News_GdR13

Giorno del Ricordo, dopo dieci anni memoria condivisa – 09gen13

Dieci anni fa, il 6 febbraio 2003 approdava sui banchi del Parlamento le legge che istituiva il Giorno del Ricordo, il 10 febbraio di ogni anno, per commemorare come solennità civile nazionale le vittime delle foibe e l’esodo giuliano-fiumano-dalmata. La proposta di legge – primo firmatario Roberto Menia – portava le firme di un nutrito gruppo di deputati, in prevalenza di Alleanza nazionale e Forza Italia, nonché dell’Udc e della Margherita/L’Ulivo, e fu votata da tutti i gruppi parlamentari. Le legge – numero 92 – venne promulgata il 30 marzo 2004, fu pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 13 aprile, e rappresentò il punto di arrivo e il riconoscimento definitivo di una delle tragedie del Novecento troppo a lungo rimosse dalla memoria collettiva e dalle pagine di storia nazionale.

 

«La Repubblica – recita al primo comma l’articolo 1 della legge – riconosce il 10 febbraio quale Giorno del ricordo al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale». Al Giorno del ricordo sono associate «iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado», nonché studi, convegni, incontri e dibattiti, mentre ai parenti fino al sesto grado degli infoibati e delle persone scomparse viene assegnata, previa domanda in carta semplice, a titolo onorifico e senza assegni, «una apposita insegna metallica con relativo diploma». La norma riconosce e finanzia anche il Museo della civiltà istriano.fiumano-dalmata di Trieste e l’Archivio museo storico di Fiume.

 

Il riconoscimento pubblico dell’esodo e degli eccidi delle foibe, dieci anni fa, non ha avuto, negli anni, vita facile. Materia scomoda e imbarazzante per i governi del dopoguerra, ben nota nelle regioni giuliane e agli storici di queste terre ma praticamente sconosciuta nel resto d’Italia, rimossa dalle sinistre, strumentalizzata dalle destre e giocata a fini elettorali da democristiani e centristi, la realtà dell’esodo e delle foibe tornò con forza alla ribalta con la dissoluzione della Jugoslavia e l’inizio delle guerre balcaniche.

 

Solo allora le mutate condizioni geopolitiche permisero una più ampia analisi e riflessione su quella tragedia, non senza strascichi polemici. Un primo punto di svolta fu, nel 1991, la visita alla Foiba di Basovizza del presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Era la prima volta che un Capo dello Stato rendeva ufficialmente omaggio alle vittime delle foibe e – per estensione – ai trecentomila profughi dell’esodo. L’anno dopo il nuovo Presidente Oscar Luigi Scalfaro – che tra il 1954 e il ’55 durante il governo Scelba si era battuto per il ritorno di Trieste all’Italia e per l’accoglienza ai profughi giuliano-dalmati -, dichiarò la Foiba di Basovizza monumento nazionale e, nel febbraio 1993, rese anch’egli omaggio al sacrario.

 

Ormai la strada verso un riconoscimento nazionale era aperta.

 

Il 10 febbraio di ogni anno (data che ricorda il trattato di Parigi del 1947 in virtù del quale erano ceduti alla Jugoslavia Fiume, il territorio di Zara, le isole di Lagosta e Pelagosa, gran parte dell’Istria, del Carso triestino e goriziano, e l’alta valle dell’Isonzo) oggi viene celebrato dalle massime autorità politiche italiane con una cerimonia solenne nel palazzo del Quirinale davanti al Presidente della Repubblica, che conferisce le onorificenze alla memoria ai parenti delle vittime, mentre in contemporanea in molte città si tengono celebrazioni di commemorazione davanti ai monumenti e nelle piazze dedicate ai tragici avvenimenti. Ma c’è voluto più di mezzo secolo perché la memoria l’esodo e delle foibe diventasse patrimonio comune.

 

Pietro Spirito

“Il Piccolo” 8 gennaio 2013

 

 

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.