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Vita Nuova “in rosso”: vendite coatte (Il Piccolo 30 mag)

“Vita Nuova” nasce il 10 aprile 1920 primo organo di stampa cattolica di Trieste italiana con il direttore mons. Ugo Mioni. La sua direzione dura poco e viene sostituito da Apollonio (primo laico) fino al 1922, quando passa la mano a mons. Luciano Luciani. Nel 1924 è chiamato don Francesco Drius. Nel 1938 il settimanale va a mons. Edoardo Marzari. E nel febbraio del 1942 a don Giorgio Beari [negli anni Ottanta direttore di “Difesa Adriatica”, essendo nel frattempo tornato allo stato laicale, ndr], al quale tocca registrare il crollo del regime fascista, la «liberazione» di Trieste, «i quaranta giorni di Tito», l’esodo degli Istriani dalle loro terre, gli esordi del Gma. Lo segue nel 1948 mons. Libero Pelaschiar. Don Raffaele Tomizza racconta invece la seconda Redenzione della città: poi seguono mons. Tarcisio Bosso, mons. Giuseppe Dagri e don Furio Gauss. Nel dicembre 1977 c’è il passaggio della direzione di Vita Nuova da don Gauss a mons. Eugenio Ravignani. E poi a don Silvano Latin. Nel settembre 1997, assume la guida Massimo Gnezda e nel dicembre del 2000 Fabiana Martini. Direttore attuale è Stefano Fontana.

 

Il settimanale diocesano ha i conti in rosso e il vescovo impone ai parroci le vendite coatte del giornale. Suscita stupore all’interno della comunità cattolica triestina la mossa dell’arcivescovo Giampaolo Crepaldi. Anche perché molti sacerdoti non condividono la linea editoriale di Vita Nuova, spostata a destra e spesso filo-berlusconiana, si dice senza troppi giri di parole negli ambienti. I preti dicono no e intendono opporsi al diktat, dal momento che la chiara indicazione della Curia è invitare i fedeli ad acquistare la rivista. Un suggerimento da inserire da qui in avanti tra gli avvisi che solitamente si danno a fine messa.

 

La richiesta è contenuta in una lettera di Crepaldi recapitata alle parrocchie e datata 11 maggio. «Vengo a dare attuazione a una decisione presa nell’ultimo incontro dei parroci tenutosi in Seminario il 1 marzo – premette il vescovo – tra gli altri argomenti avevo fornito qualche dato consolante circa le vendite del settimanale, che svolge un prezioso servizio di informazione e formazione. Resta ancora qualche problema di natura finanziaria che, con la buona volontà di tutti e con un piccolo sforzo, consentirà di farvi fronte in maniera adeguata. Come avevo prospettato sono ora a fornirti la quota di copie assegnata alla tua parrocchia». Adesso, dunque, i sacerdoti si trovano con una quantità stabilita, peraltro aumentata se non triplicata rispetto a prima. E non possono rendere l’invenduto. Un aspetto, questo, a cui la lettera non fa cenno, ma confermato in diocesi.

 

«Non potremo più restituire le copie che nessuno compra – denuncia un gruppo di preti che chiede l’anonimato – e quindi ci dobbiamo accollare l’intera spesa. Prima, invece, si pagava solo quanto si vendeva». Ciò che si contesta, inoltre, è il metodo scelto dal vescovo: «Crepaldi afferma di dare attuazione a una decisione presa in un incontro con i parroci – osservano i preti – ma non è vero, la sua è stata una proposta su cui dovevamo confrontarci ancora. Questa è un’imposizione dall’alto: siamo obbligati a distribuire un giornale di cui non condividiamo le idee. È un sopruso alla nostra libertà di pensiero». Ecco poi l’altro passaggio della lettera, lì dove si domanda di diffondere Vita Nuova. «Mi permetto di suggerirti, tra gli avvisi che si danno alla fine delle Sante Messe, di ricordare il Settimanale, invitando le persone ad acquistarlo. È un modo semplice ed efficace per promuoverlo e per esprimere la comune responsabilità per il bene della nostra diocesi». E, infine: «Qualora ci fosse qualche problema, sei pregato di contattare il vescovo personalmente».

 

Un’operazione pensata per ripianare i conti? Il testo scritto da Crepaldi fa esplicitamente riferimento a «qualche problema di natura finanziaria». Che c’è. E cresce. Basta dare un’occhiata al bilancio di Vita Nuova pubblicato nel Bollettino della Diocesi. Il disavanzo di esercizio è passato, dal 2009 al 2010, da 113.027, 33 euro a 225.980,31 euro. Il doppio. Sulle perdite pesano, di molto, le spese per il personale: da 170.211 euro del 2009 a 308.637,09 del 2010, l’anno del rocambolesco cambio al vertice del settimanale, avvenuto a pochi mesi dall’ingresso a Trieste del nuovo vescovo. Era tra aprile e maggio del 2010 quando Fabiana Martini, ora vice-sindaco, si trovò nelle condizioni di lasciare la direzione, poi assunta dal veneto Stefano Fontana. Una bufera, seguita dalla decisione di Crepaldi di sopprimere la pagine delle lettere di Vita Nuova a causa della pubblicazione, a dicembre, della “Lettera di Natale” firmata da alcuni sacerdoti che avevano preso dure posizioni in materia politico-ecclesiale. Nei due anni considerati nel bilancio sono diminuiti anche i ricavi da vendite: 79.748,83 nel 2009, 75.826,03 nel 2010

 

Gianpaolo Sarti

“Il Piccolo” 30 maggio 2012

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