Questa vicenda nasce sulle coste della Dalmazia e ricomincia — quando tutto era perduto — a Torreglia, in provincia di Padova. Odora di marasche, varietà di amarene da cui dal 1821 la famiglia Luxardo ricava un liquore noto in tutto il mondo, il maraschino, ingrediente principale per cocktail internazionali come il Singapore Sling. Ma porta con sé anche l’odore del sangue versato, dopo la distruzione della distilleria sotto i bombardamenti anglo- americani, dai fratelli Pietro e Nicolò Luxardo, scomparsi quando Tito occupò Zara, per sette secoli parte della Serenissima, poi capitale del Regno di Dalmazia sotto l’impero austro- ungarico. Per dieci anni la famiglia non seppe niente di loro, annegati dai partigiani. E non ne ha mai riavuto i corpi. «L’unico superstite tra i tre fratelli, Giorgio, che era in congedo militare a Bologna, ricominciò tutto daccapo insieme al figlio Nicolò, oggi 84enne, con un nuovo stabilimento a Torreglia», ricorda Piero Luxardo, presidente e membro della sesta generazione dell’impresa familiare.
Imprenditore o umanista? Piero Luxardo è indissolubilmente e costruttivamente l’uno e l’altro. Fino a pochi mesi fa docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università di Padova, ha appena pubblicato con l’allieva Viviana Bertoldo il «Carteggio (1887-1909)» tra Antonio Fogazzaro e la giovane padovana Yole Biaggini Moschini, che ispirò la Jeanne Dessalle di «Piccolo mondo moderno». Ora lavora a una raccolta di saggi sulla narrativa del primo Novecento. E, a suggello della sua duplice natura, è stato nominato presidente del comitato di gestione del premio Campiello, la struttura organizzativa della competizione letteraria di Confindustria Veneto che quest’anno festeggia i 50 anni. Come?
«Con un libro celebrativo — dice il professore Luxardo — e valorizzando le origini veneziane del premio, tanto che abbiamo scelto come presidente di giuria Massimo Cacciari. Vorrei enfatizzare il carattere culturale del premio, un’occasione mondana che è soprattutto un evento letterario». Sarà questa la sua impronta. Quello delle lettere è un antico «vizio» di famiglia. Il padre di Piero ha scritto la storia della dinastia. Molto prima, nel 1919, il comandante Gabriele d’Annunzio annotava su un taccuino il ricordo di una serata con i suoi legionari: «Il sangue di marasca nei bicchieri… la passione delle donne… il ritorno alla caserma… il sangue di Morlacco». Tra di loro c’era Pietro Luxardo. Dopo la presa di Fiume del 2 settembre, il poeta commissionò al suo xilografo un’etichetta con motivo di pugnali e il motto dantesco «Cosa fatta capo ha» per il liquore Sangue Morlacco della ditta Luxardo. Così il Ratafià di marasche, varietà di cherry- brandy, fu ribattezzato in ricordo dell’impresa di Fiume (morlacca era la popolazione dell’entroterra dalmata). E si suggellava l’amicizia tra il poeta abruzzese e la quarta generazione della privilegiata fabbrica Luxardo. Privilegiata, sì. Un appellativo ancora presente nella ragione sociale, a indicare il privilegio concesso nel 1829 dall’imperatore d’Austria per la produzione esclusiva del maraschino per 15 anni.
Azienda internazionale nel suo dna, Luxardo SpA esporta il 60% della produzione in 70 Paesi. Con 44 dipendenti genera un fatturato di 16,4 milioni di euro. Innovazione è la parola chiave introdotta dalla sesta generazione. «Stiamo preparando l’ampliamento dei capannoni produttivi. E i prodotti (Maraschino e Sangue Morlacco, anche sambuche aromatizzate, liquori dolci, grappe, confetture, bagne e prodotti per pasticceria) sono in continua evoluzione», sottolinea il presidente. Ora si attende la settima generazione.
Caterina Ruggi d’Aragona
www.corriere.it 13 marzo 2012