ANVGD_cover-post-no-img

La minoranza slovena in crisi deve saper fare autocritica (Il Piccolo 08nov12)

Dalle pagine del Piccolo ho appreso la notizia sulla difficile situazione in cui versano le organizzazioni e le associazioni culturali della minoranza slovena, di cui ero in parte già a corrente. Negli ambienti della minoranza se ne discute già da un po’. I problemi vanno analizzati e contestualizzati. Da un lato, è compito delle istituzioni regionali di competenza risolvere l’impasse e chiarire i motivi dei ritardi nell’erogazione dei finanziamenti alle organizzazioni slovene, anche per una questione di rigore e serietà istituzionale. Dall’altro lato, credo altresì che il compito principale dei rappresentanti della minoranza slovena sia quello di gestire i fondi ricevuti in modo economico.

 

Proprio su quest’ultimo punto mi sorgono alcuni quesiti. Essendo conscio di non essere pienamente al corrente della situazione oggettiva né delle specifiche problematiche nelle singole organizzazioni della minoranza, mi astengo dall’esprimere giudizi definitivi in merito. È necessario valutare e, forse, ripensare alcuni aspetti di appartenenza alla categoria della “minoranza”, sulla sua rappresentanza, e sull’uso dei fondi pubblici già erogati, senza escludere il problema di pianificarne nuovi. Scrivo ciò nella speranza che i seguenti quesiti siano di pertinenza dei rappresentanti della minoranza, e che i beneficiari siano tutti i portatori d’interesse, compresi gli abitanti del Fvg alla pari degli sloveni che hanno a cuore le sorti della loro minoranza in Italia.

 

Innanzitutto, sarebbe bene fare chiarezza su chi rappresenta le istituzioni della minoranza slovena e sulle procedure con cui queste persone vengono elette. Pongo pertanto il primo quesito: le persone nominate al ruolo di rappresentanza sul piano politico e su quello delle singole organizzazioni rappresentano l’intera minoranza, parte di essa, o semplicemente i circoli che le hanno elette? Mi chiedo se non fosse meglio eleggere i rappresentanti attraverso un meccanismo di voto e di preferenza simile a quello delle primarie nei partiti.

 

Secondo quesito: in che modo si distingue un membro della minoranza a tutti gli effetti (membro attivo) da uno passivo, e quest’ultimo da un cittadino che non rientra nelle schiere della minoranza? La terza domanda riguarda la gestione dei fondi: in che modo viene assicurata la proficua gestione dei finanziamenti, con quali criteri sono ripartiti tra le organizzazioni, e come vengono valutati i risultati finali? Infine, la minoranza sarebbe in grado di reperire altre fonti di finanziamento in futuro, ad esempio gli investimenti degli enti privati da affiancare a quelli pubblici?

 

Sono domande a cui spinge l’odierna logica di mercato, da cui nel bene e nel male non si può prescindere. Il valore aggiunto della comunità slovena nel tessuto sociale regionale può consolidarsi in vista dall’apertura e dei meccanismi che garantiscono la qualità nei servizi, nelle proposte culturali e nei prodotti finali. È con i dati alla mano, con i fatti ed i risultati che meglio si riesce a impugnare i propri diritti e a fortificare la propria posizione socio-culturale.

 

Risposte concrete e convincenti alle domande poste sopra accrescerebbero ulteriormente il diritto della comunità slovena a ricevere i mancati finanziamenti, dando sostanza a quelle che altrimenti rischiano di passare per semplici lamentele. Allo stesso modo, la necessità di dare delle risposte in merito denota probabilmente il bisogno che i rappresentanti delle organizzazioni e dei circoli culturali sloveni si aprano maggiormente alle proposte dei restanti membri nonché di tutti i cittadini della regione, dimostrandosi in grado di fare tesoro delle proposte migliori. Solo allora potrà prendere forma una solida e duratura collaborazione, a mio avviso indispensabile per i prossimi anni.

 

Mi auguro che questa riflessione venga recepita come un invito a superare gli schemi del passato, a perseguire una maggiore apertura delle istituzioni in capo alla minoranza. Nonostante la situazione di per sé grave, le organizzazioni della minoranza e le loro “élite” intellettuali si impegnino a cogliere la crisi come momento di rinnovamento, sviluppo e cambiamento. Adottino una sana logica di mercato per superare gli ostacoli e puntare su proposte nuove ed alternative, fornendo esempi pratici su come i loro nuovi progetti andrebbero ad arricchire il tessuto sociale. Si avvalgano di nuove possibilità di sviluppo a livello locale, contando sulle proprie forze, competenze e sul proprio ingegno. I risultati seguiranno.

 

Mitja Stepancic

“Il Piccolo” 8 novembre 2012

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.