Sarà la visita del Capo dello Stato Giorgio Napolitano a nobilitare domani la cerimomnia sulla strage di Porzûs, la malga in comune di Faedis dove il 7 febbraio 1945 diciotto partigiani della brigata Osoppo vennero uccisi dai “gappisti” comunisti comandati da Mario Toffanin (“Giacca”) su ordine del IX Corpus sloveno. Quello fu senza dubbio uno degli episodi più gravi e controversi della Resistenza italiana e anche una pagina, nonostante due processi, troppo presto dimenticata e a lungo taciuta da politici e storici. L’arrivo di Giorgio Napolitano, che scoprirà una targa in memoria delle vittime dell’eccidio, dovrebbe mettere la parola “fine” alle polemiche una volta per tutte.
Fu solo grazie alle “esternazioni” del suo predecessore, l’allora presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, se si ritornò a parlare dell’eccidio di Porzûs e di Bosco Romagno, dei drammi della Resistenza al confine orientale, con molti studiosi che si buttarono su quei fatti e sugli archivi che si riaprivano (soprattutto a Lubiana, Belgrado e Mosca) con la volontà di scoprire la verità e ricollocare quegli avvenimenti nel contesto internazionale nel quale maturarono.
I fazzoletti verdi della brigata partigiana Osoppo, che agivano nelle malghe delle valli del Natisone, andavano eliminati perché si opponevano al predominio sloveno sulla Resistenza friulana e soprattutto perché non riconoscevano la giurisdizione di Tito sulle terre che loro consideravano italianissime e che invece si andava profilando per il dopoguerra. Da qui l’ordine ai gappisti che, con la compiacenza del Pci, eseguirono la “sentenza di morte” prima a Porzûs e qualche giorno dopo a Bosco Romagno, a pochi chilometri di distanza dalla malga.
«Il dibattito pubblico e la storiografia hanno continuato ad avallare ricostruzioni parziali quando non ideologicamente viziate – ha scritto Elena Aga-Rossi – Si è voluto ridurre l’eccidio a un episodio di violenza come tanti altri, evitando di inquadrarlo nella particolare situazione del confine orientale, che non può essere ricondotta nei termini di una contrapposizione fascisti/antifascisti: qui emerse nel modo più evidente la contrapposizione tra antifascisti democratici, comunisti e il carattere internazionalista del Pci, che subordinava la liberazione del Paese all’obiettivo dell’instaurazione di un regime socialista».
Con la sua visita a Porzûs – la malga dovrebbe diventare presto monumento nazionale – il presidente Napolitano vorrà ricordare quei fatti per inserirli in una prospettiva di riconciliazione e di superamento dei confini. Insomma la prosecuzione – o la chiusura del cerchio – dello ‘spirito di Trieste’, cioè dell’incontro del 2010 dei tre presidenti di Italia, Slovenia e Croazia con il quale Napolitano ha inteso chiudere le “ferite” del confine orientale che, oltre a Porzûs, hanno al centro, e ancora sanguinanti, le persecuzioni fasciste contro gli sloveni, le foibe e la Risiera di san Sabba. Con un obiettivo: far diventare questi drammi patrimonio collettivo, dell’intera nazione. E con una speranza: che non si ripetano mai più.
Un programma di due giorni fittissimi di impegni. Il Capo dello Stato (che arriverà alle 11 a Udine per partecipare alla proiezione del film “Carnia 1944”) oltre a Porzûs sarà dopo le 16 a Illegio per incontrare 300 ragazzi delle scuole di Tolmezzo e infine concluderà la giornata a Gemona del Friuli per commemorare le vittime del terremoto del 1976. In serata gli sarà conferita la cittadinanza onoraria. L’indomani, mercoledì, è prevista invece una visita al Tempio ai caduti in Russia, a Cargnacco, quindi il presidente Napolitano partirà per Pordenone.
(fonte www.gazzettino.it 28 maggio 2012)