ANVGD_cover-post-no-img

L’austriacante che dava la caccia agli irredentisti (Il Piccolo 30dic12)

La foto è quella del mio bisnonno conte Heinrich Dubsky (1847-1927), viennese di nascita ma di antica famiglia morava. La mostro perché è giusto che la gente veda anche l’altro lato della medaglia, veda com’era fatto un austriacante “italofobo” che, nella veste di responsabile pro tempore della Gendarmeria di Gorizia, fu anche cacciatore di quegli irredentisti che tentavano di espatriare in Italia. Quando nel 1914 gli fu offerto tale incarico (era un ex ufficiale di cavalleria) si rimise la divisa e con il grado di Maggiore servì la sua Patria convinto di fare il suo dovere. Prima di quel periodo era stato fondatore a Medea della Società Austria, un’organizzazione popolare tesa a mantenere forti i legami con Vienna.

 

A Trieste, oltre ad essere membro della locale Società Austria, una potenza al tempo, lo era anche della Società dei Veterani Militari. Un bel biglietto da visita, insomma, tanto che il 24 maggio 1915, quando nelle vesti di Podestà di Medea (GO) si presentò in “stifelius”alle truppe italiane chiedendo di non devastare il paese, venne immediatamente ammanettato ed imprigionato essendo ben noto per le sue attività anti-italiane. Incominciò così per lui e per sua moglie, austriacante per osmosi, un lungo periodo di internamento in Italia, in pratica prigionia, che si protrasse tra vari stenti e malattie sino al dicembre 1919 (!) in quanto gli italiani, in spregio alle leggi internazionali, non li lasciavano tornare a casa per timore che facessero della propaganda anti-italiana.

 

Un anno di vita regalato alla nuova patria che, tra l’altro non sapeva nemmeno scrivere correttamente il loro cognome sui documenti! Un tanto anche per bilanciare la bella segnalazione del mio amico Maurizio Berquier che ha raccontato del nonno “francese” internato dagli austriaci a Katzenau. Allora si faceva così da ambo le parti: chi era in odore di potenziale spionaggio o di possibile intesa con il nemico o anche solo sospettato di simpatie veniva internato senza troppi indugi. Anche il nonno di mia moglie, bancario e primo violino della Filarmonica Triestina, godette dell’aria salubre di Katzenau. La ragione? Era obiettore di coscienza.

 

Mio nonno, invece, da buon triestino fu mandato col famoso 97° Reg. in Galizia, dove per sua fortuna rimase poco tempo. Quel tanto che gli bastò per stringere amicizia con altri triestini là in armi. Due di loro li conobbi da piccolo, circa nel 1954. Li ricordo ancora perché erano personaggi fuori dal tempo. Venivano a trovare il nonno silenziosi, con lunghi cappotti neri, i capelli bianchi, uno con la “mezza nosa” in testa, insicuri nell’incedere, in particolare quello che poi seppi aveva lasciato le dita dei piedi in Galizia e non perché fosse smemorato. Si sedevano un paio d’ore e li sentivo ricordare, ora tristi ora allegri, gli anni della gioventù quando, comunque, “soto la defonta se stava ben…”. Poveri sciocchi, veri triestini, ancorati al passato non riuscivano proprio ad immaginare a quali radiosi destini Trieste stava andando incontro…

 

Giuseppe Matschnig

“Il Piccolo” 30 dicembre 2012

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.