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Fenomenologia di una macroregione (Voce del Popolo 02feb13)

Ebbene sì, per prima ci ha pensato la geografia a rendere complessa la realtà dell’Adriatico orientale, con bizzarre spinte verso l’alto di catene montuose difficili da accettare e una varietà di isole che si stenta a nominarle. Non sono state da meno la storia ed i percorsi giuridici che a raccontarli riservano frequenti colpi di scena.

 

Sarà anche per questo motivo che i volumi di Coordinamento Adriatico dedicati alla “Fenomenologia di una Macro Regione”, curati da Giuseppe de Vergottini, Davide Rossi, Giorgio Federico Siboni, Guglielmo Cevolin e Ivan Russo iniziano con un saggio sulla Questione di Trieste e il ruolo del Governo Militare Alleato con alcune nuove testimonianze documentarie da Washington. Ecco cosa ha complicato da sempre questa realtà filiforme che corre da Venezia fino all’Albania: tutti se ne sono occupati, dettando legge, cercando di mutare gli assetti esistenti, inventando regole, scompaginando la fissità delle cose di cui un popolo, per sopravvivere, ha bisogno.

 

Un’opera ponderosa, quella di Coordinamento Adriatico, con la quale festeggia il ventennale dalla fondazione, lasciandosi alle spalle una mole di attività di tutto rispetto ma soprattutto con ancora tanta energia nei muscoli per poter continuare il cammino fin qui tracciato. L’opera sulla Macro Regione, è un omaggio alla modernità, un viatico destinato all’uomo d’oggi per capire i fenomeni che hanno portato una regione dalla “tragedia alla speranza”, dalle chiusure di confini impermeabili all’idea d’Europa.

 

Pubblicata da Leone editore per Magna Carta di Verona, inaugura la collana Adria che intende evolvere in una raccolta di volumi che parlino di “cose adriatiche”. Importante la collaborazione con Historia, gruppo di studi storici e sociali di Pordenone che organizza convegni e dibattiti sulla geopolitica del territorio.

 

Due i volumi: il primo (600 pagine) dedicato ai Percorsi storici e storico-giuridici. Il secondo (1000 pagine) incentrato sui Percorsi economici ed istituzionali. Moltissimi gli autori, una quindicina nel primo volume, quasi il doppio nel secondo, difficile citarli tutti. Ma va senz’altro detto che i saggi raccolti fanno parte di un percorso di dibattito sviluppatosi nel tempo attraverso un progetto di ricerca pluriennale, che permette ora di tracciare una linea di conoscenza.

 

Perché quest’opera? La risposta la danno i curatori riconoscendo nei nuovi passi della politica europea e la creazione dei GECT, “l’occasione per valorizzare e divulgare la storia, i sistemi giuridici integrati e di conseguenza i circuiti economici delle regioni dell’Istria, del Quarnero e della Dalmazia, nel quadro di una puntuale attività di ricerca e di documentazione delle vicende storiche e delle tradizioni culturali e linguistiche delle medesime aree”.

 

Il tutto seguendo un motto: “partire dalla Storia per illuminare il presente”. Ed un preciso filo logico: “Con un’attenta operazione di distinzione tra memoria, esperienza e ricostruzione documentata si sono seguite le linee delle terre alto adriatiche attraverso la cartina al tornasole rappresentata dalla storia, dallo jus, dall’economia e dal commercio. Passando per Venenzia e il suo potere commerciale nel Mediterraneo fin dal XVI secolo, in Istria e in Dalmazia e nella comunità di Fiume per giungere agli scenari contemporanei”.

 

Fondamentale, per capire la Questione adriatica, focalizzare il ruolo svolto in quest’area dalle istituzioni politiche, come elemento di continuità storica e al tempo stesso di riferimento territoriale.

 

“Si potrebbe obiettare – rileva nella prefazione Edoardo Bressan –  che questo è un tratto comune della modernità europea, ma nell’Alto Adriatico il suo peso appare maggiore per la divisione del territorio che l’ha caratterizzato fino al 1797 e in realtà anche oltre, salvo il periodo austriaco fino al 1866 – in cui peraltro sussisteva una importante differenza fra i territori dell’Impero e del Regno Lombardo-Veneto, lungo quello che sarebbe divenuto il successivo confine italo-austriaco – e il periodo italiano fra le due guerre mondiali”.

