Tra Slovenia e Croazia sull’affare Ljubljanska Banka il gioco si fa duro. Lubiana non molla, anzi, ribadisce di essere pronta a non ratificare il Trattato di adesione all’Ue di Zagabria entro il 1 luglio 2013. Fonti diplomatiche di Bruxelles avevano previsto che la Slovenia non avrebbe cambiato posizione, del resto il coltello dalla parte del manico lo tiene in mano lei. Il problema, per la Croazia, è che Lubiana non è la sola ad avversare la sua adesione all’Unione europea. La Slovenia è in buona, anzi ottima compagnia, visto che tra i “riluttanti” ci sono “calibri da 90” come la Germania e la Gran Bretagna.
Due gli eventi che fanno pensare che la Slovenia non stia scherzando affatto: il prolungamento del mandato a trattare con la controparte croata concesso dal ministro degli Esteri sloveno Karl Erjavec all’ex governatore della Banca di Slovenia France Arhar fino alla fine del 2014; l’intervista rilasciata al Novi List di Fiume dall’ambasciatore sloveno in Croazia Vojko Volk. Ma procediamo con ordine. Se Lubiana ha allungato i poteri di Arhar fino al 2014 allora vuol dire che non reputa che il nodo possa essere sciolto entro la data fatidica dell’1 luglio 2013. Tesi confermata anche l’ex ministro degli Esteri croato Mate Grani„ e a tutt’oggi impegnato in un lavoro di lobbing diplomatico nell’area ex jugoslava. L’ambasciatore sloveno a Zagabria è stato ancora più esplicito.
La Croazia deve scegliere, è la sua posizione e, quindi, la posizione del governo sloveno, se processare le banche slovene davanti ai tribunali croati oppure entrare nell’Unione europea. Il compromesso per uscire dall’empasse, dunque, consisterebbe nell’annullamento da parte di Zagabria dei procedimenti penali nei confronti degli istituti di credito sloveni (Ljubljanska Banka e Nova Ljubkljanska Banka). A questo punto, secondo l’ambasciatore Volk, la Slovenia ratificherebbe il Trattato di adesione della Croazia all’Ue. Le parti, successivamente, potrebbero mediare sull’eventuale rimborso ai risparmiatori croati e, nel caso in cui non si trovasse l’accordo si potrebbe anche ricorrere a un giudice terzo, ma il tutto nel quadro della successione all’ex Jugoslavia, per cui, la soluzione deve trovare d’accordo anche Serbia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina e Macedonia.
«Pacta sunt servanda», ribadisce Volk, la Croazia si è impegnata a risolvere questo contenzioso nell’ambito della successione all’ex Jugoslavia e così dev’essere. Il terzo incomodo in tutta questa vicenda sono, secondo Volk, i proprietari italiani della Zagreba›ka Banka (Unicredit) e della Privredna Banka (Intesa-San Paolo). Infatti la Ljubljanska Banka, spiega l’ambasciatore, ha perso la licenza in Croazia quando gli istituti di credito italiani hanno acquistato le due principali banche croate le quali, peraltro, hanno denunciato la Ljubljanska Banka e la Nova Ljubljanska Banka per il fatto che i fondi dei risparmiatori croati presenti nei due istituti sloveni sono stati trasferiti nel debito pubblico croato e liquidati a coloro i quali all’epoca avevano la conferma della cittadinanza croata.
Volk sostiene che i proprietari italiani delle due banche croate non hanno alcun legame commerciale, di diritto o finanziario con la Ljublajnska Banka e con la Nova Ljubljanska Banka ma neanche con lo Stato croato per cui non hanno alcun diritto di promuovere azioni legali contro i due istituti di credito sloveni. «I proprietari italiani delle banche croate – conclude l’ambasciatore – dovrebbero dimostrare che cosa devono loro gli istituti di credito sloveni mentre lo Stato croato dovrebbe chiarire qual è il fondamento giuridico su cui si basa la sua azione penale».
Mauro Manzin
“Il Piccolo” 28 dicembre 2012