Quando ogni anno ritorno in Istria, immancabilmente provo e ritrovo emozioni che caratterizzano questa terra, aspra e generosa allo stesso tempo. L’impronta austroungarica e le radici venete sono una costante che si avverte, anzi si rivede in ogni paesino con la piazzetta e la chiesa in pietra bianca istriana e l’inossidabile leone alato, fiera testimonianza dell’antica Serenissima di cui l’Istria è ancora pregna. Queste origini le ritrovi nelle cittadine e soprattutto nelle persone, anziani ma anche giovani, che parlano il dialetto veneto e portano cognomi mutati nell’attuale lingua croata, ma di chiare origini veneziane.
Viaggiare in Istria è facile, i cartelli dei paesini riportano l’antica denominazione italiana, e le puntuali indicazioni della “Strada del vino istriana” permettono di individuare con facilità le cantine e le numerose aziende vinicole: la qualità più tipica e più importante è la malvasia che comprende quasi due terzi di tutte le piantagioni di vite e rappresenta il sinonimo del vino bianco istriano. Ovviamente le malvasie sanno essere differenti tra di loro, cosa che dipende dal territorio e dalle caratteristiche naturali di alcune zone, ad esempio lungo il litorale dove la terra è rossa il vino gode dei benefici di una maggior struttura, mentre la marna sedimentata nell’entroterra istriano conferisce al vino una fragranza più delicata.
Da qualche anno “IQ” (Istrian Quality) è la parola d’ordine: non si tratta soltanto di una bella storia, ma di un articolato sistema di controllo che, grazie all’impegno dell’Associazione dei viticoltori e dei produttori del vino istriani, negli ultimi tre anni ha tracciato una dettagliata procedura di verifica seguendo l’esempio delle più importanti regioni vinicole europee: dapprima nel vigneto, quindi nella cantina fino all’imbottigliamento e alla commercializzazione.
Un esempio per tutti ce lo dà Moreno Coronica ad Umago, uno di quei giovani produttori istriani che ha imboccato la strada dell’alta qualità seguendo le orme dei propri predecessori. Moreno parla una lingua italiana ben farcita di termini veneti e la sua presenza fa trasparire un carattere spigoloso ma schietto come la sua terra: dapprima è un po’ restio ad aprirsi a sconosciuti ma dopo si concede alle domande e alla curiosità dei suoi ospiti con grande simpatia. […] Si capisce immediatamente quanto sia forte l’amore per le sue radici e il suo territorio: questo attaccamento lo deve anche a suo padre, che ancora oggi ricorda quando 40 anni fa andava a caccia con “il signor Galan” e suoi due toseti Alessandro e Giancarlo (sì, il futuro ministro).
[…] Per finire il grande Terano, vino non facile per i più a causa della forte mineralità dei sentori di terra, ma in questo caso fusi in un insieme di grande armonia. Con il suo grande orientamento verso i vitigni autoctoni – la malvasia ed il terano – Moreno Coronica ha dimostrato nella sua semplicità di lavorare sapientemente con le vigne e con il vino.
Continuiamo l’esplorazione istriana percorrendo la strada dell’olio. Da millenni, l’Istria fu contraddistinta dall’ulivo e, risalendo ai tempi dei Greci e dei Romani, ecco una testimonianza di Marco Valerio Marziale (40 – 104 d. C.), scrittore romano di epigrammi di origini spagnole che, magnificando la sua Cordoba, così scrisse: Uncto Corduba laetior Venafro, Histria nec minus absoluta testa. (Cordoba, tu che sei più fertile dell’untuoso Venafro e perfetta quanto l’olio d’Istria). A sottolinearne l’importanza parlano ancora oggi i resti degli antichi oleifici sparsi lungo tutta la costa occidentale istriana, soprattutto sulle isole Brioni, a Barbariga, a Parenzo, ed a Porto Cervera, dove nelle loro immediate vicinanze c’erano delle vere e proprie zone industriali dove venivano prodotte le anfore, l’antico contenitore dell’olio.
Oggi sembra di assistere ai nuovi albori, poiché l’Istria è un paese che desidera fortemente esprimere una volontà di crescita nel prodotto locale e nel turismo enogastronomico, realizzando dei percorsi fortemente legati al territorio: la strada del vino e la strada dell’olio. Un clima mite ed un’eccellente composizione della terra, una vantaggiosa ubicazione geografica e il grande attaccamento alle tradizioni hanno permesso di far riscoprire gli oli istriani che, ottenuti in queste zone contraddistinte da temperature più basse, sono particolarmente aromatici e di bassissima acidità. […]
Il massimo della gastronomia istriana è il tartufo: una festa di profumi e sapori che ben si abbina a tutto i piatti, dolci compresi. Nel novembre 2009, a Levade, vicino Buje è stato trovato il più grande tartufo al mondo: dal peso di 1.310 grammi il magnifico esemplare è stato chiamato “Millennium” ed è entrato nel Guinness dei primati. Il tubero non è stato venduto, ma consumato in Istria come ha voluto il suo talent scout, il signor Giancarlo Zigante che del tartufo ne ha fatto un business, avviando un florido commercio, e realizzando un ristorante, Zigante, appunto, dove è possibile anche acquistare tartufi e prodotti tipici e pernottare.
L’“Istria blu” mette a disposizione un’ampia offerta di piatti a base di frutti di mare, pesce azzurro, crostacei e molluschi. Uno su tutti gli scampi alla buzara, ovvero con un sughetto preparato con soffritto di aglio, prezzemolo, olio d’oliva, vino e con una piccola dose di paprika. Non si può concludere il pasto senza una deliziosa palacinka, nient’altro che crépes ripiene di marmellata (di solito fatta in casa) e ripiegata in quattro. Sono pericolose: una tira l’altra. E se si desidera chiudere con un po’ di spirito, l’esperto consiglia un distillato aromatizzato al Vischio: in Istria la chiamano grappa, ma noi sappiamo che la grappa è solo italiana!
Giulia Marruccelli
www.gazzettagastronomica.it 27 maggio 2012