Tanto tuonò che non piovve. La Slovenia, infatti, ha deciso di dare il via all’iter di ratifica del Trattato di adesione della Croazia all’Unione europea. Il “nodo” Ljubjanska Banka sta per essere sciolto e la conferma giunge dalla presidenza del governo sloveno che annuncia un incontro tra il premier sloveno Janez Janša e quello croato Zoran Milanovic il prossimo 10 marzo, data in cui ci dovrebbe essere anche la firma dell’accordo. Janša ha così “defenestrato” il ministro degli Esteri, il dimissionario Karl Erjavec, dalla trattativa con Zagabria per cui il preventivato incontro di martedì prossimo con il capo della diplomazia croata, Vesna Pusic, non ci sarà. A sbloccare il lungo empasse con la Croazia ci ha pensato il capo dello Stato, Borut Pahor nel summit da lui presieduto con tutti i leader dei partiti presenti in Parlamento.
«Gli amici posso scegliermeli io – ha detto il presidente della Repubblica – i vicini no, ma se ho degli amici come vicini è questo un grande traguardo di qualsiasi politica estera. Sloveni e croati – ha proseguito – abbiamo lavorato negli ultimi anni in questa direzione e adesso è giunto il momento di confermare tutto questo. Questa gigantesca possibilità storica, non solo per questa generazione ma anche per tutte le generazioni dei due popoli, l’abbiamo ora noi nelle nostre mani», riferendosi chiaramente alla rimozione del veto sloveno all’adesione all’Ue della Croazia.
E all’accorato appello di Pahor i partiti sloveni hanno risposto all’unisono dando la propria disponibilità politica. Così come il capo dello Stato è riuscito a mettere d’accordo, nonostante la grave crisi di governo e istituzionale in corso nel Paese, i vari leader sulla necessità di portare a termine quanto prima la riforma costituzionale relativa al regime dei referendum nonché la fondamentale riforma del mercato del lavoro. Tornando alla questione Ljubljanska Banka i leader parlamentari hanno espresso l’unanime posizione sul fatto che questa venga risolta del quadro della successione alla defunta Jugoslavia. Questione questa ancora lontana dall’essere risolta definitivamente.
Tanto che, nelle pieghe del nodo Ljubljanska Banka, è spuntato un altro mistero dorato. La Croazia già nel 2003, senza successo peraltro, aveva chiesto di conoscere l’ammontare del denaro federale jugoslavo presente nelle casse della Lhb Frankfurt (partecipata dal gruppo Nova Ljubljanska Banka). Sui conti delle banche a proprietà mista ci sarebbero stati qualcosa come 645 milioni di dollari che non sono mai stati suddivisi tra i sei Paesi “eredi”. Ma le banche hanno sempre parlato di 56,6 milioni di dollari, il che significa che circa 600 milioni di dollari sarebbero svaniti nel nulla. La Nova Ljubljanska Banka lo scorso anno ha chiuso la sua filiale a Francoforte il che significa che la verità non verrà mai alla luce. Ma questa è un’altra storia.
Mauro Manzin
“Il Piccolo” 16 febbraio 2013