tornando a essere un punto di riferimento per le genti che s’affacciano su questo mare che un tempo era chiamato non a caso golfo di Venezia e che nel ’900 invece è diventato un muro».
Sulle Ali del Leone è stata l’occasione per riaprire questo antico ponte grazie al più antico mezzo di comunicazione veneziano, la barca, e con l’arte più impalpabile e affascinante che esista, la musica. Sul Brancaleon, il ketch di quest’impresa sul filo della Storia, infatti è stato imbarcato anche un gruppo musicale, le Galere di Fiandra e di Siria.
Andar per mare in musica
Veneziani innamorati della cultura del Mediterraneo che, dopo i due concerti a Corfù (in Grecia), hanno deciso di affrontare la frontiera più enigmatica dell’Adriatico, quella albanese. «È stata un’avventura nell’avventura, salpare in nove e un contrabbasso per esplorare una delle coste più belle e inviolate del mediterraneo – spiega Crema – i due concerti che sono stati fatti a Himarè e a Scutari, grazie all’appoggio dell’amico Andi Tepelena e della fondazione di Tirana Eds, sono stati una festa di gente e si suoni. Ma la parte più bella è stato arrivare in porti come Saranda o Shengjni, dove una barca a vela non l’avevano mai vista o quasi». Doganieri e poliziotti si sono esercitati nell’arte di rendere complicate le cose semplici, ma la burocrazia, soprattutto quella post comunista e spiazzata, non ammette deroghe.
Soddisfatti timbri e cautele, i brancaleonici sono potuti sbarcare per visitare Butrinto, la perla dell’Albania, la città antica che sta nel Sud ai confini con la Grecia, e poi, dopo altre 60 miglia di navigazione e aver sfiorato la fortezza di Alì Pascià Tepelena di Porto Palermo, l’avventura è diventata on the road. Tutti in auto verso Scutari, nel nord del Paese delle Aquile.
Incidenti meccanici e avventure amichevoli hanno costellato questo viaggio durato 35 giorni, dal 10 luglio al 16 agosto, troppe per inquadrarle in un articolo, ma non in un sito (www.sullealidelleone.it).
Raccontare tutto quello che si è vissuto in quel mese e mezzo di navigazione è difficile, perché è un mondo vecchio e nuovo che si sta riaprendo, un mondo da vivere in pieno soprattutto grazie alla barca a vela. (rtg)