Il mondo dell’istruzione e la comunità degli esuli istriani piangono Elisa (più conosciuta come Marisa) Pelizzari, madre dell’ex consigliera di parità e attuale dipendente della Provincia Flavia Maraston, spirata lunedì sera a 79 anni a seguito di una grave malattia. Stasera alle 19 alla parrocchia dell’Immacolata Concezione a Pordenone sarà recitato il rosario, domani alle 15 nella stessa chiesa saranno celebrati i funerali.
Elisa, come ha ricordato la professoressa Mariangela Modolo, che la conosceva bene, era nata a Santa Maria Capua Vetere (Caserta). La città in cui aveva soggiornato più a lungo, prima che a Pordenone, era stata Bologna, dove aveva compiuto i suoi studi di lingue, perfezionandosi in Inghilterra. Esemplari nella sua vita le figure del padre e del fratello, piloti, entrambi deceduti in incidente aereo; il primo a 51 anni, il secondo a 29. A Bologna Elisa aveva incontrato il maestro Ferruccio Maraston (esule istriano) che aveva sposato. Insieme, si erano trasferiti a Pordenone, dove hanno vissuto dal novembre 1967 esercitando la loro professione di insegnanti impegnati anche in varie attività politico-associative.
Marisa Pelizzari si era occupata della numerosa famiglia, nella quale nonne, zie, figlie in particolare e nipoti avevano creato un microcosmo aperto al mondo attuale. «In una commissione dell’asilo nido di Pordenone, il primo in via Rivierasca – ricorda la Modolo – conobbi Marisa Pelizzari e lei soprannominò quelli gli “anni dell’asilo”. I corsi d’inglese tenuti da Marisa, per me sono stati “colonne”, quaderni rigorosamente corretti, libri sottolineati e imparati praticamente a memoria, una bibbia. Con le sue figlie ho condiviso cultura, lavoro, conoscenze, occasioni di giovinezza. Una casa di donne di tutte le età, aperta a persone e idee, le più varie. Erano due anni che teneva lontano la bestia, la “brutta bestia”, così chiamava lei il suo male; ma non le dava spazio, perché Marisa era di una vitalità così entusiasta e curiosa, da trascinare gli altri in una specie di sfida quotidiana.
Un anno fa – ha proseguito la Modolo – è morto Ferruccio e forse solo allora ha iniziato a sottolineare l’importanza dell’essere dignitosamente attivi, della qualità della vita. Non ha perso tempo: ha scritto due altri libri, oltre al già pubblicato “Una vita così”, ricordando sempre la presenza collaborativa di Ferruccio, attorniata dalla partecipazione quotidiana delle figlie e nipoti. Così ha gestito la sua malattia: lavorando, viaggiando, frequentando gli altri, usando computer e cellulare, leggendo il giornale, indignandosi ancora per la stupidità dilagante, dando consigli e parole ponderate a tutti. E ora ci manca, perché al secondo piano di via Gallina 2/c la porta si apriva sempre. Lei ti accoglieva con gioia. Noi, assieme a tutti i suoi insegnamenti di inglese, ma soprattutto di saggezza, ce la teniamo vicino come presenza positiva, ora silenziosa e muta, lei così loquace e sorridente. Ci mancherà ma ci ha insegnato molto e cercheremo di farla vivere attraverso i suoi libri tardivi».
(fonte “Messaggero Veneto” 26 settembre 2012)