ANVGD_cover-post-no-img

I giuliano-dalmati e il Risorgimento: la pagina rimossa (Voce del Popolo 17 lug)

“Nella ricorrenza dei 150 anni dell’Unità d’Italia il lavoro di Alessandra Argenti Tremul fissa, con chiara analisi storico-sociale, l’evoluzione dei rapporti tra l’Istria e Venezia. L’excursus tocca il radicamento della Serenissima nel tessuto sociale istriano giungendo a una definizione dei tratti caratterizzanti che ancor oggi confermano le comuni radici culturali. Il lavoro inoltre dimostra pregevoli qualità tecniche nella composizione delle immagini e nei ritmi di montaggio. La sintesi esprime in termini giornalistico-televisivi un compendio dei valori nazionali cui la Comunità Italiana da sempre si richiama”. È questa la motivazione al Premio giornalistico “Paolo Lettis”, vinto quest’anno da Alessandra Argenti Tremul per il documentario “L’Unità tra Venezia e l’Istria”.

 

Il programma ideato e curato da lei, abbraccia una parte della ricca storia istriana legata alla Serenissima. Com’è scaturita l’idea per questo filmato?

 

“Il lavoro, incentrato sui legami storico-culturali tra la Serenissima e l’Istria, è nato in pratica passeggiando per le calli e i campielli di Venezia, alla ricerca di aree senza turisti al calar del sole… Registrai nella mia mente delle frasi pronunciate in veneziano da alcuni abitanti che stavano chiudendo le loro botteghe… Quei suoni mi erano molto familiari: la pronuncia, le parole, l’influsso dialettale mi ricordarono d’improvviso mia nonna. Eh sì, quella pronuncia da noi s’è un po’ persa…ma così parlava la mia amata nonna, scomparsa qualche anno fa. Poi mi sono messa a leggere, ed è uscito questo documentario”.

 

Come ha organizzato il lavoro per la realizzazione del cortometraggio?

 

“Dopo alcune ricerche effettuate nel novembre del 2010, ho preso completamente in mano questo lavoro appena nel febbraio ’11. Abbiamo messo su la squadra, poi sono state fatte le riprese e le interviste, cercando di catturare qualche storico importante di passaggio nel Veneto o nel Friuli Venezia Giulia per la ricorrenza del 150.esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Ringrazio in particolare il regista Renato Alessio di Isola, cui è piaciuto subito questo progetto e che è stato davvero eccezionale nel seguirmi e consigliarmi.

L’intenzione era quella di presentare la storia del nostro territorio d’insediamento storico e in particolare i suoi legami linguistici e culturali tra Venezia e l’Istria, spiegare come le due sponde adriatiche fossero state un tutt’uno per moltissimi secoli. Ed è stato dunque naturale parlare delle nostre radici, non solo di libri e personaggi, ma anche della pesca – un’attività che per secoli ci ha garantito non solo la sopravvivenza ma anche un certo benessere –, delle tradizioni religiose scomparse quasi del tutto. E poi abbiamo avuto la fortuna di trovare alcune storie di vita che spiegano quello che è successo alla nostra Comunità negli ultimi 65 anni, con le trasformazioni e i traumi subiti dalla nostra società. La post-produzione del documentario si è conclusa agli inizi di giugno del 2011”.

 

A quali conclusioni è giunta?

 

“Il risultato che mi ha dato maggiore soddisfazione è stato quello di aver capito, una volta trasmesso il programma televisivo, che in realtà nelle nostre città, nella nostra regione il dialetto sia conosciuto e parlato più di quello che in genere si pensi, nel senso che viene usato anche in una cerchia ben più ampia di quella dei soci e simpatizzanti delle nostre Comunità o degli iscritti alle nostre scuole. Ciò significa, da un lato che la nostra Comunità è rimasta radicata nel proprio territorio d’insediamento storico, nonostante i vari cicloni passati nel corso dell’ultimo secolo sull’area istriana, dall’altro che purtroppo esiste ancora tanta paura a parlare in italiano o in dialetto ed esprimere la propria identità, la propria appartenenza alla Comunità italiana.

