Via del Monte a Trieste è da sempre un luogo molto significativo per la Comunità ebraica. Almeno dal 1446, come prova il documento relativo all’acquisto di una vigna in cima alla via da utilizzare per il cimitero, anche se la presenza di ebrei – soprattutto ashkenaziti di lingua tedesca – è documentata in città già dal Trecento. Quasi tutti gli edifici della via erano proprietà di ebrei. Oggi restano la scuola ebraica, e al numero 5 e 7 il Museo della Comunità ebraica inaugurato nel 1993 intitolato a Carlo e Vera Wagner. Ed è qui che nel cinquantesimo anniversario della fondazione dello Stato di Israele è stata posta una targa che racconta non solo un tratto drammatico della storia della Comunità ebraica europea, ma anche un esempio di straordinaria solidarietà e umanità che gli ebrei di Trieste condivisero con 150mila correligionari provenienti dalla Germania e dall’Europa centrale e orientale tra il 1920 e il 1943.
La mostra “Trieste. La porta di Sion”, allestita nel 1998 raccontò, attraverso le intense fotografie di Riccardo Camerini, l’afflusso di ebrei che giungevano a Trieste per imbarcarsi alla volta della Palestina. Trieste era l’unico porto italiano dal quale salpavano le navi che facevano rotta verso il Levante. Fino agli anni Trenta si tratta di persone perlopiù originarie dell’Europa orientale in fuga dai pogrom russi e polacchi, ma poi, dopo l’avvento del nazismo nel 1933, arrivarono da tutti i territori occupati da Hitler. Gli edifici di via del Monte ospitavano già dal 1908 il Comitato pro emigranti ebrei, ma è dagli anni Venti che il Comitato assistenza emigranti ebrei svolse la sua straordinaria azione.
Ogni martedì alla stazione ferroviaria di Trieste arrivavano i convogli provenienti dal valico di Piedicolle, oggi Tarvisio. Un incaricato del Comitato era lì ad aspettare i correligionari, che venivano alloggiati in città. Intere famiglie venivano portate nei dormitori donati alla Comunità di via del Monte al quarto e quinto piano e negli alloggi appositamente costruiti a Servola, quando il flusso si intensificò drammaticamente dopo il 1933. Molti ebrei facoltosi misero a disposizione i loro alloggi e in caso di bisogno si provvedeva a offrire ospitalità negli alberghi della città. Il Comitato era infatti affiancato da un patronato che provvedeva sussidi in denaro, assistenza medica, vitto e alloggio. La permanenza a Trieste variava a seconda delle necessità: pochi giorni se tutte le carte, i visti e i biglietti erano a posto, molte settimane se qualcuno giungeva malato o c’erano problemi con i permessi. Nei periodi più drammatici il Comitato si trovò a gestire in media più di 500 arrivi al mese. Il trasporto veniva effettuato settimanalmente quasi in regime di monopolio dalle navi del Lloyd Triestino, spesso con vecchie imbarcazioni ribattezzate con gli evocativi nomi di “Galilea”, “Gerusalemme”, “Palestina”, “Tel Aviv”. Si calcola che dei 150mila passeggeri transitati da Trieste circa 120mila viaggiarono sulle navi del Lloyd Triestino.
Ecco il testo dell’iscrizione in via del Monte, stilata sta in ebraico che in italiano: «Qui ebbe sede ed operò negli anni 1920-1943 il Comitato italiano di assistenza agli emigranti ebrei Misrad Ha Sochnut Ha Yehudit che organizzò l’Aliya, salita verso Israele, degli ebrei provenienti dall’Europa centro orientale. In questo edificio trovarono ospitalità e riposo in attesa dell’imbarco verso la Terra Promessa. Trieste si meritò l’appellativo di Sha’ Ar Zion, Porta di Sion. Posta – si legge infine – nel 50° anniversario della fondazione dello Stato di Israele»