 

In effetti è una vicenda che procede zigzagando tra i vari periodi storici, fino a scontrarsi contro il muro dei nazionalismi che risulteranno devastanti.

 

E’ ancora Bressan a sottolineare l’attualità del progetto con la documentazione inedita proveniente dai fondi dei National Archives Records Administration (ricerca svolta da Cairoli e Tobia) che permette di comprendere meglio la visione americana del problema adriatico. Le conclusioni delle autrici, che poi si sviluppano negli altri saggi del primo volume, si concentrano su due direttrici: il primo aspetto riguarda la politica americana a Trieste  riconducibile al modello del direct rule, ovvero la gestione dell’ordine pubbliche  che “conferiva al Gma piena ed esclusiva autorità di governo sulla zona A della Venezia Giulia”. Nella seconda parte, invece, “il modificarsi della fonte d’archivio indica un cambiamento di priorità nella politica estera americana relativa a Trieste: a margine dei negoziati internazionali, i documenti del fondo Clare Boothe Luce nelle carte dell’ambasciata mostrano soprattutto come la questione di Trieste venne proiettata verso l’esterno, verso l’Italia in particolare, e sfruttata – principalmente dall’ambasciatrice – nell’ottica bipolare della guerra fredda per rinforzare il sostegno interno alla politica atlantica”.

 

Con un incedere a raggiera, da Trieste verso il territorio e viceversa, i saggi si soffermano ora su episodi che riportano alla presenza della Serenissima in Adriatico, ora su quella asburgica, costruendo un mosaico di estremo interesse, tutto da leggere. Con delle chicche. Dissidenza religiosa in Istria con esposti e processi. C’è poi la vicenda degli Esuli veneti, ovvero l’ammissione alla cittadinanza nel dibattito delle istituzioni politiche della prima Cisalpina (1797-1798).

 

Il tutto per rientrare, ancora una volta a Trieste. Perché? Lo spiega nell’introduzione ai Profili storico-giuridici Vito Piergiovanni quando avverte: “I problemi derivati dal sovrapporsi di normative nazionali difformi si coglie, forse in maniera più evidente, in un ambiente come quello triestino che sul commercio del mare e sui settori strettamente a questo legati, come quello assicurativo, appoggia molte delle sue fondate speranze di decollo economico. Il passaggio dalla tradizione austro-tedesca a quella italiana, adottata dopo l’annessione, disegna un percorso con ricadute anche nel settore giurisprudenziale: i mutamenti normativi possono cambiare la configurazione e le dimensioni socio-politiche” alla ricerca di soluzioni adeguate. Quali?

 

E’ materia che viene affrontata nel secondo volume che si sofferma proprio sui rapporti economici, i mutamenti giuridici e gli sviluppi istituzionali in quest’area tra età moderna e contemporanea. Al centro, l’idea d’Europa attraverso i documenti e loro traduzione nella realtà del presente, caduti i muri, caduti i confini politici, la definizione dell’Europa riprende il suo ruolo primario all’interno dei processi occidentali di costruzione del mondo. Con un fine preciso, avverte Giuseppe de Vergottini: “dare delle risposte istituzionali alla collaborazione transfrontaliera istituzionalizzata nell’Alto Adriatico, attraverso l’analisi delle problematiche giuridiche nei settori del diritto internazionale, pubblico e amministrativo, del diritto del lavoro e della previdenza sociale, del diritto tributario. Un altro aspetto è costituito dalla valutazione dello strumento dell’Euroregione come fattore preferenziale per l’accesso ai finanziamenti europei e per una gestione efficiente di tali fondi”.

