Parlare di Odisseo/Ulisse significa parlare di un personaggio universalmente conosciuto, che il poeta Omero ha reso immortale nella sua opera. Il suo epico viaggio, che ebbe inizio a Troia e finì a Itaca dopo leggendarie avventure, rappresenta oggi, oltre a un motivo di importanza storica per le località direttamente interessate, anche un richiamo turistico e quindi anche una fonte di guadagno. La versione più diffusa è che Ulisse abbia svolto il suo viaggio nel Mediterraneo con scalo sulla costa libica, un passaggio a Gibilterra, il rientro nel Mar Tirreno, lo Stretto di Messina, fino alla sua amata Itaca.
Sono però più di settanta le ipotesi sul percorso seguito da Ulisse in oltre due millenni. Si dice che Ulisse sia stato in Italia, in Palestina, in Spagna, in Crimea, a Tenerife… Ma l’eroe non poté visitare tutti questi luoghi perché il suo viaggio, secondo Omero, durò non più di sessanta giorni, mentre gli otto anni di soggiorno vengono distribuiti nelle dodici tappe che contrassegnarono la sua avventura.
Emerge a questo punto una nuova teoria, quella dello scrittore, drammaturgo e viaggiatore spalatino Jasen Boko, che ha elaborato un percorso a tappe lungo l’attuale costa meridionale croata. La sua tesi, frutto di anni di ricerca e di migliaia di chilometri percorsi, è racchiusa nel saggio “Sulle orme di Ulisse” (“Tragovima Odiseja”, Profil, 2012), che recentemente ha ottenuto il prestigioso Premio Kiklop per la pubblicistica. La pubblicazione è stata oggetto di critica a causa delle rivendicazioni dei territori interessati, soprattutto dalla stampa italiana. Boko è autore anche di un altro libro di viaggio, “Sulla Via della Seta – Le menzogne di Marco Polo” (“Na Putu svile: Kako nam je lagao Marko Polo”, Profil, 2009), pure questo oggetto di forti critiche. A illustrarci i contenuti dei volumi è lo stesso autore, che abbiamo incontrato per un’intervista.
Nel suo libro “Sulle orme di Ulisse” presenta una serie di interpretazioni che suggeriscono che l’eroe greco girovagasse lungo l’Adriatico e non nelle altre parti dell’Italia meridionale. Com’è giunto a tale conclusione?
“Ulisse, nel poema di Omero, approda in molti luoghi, naviga in arcipelaghi ignoti, di isola in isola. L’unica parte sconosciuta del Mediterraneo in quel periodo è l’Adriatico. La Sicilia, Malta, la Sardegna avevano allora forti legami con la civiltà cretese-micenea. È impossibile che Ulisse girasse attorno alla Sicilia per dieci anni incagliandosi in diverse parti – come sostengono alcune teorie –, non riconoscendo che si trattasse di un’isola e non di un arcipelago. Altro punto demistificatorio è quando Calipso finalmente manda a casa Ulisse, lo avverte che arriverà prima a Scheria, l’isola da cui inizia la civiltà greca, e da dove navigherà verso Itaca. Tutti concordano che Scheria sia Corfù. Qui sorge spontanea la domanda: perché qualcuno dalla Sicilia andrebbe prima a Corfù se viaggia verso Itaca, facendo così un centinaio di miglia in più? Corfù è il limite e la fine del mondo greco conosciuto a quel tempo”.
Com’è nata l’idea di questo progetto?
“Ero a conoscenza della teoria di Aristid Vučetić, secondo il quale il Mare Adriatico è quello navigato da Ulisse. Ho viaggiato lungo tutto il Mediterraneo, nei luoghi che presumibilmente erano le mete di Ulisse, da Troia per la Sicilia e Malta, avendo sempre in mano l’Odissea di Omero. La descrizione del poeta greco delle isole su cui Ulisse approda corrisponde pienamente ai luoghi dell’Adriatico di cui parlo nel libro. Non ho cercato delle prove, ma ho viaggiato leggendo con attenzione l’opera di Omero”.
La sua interpretazione ha provocato una serie di reazioni, per cui il libro è considerato come l’ennesimo tentativo per usurpare la storia croata.
“Non so che cosa renda il libro una mia rivendicazione croata della storia. In esso non vi è alcuna nozione storica sulla Croazia. Affermo solo che Ulisse ha vagato lungo la costa orientale dell’Adriatico. Il fatto che questa parte del mondo 18 secoli dopo sia stata popolata dai Croati è solo una sequenza storica. In ogni caso, penso che l’Adriatico dovrebbe essere un mare che unisce”.
Anche il suo precedente saggio “Sulla Via della Seta – Le menzogne di Marco Polo”, è stato oggetto di critica per aver rivendicato la nazionalità del noto viaggiatore come un croato.
“Gli autori di tali critiche ovviamente non hanno letto il mio libro. Mi accusano di sostenere certe tesi che non ho menzionato da nessuna parte. Così, la frase ‘naš čovik-uomo nostro’ è sempre riportata nel libro tra virgolette, per esprimere ironia e sdegno verso alcuni storici croati che sostengono Marco Polo, un curzolano e quindi un croato. Ma non c’è alcuna prova per questa tesi. Anche se non ho messo in dubbio che Marco Polo sia stato veneziano e quindi italiano, ritengo che Curzola per lui e per la storia d’Europa abbia avuto un ruolo molto importante. Presso l’isola si svolse, infatti, la nota battaglia di Curzola tra genovesi e veneziani, in cui Marco Polo rimase prigioniero dei genovesi. E se non fosse stato per il carcere, ‘Il Milione’ non sarebbe stato mai scritto! La stessa cosa accade per ‘Sulle orme di Ulisse’, altra opera per cui vengo accusato di rivendicazione nazionale. Mi auguro che questa intervista suggerisca al pubblico italiano ciò che realmente è il contenuto delle opere”.
Su che cosa ha mentito Marco Polo?
“Il libro di Marco Polo ha avuto un enorme impatto nella storia europea perché ha portato le prime descrizioni dei lontani paesi asiatici; qui il Giappone viene citato per la prima volta. Tuttavia, l’opera non è per nulla una ricostruzione che si basa sui fatti e luoghi da lui visitati: Marco Polo ha trascorso decenni in Asia, ma non ha mai messo piede nei molti luoghi da lui descritti. Ha, invece, ascoltato le storie di altri e le ha raccontate ‘ricamandoli’ con la fantasia. Se Marco Polo avesse veramente trascorso tanti anni alla corte di Kublai Khan in Cina, come mai le pedanti cronache mongole del tempo non lo menzionano, come fanno, invece, per altri europei? E come viene spiegato il percorso che oggi un fuoristrada supera in sette giorni, mentre Marco Polo nel XIII sec. riesce a superare in tre giorni? Si è discusso tantissimo sulle ‘mancanze’ nel suo libro, e che io affronto nel mio. ‘Il Milione’ presenta descrizioni stravaganti, come l’esistenza di uomini dalla testa di cane e altre creature fantastiche che Polo, si presume, incontrasse in Asia”.
Come prepara i suoi viaggi?
“Conoscere la cultura del paese in cui viaggio attraverso la letteratura è la sola cosa di cui mi curo. Tutto il resto è lasciato al caso: non so dove dormirò, cosa mangerò e chi incontrerò, perché mi piace vivere l’esperienza dell’ignoto. Adoro viaggiare da solo. Penso che viaggiare in compagnia riduca il contatto con il mondo esterno. Viaggiando da soli si è molto più aperti a ciò che ci circonda”.
(fonte “la Voce del Popolo” 15 dicembre 2012)