Si chiama “Storie di gente nostra” l’ultima opera narrativa di Mario Schiavato, presentata sabato sera ai lettori dignanesi dalla professoressa Irene Visintini, che ha curato la prefazione del libro, e dallo stesso autore, i cui interventi sono stati preceduti dai saluti di Livio Belci, presidente della locale Comunità degli Italiani. Prima di procedere alla presentazione vera e propria dell’ultima fatica di Schiavato, Irene Visintini ha ripercorso in brevi linee la vita dell’autore, la cui personalità complessa e poliedrica lo ha portato a lavorare con grande profitto in molti settori: dalla produzione per l’infanzia (sono oltre mille i suoi racconti, le brevi storie di fantasia, le favole e le commedie) alla narrativa, dalla lirica alla poesia dedicata alla montagna.
“Un lungo viaggio alla costante ricerca della natura incontaminata che lo porta a trovare proprio nella natura l’equilibrio e l’armonia interiore”, ha detto l’autrice della prefazione a proposito di Mario Schiavato, la cui dimensione narrativa è ispirata a questo rapporto con la natura, un rapporto atavico con la civiltà rurale e la vita nei campi, un mondo particolare risultato dell’osmosi tra la comunità e la terra rossa: la terra rossa da dissodare che compare in tutti i libri di Schiavato che, con “Storie di gente nostra” ha deciso di sorprendere ancora una volta i lettori.
“Le sue note coordinate spazio-temporali legate al mondo contadino e al mondo rurale questa volta si sono estese”, prosegue Irene Visintini affermando che dalla lirica del suggestivo mondo istriano, Schiavato passa a quello mitico e incantato di Ossero, un piccolo mondo con i suoi paesaggi e le sue storie di naviganti e uomini di mare raccontate in “Le voci dentro”, primo dei sei brevi romanzi che compongono il libro “Storie di gente nostra”. Si tratta di racconti ricchi di sfaccettature di un alter ego parzialmente autobiografico dell’autore. “Sfaccettature che – ritiene Irene Visintini – permettono a Schiavato di penetrare oltre l’aspetto fisico dell’esistenza e cogliere il ritmo reale e drammatico di un mondo in estinzione, che dalla campagna si amplia al mare ed è descritto in splendidi termini cromatici, in splendidi paesaggi e stati d’animo dalle tinte ora accese e luminosa, ora cupe e drammatiche”.
Sono, però, ancora una volta, i personaggi e le loro microstorie a riaccendere il passato e colmare le amnesie, i silenzi, i buchi grigi del tempo. Nei suoi racconti Schiavato descrive e racconta vite difficili, legami interrotti, ambienti talvolta sconvolti e assenze di senso riuscendo a trasfigurare e oggettivare figure e immagini tratte dalla memoria collettiva. Un grande quadro in cui compaiono anche le abitudini, le tradizioni, il folklore, i riti campagnoli e l’anima del contadino, che rimane intatta anche se le vicissitudini dell’esistenza lo inducono a inurbarsi. Questo è quanto Schiavato descrive in “Le voci dentro”, “L’amore di Vito”, “Piera di Visignano”, “Due a Sumber”, “La morte del padre” e “Ritorno a Midian”, ossia nei sei racconti che compongono “Storie di gente nostra”.
Marko Mrđenović
“la Voce del Popolo” 17 dicembre 2012