Facciamo un piccolo test, di quelli da sala d`aspetto o da ombrellone: come la chiamate la provinciadi Bolzano? Alto Adige oppure Sudtirolo? Il test, com`è ovvio, non è per nulla innocente e la risposta non è neutrale bensì ricca di connotazioni politiche: se dite Alto Adige siete di destra, se dite Sudtirolo siete di sinistra. E se usate entrambe le dizioni,barcamenandovi un po` opportunisticamente a seconda dei casi e degli interlocutori, è probabile che siate di centro e che abbiate trasferito nella toponomastica la «politica dei due forni» inventata da Andreotti e oggi rispolverata da Casini. A chi non condivide questa mia interpretazione ricordo che, come sempre, parlo di destra e di sinistra più dal punto di vista culturale che elettorale. Chi dice «Sudtirolo» e proviene da Forza Italia o Alleanza Nazionale (oggi, forse ancora per poco, Pdl) è chiaro che soffre di qualche problema minore di connessione tra la bocca con cui parla e la mano con cui traccia la croce sulla scheda. Dire Alto Adige è orientarsi verso l`Italia, lungo il fiume che porta a Trento e a Verona: una persona di lingua madre italiana non può che usare questo termine, se appunto non vuole tradire sua madre, la sua lingua e se stesso. Dire «Sudtirolo» è viceversa orientarsi verso il Tirolo ossia verso l`Austria: se lo dice herr Franz lo trovo del tutto naturale, ma se a farlo è il signor Francesco ecco che percepisco una sgradevole stonatura.
Il servilismo dell`Idv
Della faccenda ne parla lo scrittore altoatesino Alessandro Banda nel suo Due mondi e io vengo dall`altro (Laterza, pp. 104, euro 12): «Uno di destra non avrebbe mai detto, a nessun costo, Sudtirolo, mentre uno di sinistra preferiva quest`ultima dizione e usava Alto Adige solo con i turisti. Oggi non è più così, o almeno mi pare” A Banda gli pare relativamennte male: a tutt`oggi sul sito del Pdl provinciale,tra le facce di Berlusconi e della Biancofiore, campeggia solitaria la scritta «Alto Adige» mentre Pd, Sinistrae libertà e Movimento 5 Stelle,pur se composti quasi esclusivamenteda italofoni, optano per lo zelantebilinguismo «Alto Adige/Siidtirol» con tanto di puntini sulla u. Il massimo del servilismo viene espresso dall`Italia dei Valori, che addirittura capovolge i termini e mette «Siidtirol» al primo posto. Evidentemente fra i valori sbandierati dal partito di Di Pietro (capeggiato in loco da un «maresciallo Pasquale Di Domenico» che non credo possa vantare origini teutoniche) ne manca uno: l`italianità.Il problema sollevato dal piccolo test politico -toponomastico non è locale ma nazionale: gran parte dell sinistra italiana, da sempre odall`ultima guerra mondiale, durante la quale i partigiani comunisti sparavano addosso ai connazionali in nome di Unione Sovietica e Iugoslavia,è allergica alla patria. Forse è addirittura un problema continentale: a leggere George Orwell, la mancanza di patriottismo è un tratto caratteristico di coloro che l`autore
della Fattoria degli animali definiva «i conigli lessi della Sinistra». Ma in Inghilterra questo è (o forse era) un fenomeno elitario, intellettuale,mentre da noi l`esterofilia ha dimensioni di massa. Quando l`ideologia passa il testimone all`ignoranza si apre un vuoto storico-geograficoall`interno del quale la nizzarda Mentone può diventare Menton, l`isola di Cavallo (in Corsica) può diventare Cavallò e, soprattutto, la Dalmazia può diventare Croazia. Ecco un`altra domanda che sembra da spiaggia ma non lo è: come chiamate la città natale di Ottavio Missoni? Ragusa o Dubrovnik? State attenti a come rispondente perché c’è il rischio che il grande stilista venga a sollevarvi per le orecchie…
Ragusa sotto la lana
E se vi ostinate a confondere la Ragusa dalmata con la Ragusa sicilianapotreste trovarvi seppelliti sotto una montagna di lana colorata. Risalendo la costa adriatica come chiamate la città dove morì l`imperatore Diocleziano e dove crebbe Raimondo Vianello? Spalato o Split? Maurizio Maggiani, scrittore che si definisce anarchico ma è di un conformismo raro, ha dichiarato: «Mi piace Spalato – e so che si dovrebbe dire Split, e mi vergogno perché non mi viene subito da dirlo». Essere di sinistra significa anche questo: vergognarsi della propria lingua. Quest`estate, per motivi che mi sfuggono, sta vendendo parecchio Fulvio Ervas con Se ti abbraccio non aver paura. Non so come lapensi politicamente, ma da come la pensa toponomasticamente deduco che pure lui abbia l`Italia in gran dispetto. In un articolo uscito sulla Stampa racconta un viaggio dalmata con abuso di consonanti e carenza di vocali: Pag anzichéPago, Krk e Cres invece diVeglia e Cherso, isole descritte da D`Annunzio nella Canzone del Quarnaro che bisognerebbe rileggere, magari per imparare come si scrive. A proposito, come chiamate la città dannunziana per eccellenza? Fiume o Rijeka? Spero che, almeno per rispetto alla martoriata comunità italiana che ancora ci vive, a nessuno venga in mente di rispondere con il secondo termine. Eppure, come ricorda lo scrittore francese Michel Houellebecq, «i partiti dell`ultrasinistra sono votati da masochisti astiosi» e allora ci sarà senz`altro, da qualche parte, un vendoliano che gode come un riccio a dire Rijeka. Grazie a Dio però non lo conosco.
Camillo Langone su “Libero” del 25 luglio 2012
(courtesy MLH)