Più Terrano che Prosecco. I bookmaker che dovessero scommettere sul futuro di questi due vini del territorio, non avrebbero probabilmente dubbi. Non dopo la lunga giornata dei viticoltori del Carso, sviluppatasi ieri tra Prepotto e Sgonico, con la senatrice Tamara Blazina, che ha organizzato il tutto, a fare da grande cerimoniere . Un vero parterre de roi, arricchito da un lato dall’attesa presenza degli esponenti ministeriali romani, dall’altro da una vera delegazione ministeriale slovena ha sostanzialmente sancito che: a) al momento attuale è più facile pensare alla realizzazione di una Doc transfrontaliera del Terrano, che sarebbe la prima in assoluto in ambito Ue, che ad altri progetti; b) l’annosa querelle del Prosecco rischia di andare al muro contro muro, zavorrata da un lato dalla spending review governativa, che ha praticamente cancellato le ultime possibilità di contributo, dall’altra dalle amnesie della Regione, dove l’assessore Violino, che anche ieri ha delegato un funzionario, sembra piuttosto distratto su ogni cosa che sia men che tipicamente friulana. Un atteggiamento che gli è valso l’ironica battuta di Giovanni Piero Sanna, direttore generale del ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, che ha parlato di problemi legati «a uno strumento scordato»… , e del suo stesso alleato di maggioranza, Piero Tononi, a cui, dichiaratamente «crea imbarazzo».
Ma perché, tornando a bomba, ci sono più margini di realizzazione per un progetto transfrontaliero che per uno locale? Intanto perché, e i colloqui lo hanno dimostrato, c’è piena voglia di collaborazione, e il ministro per gli sloveni all’estero, Ljudmila Novak , presente assieme al console Dimitri Rupel, ne è stata efficace testimone assieme ai delegati ministeriali (oltre a Sanna, Luca Lauro, competentissimo responsabile della filiera vitivinicola). È stato proprio Lauro, tra l’altro, a entrare nel vivo della possibile operatività. Si arriva alla “doc” italo-slovena, ha detto, innanzitutto preparando un fascicolo che contempli già dei disciplinari unici di produzione, di qua e di là dal confine, quindi ideando un marchio che corrisponda al nome del territorio e infine, ovviamente, ottenendo il riconoscimento comunitario. Passo più facile, è stato aggiunto, dopo che il sistema di protezione delle “doc” è passato sotto l’ombrello Ue.
Sul tema Sanna ha anticipato un possibile ulteriore incontro romano tra le parti, ed è già un primo passo. E il Prosecco, allora? E un Carso strozzato «dal 27% di zone protette nella provincia più piccola d’Italia», come ha ricordato Sandi Skerk, presente assieme a Edi Kante e Beniamino Zidarich, produttori direttamente interessati al dibattito. Qui la vicenda si complica. Dal tavolo, solidarietà totale ai produttori, che arriva dalla Camera di commercio, dalla Provincia di Trieste, dalla Confartigianato, dalla Coldiretti, dalla Kmecka Zveza, dal trio bipartisan Tononi, Kocijancic, Gabrovec, e anche dai romani, molto preparati sull’argomento. Ma manca un elemento determinante: i soldi. Per provare almeno a rifare i terrazzamenti, recuperare terra alla roccia, iniziare un minimo di campagna promozionale, cogliere almeno quell’obiettivo di minima che Skerk quantifica in «100 ettari in 10 anni». Inezie di fronte ai 4000 del Fvg e ai 16mila del Veneto, ma sarebbe pur sempre un inizio.
L’alternativa? Pesante. Dopo che il protocollo che ha portato al ritiro del ricorso dei carsolini è stato bellamente ignorato, dicono i viticoltori, il Carso potrebbe anche uscire dalla Doc Prosecco. Col rischio di farla decadere. L’unica ancora di salvezza possibile arriva da Roma. La introduce Sanna, Sta tutta in una sigla, quella del Cra, ente «sano», controllato dal ministero, con al vertice l’ex capo di gabinetto di Zaja, ex ministro «che nel Prosecco crede». Qualche soldino, insomma, potrebbe arrivare da lì. Nel frattempo, suggerisce la Blazina, enti e produttori inizino a coordinarsi. Perché una testa ragiona meglio di cento.
Furio Baldassi
“Il Piccolo” 21 luglio 2012