La Slovenia boccheggia, il governo Janša annaspa, il popolo protesta e i sindacati avviano l’iter per il referendum. Risultato: un paese sull’orlo di una crisi di nervi. Con il bilancio 2013-2014 praticamente bloccato e l’avvio dell’esercizio contabile provvisorio l’esecutivo punta il dito contro i sindacati accusandoli, con il loro operare, di togliere alle casse dello Stato 500 milioni di fondi europei, «l’unica forma di finanziamento – sostiene il governo – l’unica opportunità che ha la Slovenia di ragionare in termini di sviluppo».
Il Ministero per lo sviluppo economico preannuncia che non potrà d’ora in avanti sottoscrivere nuovi impegni o contratti nè assumersi impegni. Il costo del blocco dell’afflusso dei fondi europei costerà al Paese, secondo i calcoli dell’esecutivo, qualcosa come 1200 nuovi posti di lavoro. E l’esercizio provvisorio sarà avviato già a gennaio quando si potrà mettere in conto solamente un dodicesimo di quanto stabilito nel bilancio precedente. La prima tangibile conseguenza per le tasche dei consumatori sloveni la si avrà nel settore dei trasporti. Il Ministero delle infrastrutture, infatti, ha comunicato che proprio a causa dell’esercizio provvisorio del bilancio non avrà a disposizione i soldi necessari al sub-finanziamento degli abbonamenti mensili che così verranno costare agli studenti e ai pendolari il 15 per cento in più. Senza contare poi il “congelamento” di tutti i progetti infrastrutturali con il conseguente blocco di ogni investimento produttivo.
I sindacati però non mollano e rimandano le accuse al mittente. La legge di bilancio, replicano, è asistemica, illegale, incostituzionale e senza aver avuto alcun confronto con le parti sociali interviene nei contratti collettivi di lavoro instaurando di fatto una nuova politica degli stipendi. E, infine, determina dei meccanismi operativi in base ai quali nell’immediato futuro si determinerà un taglio del salario dei dipendenti pubblici. La richiesta di referendum dunque, sostengono sempre i sindacati, è il risultato della violazione da parte del governo dei precedenti accordi presi con le parti sociali.
«Noi abbiamo raccolto ben 13mila firme per avviare l’iter referendario – spiega il presidente del sindacato dei vigili del fuoco, Aleksander Ogrizek – perché nel maggio scorso ci siamo accordati con il ministro del Lavoro Vizjak che nel 2013 non ci sarebbero stati altri tagli degli stipendi. Se si firma un documento il contenuto dello stesso va rispettato». Il ministro delle Finanze, Janez Šušteršic preannuncia che il governo presenterà un’istanza di incostituzionalità del referendum di fronte all’Alta corte che sarà chiamata a decidere sull’ammissibilità o meno del quesito referendario. La Slovenia cammina sull’orlo del precipizio.
Mauro Manzin
“Il Piccolo” 18 dicembre 2012