 

Chiaramente, l’opera fa spesso cenno all’allargamento europeo alla Croazia nell’anno in corso per una ragione fondamentale, sottolineata nel saggio di Antonio Luigi Palmisano: “Ciò che orienta oggi il cittadino nel tentativo di costituire ordine è proprio il territorio, cioè la condivisione di un territorio. E’ un principio di straordinaria importanza, sul quale si sono basate intere civiltà”. Vanno valutate comunque le dinamiche identitarie e di convivenza di culture e persone di cui il volume offre un’ampia valutazione proprio nell’analisi dei precedenti storici che hanno portato all’idea dell’Euroregione senza tralasciare i risvolti del dibattito politico-culturale sul concetto di Mitteleuropa in FVG e la creazione della Comunità di Lavoro Alpe Adria. Su quest’ultima anche alcune dichiarazioni dirette di intervistati che commentano nascita e tramonto di una “speranza” forse arrivata in anticipo sui tempi ma che ha lasciato un seguito: la spinta all’internazionalizzazione delle imprese.

 

E proprio sull’impossibilità di precorrere i tempi (natura non fecit saltum), è interessante un’affermazione di uno degli intervistati, il dott. Augusto de Toro, Responsabile dell’Ufficio studi dell’Associazione Piccole e Medie Industrie di Udine, che a proposito dell’Euroregione Adriatica sottolinea: “il progetto era già stato pensato dalla marina navale nel 1918 e nel 1941: l’idea italiana era quella di controllare l’altra sponda  dell’Adriatico e fare di questo mare una specie di lago di Como. Già al tempo falì. Il problema è che dalla parte del versante adriatico italiano ci sono regioni mentre dalla parte del versante adriatico orientale ci sono Stati. L’impatto avviene tra territorio con sovranità diverse”.

 

Ma nel 1980 è stata firmata a Madrid la Convenzione di cooperazione internazionale, come primo atto del Consiglio d’Europa, come dire che gli equilibri sono destinati a mutare.

 

Nel 1991 parte il primo ciclo di programmazione dei Fondi strutturali comunitari INTERREG Italia-Slovenia e tutto cambia, anzi diventa un volano di crescita a tutto campo da cui oggi non si può prescindere.

 

Anzi, avverte nel suo saggio Giorgio Tessarolo, dopo un ampio excursus sullo sviluppo delle misure giuridico-economiche europee in quest’area: “tutti questi risultati costituiranno un’importante base di partenza per la programmazione comunitaria 2014-2020, ancora in embrione ma della quale già si sa dell’intenzione di rafforzare la cooperazione transfrontaliera, magari inserendola in un ambito di area più vasta maggiormente significativo in termini di politica di coesione non solo economica e sociale ma anche territoriale”.

 

Nel volume segue poi l’analisi dei documenti europei d’estrema importanza per l’area adriatica, con tabelle ed esempi, con considerazioni e conclusioni per specialisti e non con valutazioni sugli sviluppi ma anche sulle criticità di sistemi non ancora adeguati ad una crescita armonica e coordinata. L’analisi delle dinamiche più recenti sulle distanze culturali nel rapporto con la crescita economica, sono ancora parziali, nel senso che c’è ancora la necessità di valutare i diversi parametri ed introdurne dei nuovi per giungere a conclusioni accettabili.

 

Ed infine s’indaga anche sui risultati ottenuti da Paesi che solo recentemente sono entrati a far parte dell’Unione Europea, vale a dire Slovenia, Slovacchia, Polonia e Russia. In termini di pil pro-capite – scrive Alessio Slokar – la Slovenia è ancora al primo posto, ma nell’arco di tempo considerato (2002-2011), la sua crescita mostra qualche segnale di rallentamento, quale conseguenza della crisi globale, presumibilmente aggravata dal processo di transizione da un’economia di piano a un’economia di mercato, che talvolta è stata accompagnata da una gestione inadeguata”.

 

Dal passato al futuro, ora che la Croazia si appresta ad entrare in quest’area s’aprono diverse possibilità di cooperazione, anche se molte sono già innestate da tempo, grazie a progetti quali l’IPA Adriatico che permette di presentare progetti comuni sottoscritti da regioni e Stati di tutta l’area, anche quelli non compresi dall’Unione Europea. E stanno dando risultati importanti. A piccoli passi avanza pure quella Macro Regione adriatica che si sta formando da tanto, dimenandosi nel ventre della storia, ma che ha una ragione d’essere e in nome di questa lavora il tempo.

 

Rosanna Turcinovich Giuricin su La Voce del Popolo del 2 febbraio 2013

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