C’è una nave fantasma nel Golfo di Trieste. Esattamente duecento anni fa, il 17 settembre 1812, durante uno scontro navale poco a largo di Duino, la goletta francese Berenice veniva attaccata e affondata dalla fregata inglese Indomitable. Un episodio dimenticato del periodo delle Provincie Illiriche, quando Napoleone dominava l’Europa con le sue armate, Trieste faceva parte di un’unità amministrativa con capitale Lubiana e la città confinava con il Regno d’Italia. Di quel naufragio, avvenuto solo sette mesi dopo la più nota battaglia di Grado in cui colò a picco il brick italo-francese Mercurio (oggi importante sito archeologico sommerso), restano poche tracce che sconfinano nella leggenda, un relitto forse intravisto e mai più ritrovato e un fragile ricordo che si perde tra le pagine di romanzi antichi e moderni.
La nave che avrebbe affondato la Berenice, infatti, l’Indomitable, fu scelta da Hermann Melville per ambientare la sfortunata avventura del gabbiere Billy Budd, mentre ai nostri giorni lo scrittore Douglas Reeman ha messo la storica fregata al comando di Richard Bolitho, protagonista di una serie di romanzi – pubblicati con lo pseudonimo di Alexander Kent – che oltremanica ha già raggiunto la ragguardevole cifra di ventisei titoli. La realtà storica della battaglia nelle acque di Trieste, invece, rimanda agli archivi, in particolare allo stralcio di quello che alcune fonti indicano come il diario di bordo dell’Indomitable. Elegante nave da guerra di fama certamente più letteraria che storica (il nome non compare nei repertori d’epoca), l’Indomitable incrociava nell’Adriatico quando il Mediterraneo orientale era dominato dagli inglesi, la cui flotta aveva la base a Malta. Oltre a una precisa funzione anti-asburgica, nella fervida mente di Napoleone le Province Illiriche avrebbero dovuto costituire un solido dominio in funzione anti-inglese, a difesa del blocco continentale contro l’Inghilterra proclamato fin dal 1806.
Invece in Adriatico le navi da combattimento con la Union Jack facevano il bello e il cattivo tempo, e il blocco si era presto ritorto contro la stessa economia di Francia e Italia. Trieste, in particolare, pagò il prezzo più alto all’arresto dei traffici marittimi: in quegli anni visse una delle sue crisi più profonde, la popolazione calò a 13mila abitanti e con il porto quasi deserto la città non poteva contare altro che sul piccolo cabotaggio, e su un vivace contrabbando da una costa all’altra del golfo. Questa la situazione la notte del 17 settembre 1812, quando la goletta Berenice, armata con otto cannoni, impiegata per azioni di corsa e pattugliamento, viene intercettata dall’ Indomitable. Alle 2.25, mentre naviga spinta da un fresco vento di borino su una rotta di venticinque gradi con il faro di Salvore a poppa e fuori dal tiro delle batterie di Campo Marzio, la fregata inglese avvista le luci di posizione «di una nave con rotta est», diretta verso Trieste.
Alle 3.11, come si legge nel diario di bordo, l’unità viene identificata per quello che è, una goletta francese, e l’equipaggio britannico viene «chiamato al posto di combattimento». Passano alcuni minuti, ma la Berenice non cambia rotta. Probabilmente nell’oscurità ha scambiato il vascello inglese per la fregata francese Lothringen, e si sente tranquilla. Quando si accorge dell’errore è ormai troppo tardi. L’Indomitable taglia sopravvento la rotta alla goletta, e alle 3.50 apre il fuoco con i cannoni di sinistra. La Berenice, «gravemente colpita, accosta di 135° a sinistra, puntando verso la costa più vicina». Contemporaneamente i francesi sparano con i cannoni di poppa e cercano di raggiungere il tratto di mare protetto dalla batteria costiera del Castello di Duino.
L’Indomitable non demorde, accosta di 90° a sinistra e manda un’altra bordata con i cannoni di prora. La Berenice è colpita di nuovo, e comincia a imbarcare acqua. Intanto dagli spalti di Duino la difesa apre il fuoco, e i colpi cadono vicino alla fregata inglese, che si porta velocemente fuori tiro. La Berenice, intanto, affonda. Poco prima delle 4.30 è tutto finito. Mentre l’Indomitable si allontana nella notte e fa la conta dei danni («nessuna perdita, lievi danni alla vela mediana, alla vela alta di trinchetto e al boccaporto numero 5»), l’equipaggio fa in tempo a vedere le barche di pescatori che partono da riva a luce di lanterna per soccorrere i naufraghi della Berenice, finita in fondo al mare. Dopodiché sulla sfortunata goletta calerà il velo del tempo.
Da allora il ricordo del naufragio spunta ogni tanto. Il relitto della nave – dal quale, si dice, fu subito recuperato tutto ciò che si poteva recuperare – non si sa dove sia. Anziani sommozzatori e palombari hanno parlato in passato del fasciame di una nave ottocentesca che fu vista e poi di nuovo perduta. Il maresciallo della pubblica sicurezza al distaccamento di Sistiana, Giovanni Macor, noto ed esperto subacqueo che conosceva bene i fondali di quella parte del litorale e aveva a lungo cercato le spoglie della goletta francese, ricordava di aver individuato un dosso con quello che era forse uno scafo in legno affondato nel fango. Segnalazioni vaghe, ipotesi, suggestioni, ricerche finora vane. Della Berenice rimane solo una labile memoria e lo spettro di un relitto.
Recentemente, proprio in occasione del tramandato bicentenario del naufragio, Alessandro Artico, appassionato modellista e accanito ricercatore, ha mobilitato gli amici del Midwest Model Shipwrights, confraternita internazionale di provetti modellisti, un gruppo dei quali (si chiamano Dick Williams, Peter Kailus, Ed Urbaczyk, Frank Peterson, Frank Vitek, Gus Agustin e Ray Oswalt) sulla base delle poche informazioni in possesso ha ricostruito in scala 1:95 sia l’Indomitable che la Berenice. Un omaggio non tardivo a una delle tante storie, tra verità e leggenda, custodite dal mare.
Pietro Spirito
“Il Piccolo” 17 settembre 2012