Senz’altro settant’anni di dittatura pesano e non sono facili da superare. Visto che noi siamo poi quelli, che per tutta una serie di motivi, abbiamo pagato il conto più salato degli errori commessi nel Novecento in queste terre. Dopo la Seconda guerra mondiale si è cercato in vari modi e con metodi diversi di cancellare la presenza italiana dall’Adriatico orientale, anche – come ribadito nel documentario stesso – inventandosi un’altra storia, strumentale alle tesi annessionistiche jugoslave, diversa dal percorso storico che effettivamente c’è stato. Inoltre, molte tematiche e riflessioni relative alla nostra Comunità di italiani dell’Istria, ma anche di Fiume e della Dalmazia, sono state per troppo tempo controllate da chi non ci voleva bene. Da chi era interessato a espandersi in quest’area per migliorare le proprie condizioni economiche, anche a scapito nostro ovvero della nostra società”.

 

Secondo alcuni studi, l’immigrazione slava in Istria, nelle diverse epoche, è stata favorita e organizzata dalla Serenissima, che in questo modo sosteneva la coltivazione della terra da parte delle popolazioni dalmate e balcaniche. Una convivenza che inevitabilmente portò agli scontri politico nazionalistici dell’inizio del ’900. Da questo punto di vista, il problema dell’integrazione e della convivenza tra nuovi coloni e vecchi abitanti, del sincretismo e della separazione tra le comunità e le culture, appare un tema particolarmente interessante e delicato. Qual è la sua opinione a proposito?

 

“Durante il periodo cosiddetto veneziano, tutte le popolazioni convivevano abbastanza pacificamente in queste aree, ovviamente nel rispetto degli Statuti che regolavano la vita dell’epoca. Basti ricordare che la Serenissima diede rifugio alle popolazioni in fuga dai Turchi, ripopolò l’Istria dopo ogni pestilenza, terre e lavoro venivano date a chi veniva qui in cerca di fortuna dalle aree contermini più disagiate. Senza dimenticare poi la grande libertà di stampa e di commerci che c’erano a Venezia. In questa città, inoltre, le donne erano libere di studiare e lavorare, come solo oggi si è riusciti a realizzare nelle aree più avanzate del mondo. Il trattato di Campoformido del 1797, che decretò la morte della Repubblica di Venezia, e poi nel 1815 il Congresso di Vienna che risistemò l’Europa, diedero le terre dell’Adriatico orientale in mano agli Asburgo. Come è noto, cambiarono molte cose dal punto di vista della gestione del territorio, gli uni vennero aizzati contro gli altri per esercitare più facilmente il potere. Il progresso industriale stava cambiando le condizioni sociali, nascevano le rivendicazioni dei popoli che si rendevano conto di essere in un certo senso gli uni diversi dagli altri. Per arrivare poi alle esplosioni e ai soprusi del XX secolo”.

 

Qual è stato il contributo delle genti istriane, fiumane e dalmate al processo unitario italiano?

 

“Il contributo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati al Risorgimento è stato notevole, ma all’epoca questa situazione non venne compresa dalla politica internazionale per cui vennero lasciati fuori dalla loro madrepatria. Questa è una storia che è stata rimossa per molto tempo dalla coscienza collettiva, dai libri di scuola, per cui bisognerebbe riappropriarsi anche in questo caso del nostro passato. Conoscere anche il Risorgimento attraverso quanto fatto da Niccolò Tommaseo, i Gambini, i tantissimi morti… sarebbe un atto doveroso. Per rendersene conto basta visitare il museo del Risorgimento a Trieste, oppure fare una passeggiata per i cimiteri delle nostre città e vedere se ci sono ancora le lapidi di quanti diedero la loro vita per la patria. Anche questo per tanti anni è stato un tabù che sarebbe ora di infrangere”.

Gianfranco Miksa

“La Voce del Popolo” 17 giugno 2012

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.