Illuminazione pubblica spenta, telefoni muti, le fontane a secco e gli asili senza bambini. Non è uno scenario del dopo bomba bensì la cruda realtà che sta fagocitando moltissimi Comuni croati ridotti oramai sull’orlo della bancarotta e con le casse irrimediabilmente vuote al punto da non poter pagare i propri addetti. Kutjevo, Saborsko, Hravtska Kostajnica e Slatina sono solo alcuni dei 479 comuni croati (ma prima del 1992 ce n’erano appena 104) alle prese con un enorme deficit di bilancio e il cui destino sembra essere solamente la bancarotta. I problemi si accumulano, le entrate comunali sono sempre inferiori e lo Stato non ha soldi per cercare di risanare quello che ancora può essere risanato.
Prendiamo l’esempio di Saborsko. In cassa non c’è più una kuna. Gli addetti non vengono pagati e, se non avverrà un miracolo, a breve agli uffici municipali verranno tagliati i telefoni e l’erogazione dell’acqua. Il colpo di grazia alle già asfittiche casse municipali lo ha dato la sentenza del tribunale che ha condannato il comune a pagare 132mila euro allo Stato, ossia l’ammontare delle spese illecite effettuate dal suo sindaco per questo motivo condannato a 14 mesi di reclusione. A Hrvatska Kostajnica, per l’ordinaria amministrazione e gestione dei servizi municipali, avrebbero bisogno di 260mila euro e almeno altri 500mila per far funzionare gli asili e la biblioteca. Sono già scattati i primi licenziamenti mentre i pagamenti vengono effettuati con grave ritardo. A Kutjevo avevano previsto in bilancio di avere a disposizione due milioni di euro, si sono ritrovati con un milione scarso. Risultato: i dipendenti non sanno se saranno pagati a fine mese mentre l’illuminazione pubblica in città e in quindici rioni periferici è stata tagliata.
Ma il Comune più inutile della Croazia, a detta di molti, è Saborsko, nella regione di Karlovac, 874 abitanti che detiene tra l’altro il poco onorevole record della più alta percentuale di bilancio destinata alla paga dei dipendenti e alle spese materiali: l’88% del bilancio. Per lo sviluppo, i servizi municipali, ossia per tutto quello per cui un comune è operativo resta solo il 12%. Il settimanale croato Forum ha calcolato, esaminando i bilanci di tutte le aree metropolitane del Paese (127 in tutto quando prima del 1992, anno in cui c’è stata la riforma degli enti locali, aree metropolitane erano solo Zagabria e Spalato) che la metà di esse non riuscirebbe a sopravvivere senza l’iniezione di aiuti dallo Stato che lo scorso anno hanno toccato quota 264 milioni di euro. In Croazia ci sono tante aree metropolitane quante ce ne sono in Gran Bretagna. La burocrazia delle autonomie locali contava nel 1992 28mila unità, oggi si oltrepassa quota 40mila. Un apparato decisamente sovradimensionato che costa allo Stato croato qualcosa come 3 miliardi di euro l’anno.
In questo bailamme economico-burocratico l’unico Comune a ricevere una valutazione negativa dalla magistratura contabile è stato quello di Velika Kopanica, 3750 abitanti nella regione della Posavina (Est) che ha dato i natali all’eminente pedagogo croato Ivan Filipovi„. Il suo sindaco tre anni fa proprio alla vigiglia delle elezioni è stato condannato per falsa testimonianza grazie alla quale un gruppo di suoi amici ha potuto beneficiare di aiuti statali per l’agricoltura. Eppure è stato lo stesso rieletto. Così siede sullo scranno del primo cittadino da oltre dieci anni. Il suo segreto? Semplice: nessun cittadina deve pagare nulla, nessuna tassa, nessun balzello al Comune. Una sorta di zona franca auto-dichiarata, un paradiso fiscale in miniatura, una sorta di terra promessa per gli italiani massacrati dai balzelli del governo Monti.
Mauro Manzin